ABRUZZO

Spiagge all’asta, la Regione deve frenare 

Per ora nessun salvataggio per le imprese uscenti: la maggioranza costretta ad attendere la contromossa del governo

L’AQUILA. Spiagge all’asta, la Regione non ha alternative: deve frenare in corsa. La sentenza della Corte di Giustizia europea che, una settimana fa, ha dato lo stop agli indennizzi per le imprese balneari uscenti, rovina i piani sia del governatore Marco Marsilio sia del presidente del Consiglio, Lorenzo Sospiri.
«Troveremo una soluzione alternativa», annuncia quest’ultimo senza però andare oltre. Giovedì prossimo, alle ore 11, è in programma la Commissione per le Politiche europee in seduta straordinaria e congiunta con la Commissione Agricoltura.
Un solo punto all’ordine del giorno: il provvedimento amministrativo di iniziativa della Giunta regionale, approvato l’8 luglio scorso, intitolato “Concessioni demaniali marittime per finalità turistico ricreative atto di indirizzo”. Cioè il bando di gara tipo per ciascuno dei 19 Comuni costieri che prevede, appunto, gli indennizzi che pochi giorni dopo sono stati bocciati dalla corte lussemburghese.
In commissione sono previste le audizioni del presidente della Giunta regionale; del Direttore Dipartimento Territorio – Ambiente della Giunta regionale, Pierpaolo Pescara e del dirigente del Servizio Pianificazione Territoriale e Paesaggio, Dario Ciamponi. Ma l’unica strada che oggi è percorribile è quella di attendere la contromossa del governo Meloni nei confronti della Corte di Giustizia europea.
I deputati di Fratelli d’Italia Riccardo Zucconi e Gianluca Caramanna hanno presentato, un anno fa, una proposta di legge per abrogare l’articolo numero 49 del Codice della navigazione, secondo il quale, al cessare della concessione, le opere non amovibili costruite sul demanio marittimo – come bar, piscine spogliatoi o altre strutture – vengono acquisite allo Stato senza alcun compenso oppure rimborso.
L’iter di questa proposta di legge si è rimesso in moto dopo il pronunciamento della Corte che ha blindato l’articolo in questione. «È impensabile che in una nazione democratica come la nostra ci sia una normativa che di fatto espropria beni privati senza prevedere alcun indennizzo», afferma Zucconi, secondo cui l’articolo 49 del Codice della navigazione, «viola l’articolo 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Cedu), il quale sancisce il diritto di ogni persona fisica o giuridica alla protezione dei suoi beni, da intendere in un’accezione ampia».
Ma i tempi non saranno assolutamente brevi. E le concessioni vanno messe all’asta entro il 2024. (l.c.)
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