Strangolò il padre assolto per incapacità d’intendere e volere

Loreto, uccise il genitore per una sedia in disordine Il giudice gli riconosce l’infermità mentale

PESCARA. Quella mattina del 30 marzo di un anno fa, quando strangolò il padre per una sedia in disordine in tinello non era capace d’intendere e di volere. E’ per questo che Paolo Cocchini, meccanico di 46 anni di Loreto Aprutino, è stato assolto dall’accusa di omicidio volontario aggravato, per aver ucciso il papà pensionato di 76 anni Vincenzo Cocchini.

«Incapace d’intendere e di volere», ha detto il giudice per l’udienza preliminare Gianluca Sarandrea nella sentenza che ha revocato anche l’obbligo di dimora a Cocchini difeso dall’avvocato Fabio Nieddu che aveva scelto il rito abbreviato.

Il meccanico era stato arrestato il 30 marzo 2011 dopo la tragedia familiare avvenuta in un casolare immerso nella campagna alla periferia di Passo Cordone, una frazione a circa quattro chilometri dal centro storico di Loreto Aprutino.

Secondo la ricostruzione dei carabinieri della compagnia di Montesilvano che si occuparono delle indagini, Cocchini venne colto da un raptus per un arredo fuori posto, avventandosi sul padre, strangolandolo e finendo in carcere con l’accusa di omicidio volontario, aggravato perché commesso per futili motivi e perché rivolto nei confronti del genitore.

Agli inquirenti che l’interrogarono Cocchini aveva detto: «Mi è venuta una gran voglia di prenderlo al collo». Quel giorno, l’uomo, che era in cura a Villa Serena per stati depressivi, venne trovato dai militari in stato confusionale a quasi 300 metri dalla casa mentre vagava per le campagne. Ai militari pronunciò poche e sconnesse parole, facendo cenno a quella rabbia emersa di colpo. All’interno del casolare isolato nella campagna di Loreto, invece, il padre Vincenzo era già morto.

Già durante l’incidente probatorio emerse però l’instabilità del meccanico. Nella perizia del professore ordinario di Psichiatria dell'università D'Annunzio di Chieti Filippo Maria Ferro incaricato dalla procura di Pescara, venne esposto il contenuto di un lungo e articolato studio in cui lo psichiatra sosteneva, in sintonia con quanto descritto dal perito di parte Maria Cinapro, che al momento dell'omicidio del padre, Cocchini non era capace d’intendere e di volere, pur essendo capace, in quella data, d’intendere e di volere.

Dunque, secondo il perito, Cocchini era processabile, non era pericoloso socialmente ma, in teoria, poteva diventarlo per se stesso. Per il meccanico, ieri, è arrivata la sentenza di assoluzione che ha revocato anche tutte le misure, tra cui l’ultima che era quella dell’obbligo di dimora.

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