«Spaccio di droga sotto le case, ormai è tardi per intervenire» 

I residenti delle palazzine affacciate sul Baden Powell sconvolti dopo l’uccisione dell’adolescente «Domenica non abbiamo sentito né visto nulla: impossibile capire cosa accade in quel nascondiglio»

PESCARA. Le solite comitive di ragazzini, più o meno sempre gli stessi, nei campetti e in quel “nascondiglio” tra la parete della ferrovia e le siepi con gli oleandri, il covo in cui si è consumata la tragedia domenica scorsa. Comitive - raccontano i residenti - che nei giorni di pioggia si spostano al riparo da occhi indiscreti nella galleria Muzii.
«Più o meno sono sempre gli stessi, se li vedessi forse saprei riconoscerli: tra i ragazzini che vengono qui al parco Baden Powell tutti i pomeriggi e tutte le sere probabilmemte c’erano i protagonisti di questa terribile vicenda. Qui ogni giorno c’è un via vai continuo, ma di risse e di situazioni pericolose non se n’erano mai viste. La sera dell’omicidio io sono uscito di casa poco dopo le 19 e la situazione era assolutamente tranquilla e silenziosa», ci dice un ragazzo, studente di medicina, che abita di fronte in via Raffaello e che porta tutti i giorni il suo cane nell’area verde tra i due moderni palazzi residenziali in cui domenica sera è avvenuto il delitto di Christopher Thomas Luciani.
«Ieri pomeriggio siamo stati fuori, siamo rientrati dopo cena con la mia famiglia e abbiamo trovato il caos, tra sirene accese e uomini della scientifica che entravano ed uscivano dal parco. Fino a ieri non era mai capitata una cosa del genere. Sì, ci sono sempre dei ragazzini che consumano spinelli e fanno un po’ di confusione, ma non avremmo mai pensato ad un fatto tanto grave», ci dice una giovane mamma mentre esce da una delle due palazzine e va a lavoro.
C’è anche chi se la prende con il Comune: «Perché in questo parco non ci sono telecamere? La presenza di persone che consumano e spacciano è stata segnalata molte volte alla polizia locale, che arriva, dà un’occhiata e poi va via. Spesso vengono anche gruppi di extracomunitari che passano ore a mangiare, bere e fare confusione sulle panchine. Sarebbe opportuno dare maggiore tranquillità a chi frequenta il parco con un sistema di videosorveglianza. Il centro della città è pieno di telecamere, perché nei parchi non ci sono?».
Nel parco Baden Powell di via Raffaello c’è una “processione” incessante di curiosi. Chi abita in quei palazzi affacciati sui giardini pubblici esce di casa, o rientra, e guarda con gli occhi sgranati l’andirivieni di persone che affollano il “loro” parco. Ragazzini coetanei dei protagonisti dell’omicidio guardano verso quella stradina tra i rovi con lo sguardo stravolto: «Non riusciamo a capire come sia possibile, ragazzi come noi che uccidono un loro coetaneo con tale crudeltà. Secondo noi non si sono resi conto di essere andati oltre, di aver commesso un reato gravissimo».
Un gruppetto di ragazze adolescenti entra in silenzio nel parco, arriva vicino ai campetti, dove la lite tra i giovani sarebbe iniziata domenica pomeriggio, poi torna indietro e si ferma davanti al cancello, poggiando una rosa bianca con un biglietto sulla recinzione: «Giustizia per questo angelo».
«Io ero in casa all’ora del delitto», ci dice Mario, un residente, «ma il mio appartamento affaccia su via Raffaello e non sul parco. Ma per chiunque sarebbe stato difficile capire cosa stesse accadendo, perché è impossibile vedere cosa succede lì dietro a quelle siepi, dove c’è movimento di ragazzini ogni giorno e ogni sera...».