Stupro, nove anni a Di Girolamo
Il giovane di Pianella condannato per la violenza nel centro storico.
PESCARA. Colpevole. All’alba del 10 giugno 2006, in piazza Unione, fu Alessio Di Girolamo a picchiare selvaggiamente e a violentare una giovane donna di Montesilvano incontrata poche ore prima in un locale di via dei Bastioni: per quella mattina di follia, la pena inflitta dal tribunale di Pescara è nove anni.
Al termine di una camera di consiglio durata poco più di un’ora, il collegio presieduto dal giudice Carmelo De Santis, giudici a latere Marco Bortone e Maria Cristina Salvia, ha condannato Alessio Di Girolamo, 25 anni, di Pianella, per i reati di violenza sessuale e lesioni aggravate. È stata esclusa, invece la rapina: Di Girolamo era stato accusato di avere sottratto cento euro dalla borsa della sua vittima.
LA SECONDA CONDANNA Per il giovane, è la seconda condanna in tre settimane: il primo dicembre era stato giudicato colpevole per l’assalto alla questura di Pescara con mannaia e pugnale il 10 novembre di un anno fa. La pena: dieci anni per il tentato omicidio di un poliziotto.
Aveva chiesto quindici anni, nella sua requisitoria, il pubblico ministero Giampiero Di Florio, ripercorrendo dopo la sfilata dei testimoni, l’incubo di quella mattina, quando Pescara si svegliò con la notizia che nel centro storico era stato commesso uno stupro di gruppo. Proteste, indignazione, fino a una fiaccolata di solidarietà con la vittima.
Le indagini, affidate alla squadra Mobile, e le dichiarazioni della donna chiarirono pochi giorni dopo che la violenza era stata commessa da una sola persona, e quella persona venne identificata in Alessio Di Girolamo. La prima a riconoscerlo fu proprio la vittima, una donna che all’epoca aveva 37 anni, madre di una bambina: fu lei, come ha ricordato l’avvocato di parte civile Caterina Malavenda, che prima di altri lo descrisse nei dettagli, poi lo riconobbe mentre l’ambulanza la trasportava in ospedale.
Una descrizione dettagliata venne fornita anche da un maresciallo della guardia di finanza che, passando, vide un uomo disteso sopra la fioriera nell’androne degli uffici del Genio civilie e sentì una voce di donna dire qualcosa: poco dopo - raccolta la testimonianza delle titolari di un bar vicino, che avevano visto «un ragazzo picchiare una ragazza» - il militare avrebbe visto Di Girolamo andarsene mentre si tirava su i pantaloni.
«AGGRESSIONE VIOLENTA» «La vittima venne aggredita così violentemente da pensare di essere stata aggredita da più persone: lui pesava all’epoca 107 chili, lei una quarantina» ha ricostruito il pm Di Florio nel suo intervento, «la donna venne sbattuta contro la fioriera: il benzinaio racconta che lo vide prendere la ragazza e trascinarla, l’aveva tramortita fino a farle perdere i sensi. Uno dei testimoni disse che sembrava morta: aveva il volto tumefatto, gli zigomi fratturati, il naso spaccato». La prognosi fu di 49 giorni.
Ma cosa era accaduto prima? Di Girolamo, secondo la procura, incontra la donna all’interno del Bukowski, dove lei è andata con alcune persone dopo avere bevuto qualcosa con un vecchio amico, «nonostante per lei assumere alcolici non fosse un’ abitudine». Per il pm, è qui che l’imputato, «come un leone che ha individuato la preda», comincia a fare alla donna «avances pesanti» a cui lei inizialmente riesce a sottrarsi: «Lui non fa altro che tirare coca, facendo avanti e indietro con lo stadio, e bere superalcolici». La donna resta dentro il locale chiuso fino alle 6.30 mentre il barista, che le avrebbe detto di fare attenzione - finisce di pulire. Quindi la donna esce con l’uomo e in strada incontra Di Girolamo.
Il giovane chiede un passaggio, quindi si allontana con lei. Pochi metri dopo, avviene l’aggressione. Gravissime le ferite riportate dalla donna al volto, con fratture multiple, che sarebbero state provocate per portare a termine lo stupro. Una violenza, ricorda il pm, confermata dall’esito dell’incidente probatorio, con i periti del gip Susi Pelatti e Giuseppe Fortuni che avrebbero rinvenuto «tracce ematiche sugli indumenti sequestrati che hanno un profilo ematico compatibile con Di Girolamo», assieme a due evidenti ecchimosi «da afferramento» alle cosce, oltre che da ferite e irritazioni nelle parti intime: «Una dinamica aggressiva» confermata dal consulente del pm Cristian D’Ovidio.
LA DONNA SANGUINANTE «Quando venne accolta nel bar, la donna era sanguinante, e aveva sangue sulle mani perché se le era imbrattate tirandosi su gli slip». Neppure, secondo la procura, è rilevante la circostanza che non siano siate ritrovate sulla donna tracce di sperma, perché l’uso di sostanze stupefacenti può inibirlo, «né è provato che in tutti gli stupri vengano trovate tracce di sperma».
Per la difesa, era stata la genetista forense Elena Pilli, a parlare durante il dibattimento di «assenza totale di materiale spermatico nei tamponi e sul perizoma» della donna, sostenendo che tracce riferibili a Di Girolamo sarebbero state presenti solo esterne sulla giacca e sui pantaloni. «È una sentenza che mi lascia molto amareggiato» è stato il commento dell’avvocato difensore Luigi Peluso, che aveva sostenuto l’innocenza del giovane per la violenza sessuale e la rapina, riconoscendo la responsabilità di Di Girolamo per le lesioni. «Ora aspettiamo serenamente le motivazioni della sentenza, che sarà sicuramente appellata».
Al termine di una camera di consiglio durata poco più di un’ora, il collegio presieduto dal giudice Carmelo De Santis, giudici a latere Marco Bortone e Maria Cristina Salvia, ha condannato Alessio Di Girolamo, 25 anni, di Pianella, per i reati di violenza sessuale e lesioni aggravate. È stata esclusa, invece la rapina: Di Girolamo era stato accusato di avere sottratto cento euro dalla borsa della sua vittima.
LA SECONDA CONDANNA Per il giovane, è la seconda condanna in tre settimane: il primo dicembre era stato giudicato colpevole per l’assalto alla questura di Pescara con mannaia e pugnale il 10 novembre di un anno fa. La pena: dieci anni per il tentato omicidio di un poliziotto.
Aveva chiesto quindici anni, nella sua requisitoria, il pubblico ministero Giampiero Di Florio, ripercorrendo dopo la sfilata dei testimoni, l’incubo di quella mattina, quando Pescara si svegliò con la notizia che nel centro storico era stato commesso uno stupro di gruppo. Proteste, indignazione, fino a una fiaccolata di solidarietà con la vittima.
Le indagini, affidate alla squadra Mobile, e le dichiarazioni della donna chiarirono pochi giorni dopo che la violenza era stata commessa da una sola persona, e quella persona venne identificata in Alessio Di Girolamo. La prima a riconoscerlo fu proprio la vittima, una donna che all’epoca aveva 37 anni, madre di una bambina: fu lei, come ha ricordato l’avvocato di parte civile Caterina Malavenda, che prima di altri lo descrisse nei dettagli, poi lo riconobbe mentre l’ambulanza la trasportava in ospedale.
Una descrizione dettagliata venne fornita anche da un maresciallo della guardia di finanza che, passando, vide un uomo disteso sopra la fioriera nell’androne degli uffici del Genio civilie e sentì una voce di donna dire qualcosa: poco dopo - raccolta la testimonianza delle titolari di un bar vicino, che avevano visto «un ragazzo picchiare una ragazza» - il militare avrebbe visto Di Girolamo andarsene mentre si tirava su i pantaloni.
«AGGRESSIONE VIOLENTA» «La vittima venne aggredita così violentemente da pensare di essere stata aggredita da più persone: lui pesava all’epoca 107 chili, lei una quarantina» ha ricostruito il pm Di Florio nel suo intervento, «la donna venne sbattuta contro la fioriera: il benzinaio racconta che lo vide prendere la ragazza e trascinarla, l’aveva tramortita fino a farle perdere i sensi. Uno dei testimoni disse che sembrava morta: aveva il volto tumefatto, gli zigomi fratturati, il naso spaccato». La prognosi fu di 49 giorni.
Ma cosa era accaduto prima? Di Girolamo, secondo la procura, incontra la donna all’interno del Bukowski, dove lei è andata con alcune persone dopo avere bevuto qualcosa con un vecchio amico, «nonostante per lei assumere alcolici non fosse un’ abitudine». Per il pm, è qui che l’imputato, «come un leone che ha individuato la preda», comincia a fare alla donna «avances pesanti» a cui lei inizialmente riesce a sottrarsi: «Lui non fa altro che tirare coca, facendo avanti e indietro con lo stadio, e bere superalcolici». La donna resta dentro il locale chiuso fino alle 6.30 mentre il barista, che le avrebbe detto di fare attenzione - finisce di pulire. Quindi la donna esce con l’uomo e in strada incontra Di Girolamo.
Il giovane chiede un passaggio, quindi si allontana con lei. Pochi metri dopo, avviene l’aggressione. Gravissime le ferite riportate dalla donna al volto, con fratture multiple, che sarebbero state provocate per portare a termine lo stupro. Una violenza, ricorda il pm, confermata dall’esito dell’incidente probatorio, con i periti del gip Susi Pelatti e Giuseppe Fortuni che avrebbero rinvenuto «tracce ematiche sugli indumenti sequestrati che hanno un profilo ematico compatibile con Di Girolamo», assieme a due evidenti ecchimosi «da afferramento» alle cosce, oltre che da ferite e irritazioni nelle parti intime: «Una dinamica aggressiva» confermata dal consulente del pm Cristian D’Ovidio.
LA DONNA SANGUINANTE «Quando venne accolta nel bar, la donna era sanguinante, e aveva sangue sulle mani perché se le era imbrattate tirandosi su gli slip». Neppure, secondo la procura, è rilevante la circostanza che non siano siate ritrovate sulla donna tracce di sperma, perché l’uso di sostanze stupefacenti può inibirlo, «né è provato che in tutti gli stupri vengano trovate tracce di sperma».
Per la difesa, era stata la genetista forense Elena Pilli, a parlare durante il dibattimento di «assenza totale di materiale spermatico nei tamponi e sul perizoma» della donna, sostenendo che tracce riferibili a Di Girolamo sarebbero state presenti solo esterne sulla giacca e sui pantaloni. «È una sentenza che mi lascia molto amareggiato» è stato il commento dell’avvocato difensore Luigi Peluso, che aveva sostenuto l’innocenza del giovane per la violenza sessuale e la rapina, riconoscendo la responsabilità di Di Girolamo per le lesioni. «Ora aspettiamo serenamente le motivazioni della sentenza, che sarà sicuramente appellata».