Soldi all’estero: pescaresi nei guai Congelato un milione e mezzo
Si tratta degli imprenditori intestatari delle società croate dove sarebbe stato trasferito il denaro Secondo l’accusa sono dei prestanome per le attività che facevano capo allo scomparso Mattucci
PESCARA. Con l’operazione “Buildgate” la Guardia di finanza di Pescara “congela” in Croazia, in particolare a Spalato, un milione e mezzo di euro, provento di presunto riciclaggio di soldi di provenienza illecita, grazie a un provvedimento del gip di Pescara, Nicola Colantonio, richiesto dal pm Gabriella De Lucia. Si tratta di soldi trasferiti in Croazia alcuni anni fa da alcune “teste di legno” che ruotavano attorno alle attività del defunto imprenditore di Montesilvano, Mauro Mattucci, che era stato oggetto di una complessa inchiesta relativa a una massiccia evasione fiscale. Una indagine che nasce proprio dalla procura di Spalato che per prima decise di vederci chiaro su quel trasferimento di soldi a una società croata denominata “Umberto D.O.O.”, e nei confronti di un’altra società, sempre di Spalato, “Miz D.O.O.” che già operava nel loro territorio, ma che venne acquistata sempre dai presunti prestanome di Mattucci.
Tutto parte da un mega sequestro operato nel 2015 dalla magistratura pescarese nei confronti di alcune società di Mattucci (la più importante delle quali è stata peraltro dissequestrata lo scorso anno) e dalle indagini avviate a suo tempo dalle fiamme gialle in particolare su alcuni bonifici disposti in favore di “Umberto D.O.O.” di Spalato, società di una presunta testa di legno di Mattucci. Quando la procura di Chieti nel 2016 dispone il sequestro di quei soldi investiti nelle due società di Spalato, le autorità italiane chiedono la collaborazione alle autorità croate e vengono fuori le indagini già avviate da loro. E quando il fascicolo (dopo l’interessamento dei ministeri della Giustizia italiano e croato), torna per competenza a Pescara, viene chiesto al gip di Pescara di emettere un nuovo sequestro di quei soldi: provvedimento firmato nel 2021.
Le autorità croate avevano accertato che quel milione e mezzo di euro era prima stato versato alla “Umberto D.O.O.” (anche attraverso due importanti società riconducibili a Mattucci che versarono mezzo milione di euro) e successivamente da questa società trasferito in parte alla “Miz D.O.O.” di Spalato, in quanto in Croazia potevano operare soltanto società del posto come appunto quest’ultima.
Si trattava ufficialmente di un investimento immobiliare: un ampio complesso residenziale che avrebbe dovuto realizzare una società intestata a un imprenditore di Avezzano che da anni opera in Croazia, ma che si bloccò dopo i sequestri della procura di Spalato. Adesso il pm De Lucia è arrivata alla definizione del fascicolo e alla conclusione delle indagini che contano tre indagati (due pescaresi e uno di Castel di Sangro), intestatari delle due società croate, accusati di riciclaggio di quel milione e mezzo di euro. Soldi che, secondo l'accusa, sarebbero stati trasferiti a quelle due società di Spalato «in assenza di qualsivoglia contratto di acquisto di terreni». Parte di quei soldi arrivati alla “Umberto D.O.O.” vennero prelevati in contanti, come scrive il pm nel capo di imputazione, e parte trasferiti alla “Miz D.O.O.” (società risultata inattiva e intestata a un parente di Mattucci) con la causale “acconti per gli accordi sottoscritti”.
«Il riciclaggio internazionale», commenta il colonnello della finanza Antonio Caputo, «è un fenomeno subdolo, molto pericoloso per la nostra economia che, proprio attraverso comportamenti di questo tipo, dalla rilevanza penal-tributaria, viene depauperata, perché si sottraggono risorse formatesi nel nostro Paese. In questo caso il network della cooperazione internazionale ha funzionato perfettamente e ci ha permesso di scoprire e recuperare un vero e proprio tesoretto, trasferito illecitamente in Croazia per nascondere la provenienza di questo denaro sporco, frutto di una lunga serie di illeciti».
Tutto parte da un mega sequestro operato nel 2015 dalla magistratura pescarese nei confronti di alcune società di Mattucci (la più importante delle quali è stata peraltro dissequestrata lo scorso anno) e dalle indagini avviate a suo tempo dalle fiamme gialle in particolare su alcuni bonifici disposti in favore di “Umberto D.O.O.” di Spalato, società di una presunta testa di legno di Mattucci. Quando la procura di Chieti nel 2016 dispone il sequestro di quei soldi investiti nelle due società di Spalato, le autorità italiane chiedono la collaborazione alle autorità croate e vengono fuori le indagini già avviate da loro. E quando il fascicolo (dopo l’interessamento dei ministeri della Giustizia italiano e croato), torna per competenza a Pescara, viene chiesto al gip di Pescara di emettere un nuovo sequestro di quei soldi: provvedimento firmato nel 2021.
Le autorità croate avevano accertato che quel milione e mezzo di euro era prima stato versato alla “Umberto D.O.O.” (anche attraverso due importanti società riconducibili a Mattucci che versarono mezzo milione di euro) e successivamente da questa società trasferito in parte alla “Miz D.O.O.” di Spalato, in quanto in Croazia potevano operare soltanto società del posto come appunto quest’ultima.
Si trattava ufficialmente di un investimento immobiliare: un ampio complesso residenziale che avrebbe dovuto realizzare una società intestata a un imprenditore di Avezzano che da anni opera in Croazia, ma che si bloccò dopo i sequestri della procura di Spalato. Adesso il pm De Lucia è arrivata alla definizione del fascicolo e alla conclusione delle indagini che contano tre indagati (due pescaresi e uno di Castel di Sangro), intestatari delle due società croate, accusati di riciclaggio di quel milione e mezzo di euro. Soldi che, secondo l'accusa, sarebbero stati trasferiti a quelle due società di Spalato «in assenza di qualsivoglia contratto di acquisto di terreni». Parte di quei soldi arrivati alla “Umberto D.O.O.” vennero prelevati in contanti, come scrive il pm nel capo di imputazione, e parte trasferiti alla “Miz D.O.O.” (società risultata inattiva e intestata a un parente di Mattucci) con la causale “acconti per gli accordi sottoscritti”.
«Il riciclaggio internazionale», commenta il colonnello della finanza Antonio Caputo, «è un fenomeno subdolo, molto pericoloso per la nostra economia che, proprio attraverso comportamenti di questo tipo, dalla rilevanza penal-tributaria, viene depauperata, perché si sottraggono risorse formatesi nel nostro Paese. In questo caso il network della cooperazione internazionale ha funzionato perfettamente e ci ha permesso di scoprire e recuperare un vero e proprio tesoretto, trasferito illecitamente in Croazia per nascondere la provenienza di questo denaro sporco, frutto di una lunga serie di illeciti».