Svolta dopo la tragedia Morosini
La morte del calciatore a Pescara ha innescato i decreti che ne impongono l’uso
PESCARA. Piermario Morosini: è il 14 aprile 2012 quando al 31' di Pescara-Livorno della 14ª giornata di ritorno del campionato di Serie B, il centrocampista di 26 anni si accascia a terra per un'improvvisa crisi cardiaca. Portato in ospedale, il giocatore muore alle 16,45.
La gara non viene portata a termine. La Figc dispone il rinvio dell'intera giornata di tutti i campionati italiani. La notizia ha risalto in tutto il mondo. Il 2 luglio 2012 vengono resi pubblici i risultati dell'autopsia che confermano i sospetti: a causare la morte del giocatore è stata una rara malattia ereditaria, la cardiomiopatia aritmogena.
Il 10 settembre seguente il sostituto procuratore di Pescara, Valentina D'Agostino, apre un'inchiesta a carico del medico sociale del Pescara, Ernesto Sabatini, quello del Livorno, Manlio Porcellini e del medico del 118 di Pescara, Vito Molfese, per il mancato uso del defibrillatore, previsto dalla procedura di pronto intervento, anche per capire se l'apparecchio salvavita avrebbe potuto aiutare il calciatore. Il 14 dicembre del 2016 i giudici scrivono:«Tutti i medici che hanno collaborato e si sono avvicendati nei primi soccorsi a Morosini erano tenuti all'uso del defibrillatore». E' uno dei passaggi centrali delle motivazioni della sentenza di condanna di Molfese (1 anno), Porcellini e Sabatini (8 mesi ciascuno). Il processo di primo grado è finito così. Ma la morte di Morosini rappresenta una svolta nel campo della prevenzione medica e della cultura dell’uso del defibrillatore. Che funziona attraverso due elettrodi adesivi e una scarica elettrica, che va a ristabilire un battito regolare del cuore, in caso di un arresto cardio-respiratorio.
Un decreto ministeriale del 2011 dispone che, in via prioritaria, devono essere dotati di defibrillatori a bordo i mezzi di soccorso sanitario a disposizione del sistema di emergenza territoriale 118, delle organizzazioni di volontariato, della Croce Rossa Italiana e del Dipartimento della Protezione civile. Anche i mezzi aerei e navali adibiti al soccorso e al trasporto degli infermi debbono averlo così come le ambulanze di soggetti privati. Ma il decreto Balduzzi del 2013 (dopo la tragedia di Morosini), e altri due decreti del 2016 e 2017, hanno esteso l’obbligo di dotarsi di defibrillatori alle società sportive professionistiche e alle associazioni e le società sportive dilettantistiche. I ministri della Salute e dello Sport hanno anche precisato, nel decreto del 26 giugno 2017 riferito alle società dilettantistiche, che ogni impianto sportivo deve essere dotato di un defibrillatore così come nel corso delle gare deve essere presente una persona formata all’utilizzo del dispositivo salvavita. Ma la domanda relative alla presenza dei defibrillatori tocca anche altri aspetti della vita pubblica: nelle scuole, nei teatri, nei cinema, nelle piazze, sui mezzi pubblici, devono esserci?
A riguardo bisogna tornare a far riferimento alla norma del 2011 in cui si dispongono le modalità di diffusione dei defibrillatori automatici esterni. E si delega alle Regioni il compito di agire sul proprio territorio, consigliando vivamente di prendere misure di sicurezza per i luoghi e le strutture ad alta frequentazione. (f.v.)
La gara non viene portata a termine. La Figc dispone il rinvio dell'intera giornata di tutti i campionati italiani. La notizia ha risalto in tutto il mondo. Il 2 luglio 2012 vengono resi pubblici i risultati dell'autopsia che confermano i sospetti: a causare la morte del giocatore è stata una rara malattia ereditaria, la cardiomiopatia aritmogena.
Il 10 settembre seguente il sostituto procuratore di Pescara, Valentina D'Agostino, apre un'inchiesta a carico del medico sociale del Pescara, Ernesto Sabatini, quello del Livorno, Manlio Porcellini e del medico del 118 di Pescara, Vito Molfese, per il mancato uso del defibrillatore, previsto dalla procedura di pronto intervento, anche per capire se l'apparecchio salvavita avrebbe potuto aiutare il calciatore. Il 14 dicembre del 2016 i giudici scrivono:«Tutti i medici che hanno collaborato e si sono avvicendati nei primi soccorsi a Morosini erano tenuti all'uso del defibrillatore». E' uno dei passaggi centrali delle motivazioni della sentenza di condanna di Molfese (1 anno), Porcellini e Sabatini (8 mesi ciascuno). Il processo di primo grado è finito così. Ma la morte di Morosini rappresenta una svolta nel campo della prevenzione medica e della cultura dell’uso del defibrillatore. Che funziona attraverso due elettrodi adesivi e una scarica elettrica, che va a ristabilire un battito regolare del cuore, in caso di un arresto cardio-respiratorio.
Un decreto ministeriale del 2011 dispone che, in via prioritaria, devono essere dotati di defibrillatori a bordo i mezzi di soccorso sanitario a disposizione del sistema di emergenza territoriale 118, delle organizzazioni di volontariato, della Croce Rossa Italiana e del Dipartimento della Protezione civile. Anche i mezzi aerei e navali adibiti al soccorso e al trasporto degli infermi debbono averlo così come le ambulanze di soggetti privati. Ma il decreto Balduzzi del 2013 (dopo la tragedia di Morosini), e altri due decreti del 2016 e 2017, hanno esteso l’obbligo di dotarsi di defibrillatori alle società sportive professionistiche e alle associazioni e le società sportive dilettantistiche. I ministri della Salute e dello Sport hanno anche precisato, nel decreto del 26 giugno 2017 riferito alle società dilettantistiche, che ogni impianto sportivo deve essere dotato di un defibrillatore così come nel corso delle gare deve essere presente una persona formata all’utilizzo del dispositivo salvavita. Ma la domanda relative alla presenza dei defibrillatori tocca anche altri aspetti della vita pubblica: nelle scuole, nei teatri, nei cinema, nelle piazze, sui mezzi pubblici, devono esserci?
A riguardo bisogna tornare a far riferimento alla norma del 2011 in cui si dispongono le modalità di diffusione dei defibrillatori automatici esterni. E si delega alle Regioni il compito di agire sul proprio territorio, consigliando vivamente di prendere misure di sicurezza per i luoghi e le strutture ad alta frequentazione. (f.v.)