Tangenti Spoltore, sì del giudice alla libertà per Ranghelli, Roselli e Vernamonte
Dopo le dimissioni del sindaco, la procura allenta la presa e il gip Angelo Bozza revoca la misura cautelare degli arresti domiciliari. L’architetto Colangelo ascoltato come testimone
SPOLTORE. Dopo il sì del pm Gennaro Varone, arriva anche il via libera del gip Angelo Bozza e Franco Ranghelli, Marino Roselli e Luciano Vernamonte tornano in libertà. A 15 giorni dagli arresti eccellenti a Spoltore, il sindaco, l'ex presidente del consiglio regionale il manager dei rifiuti non sono più ai domiciliari. Le accuse restano ma, con le dimissioni di Ranghelli da sindaco, la procura allenta la presa.
Con le dimissioni del sindaco di Spoltore Franco Ranghelli - «Una decisione sofferta al fine di dare un chiaro segnale di non attaccamento alla poltrona», così ha scritto Ranghelli nella sua lettera di congedo inviata al presidente del consiglio Valerio Spadaccini, al vicesindaco Luciano D'Incecco e già notificata anche al prefetto Vincenzo D'Antuono - cadono le esigenze cautelari: per questo il pm Gennaro Varone, che coordina l'inchiesta sulle presunte tangenti di Spoltore, e il gip Angelo Bozza dopo hanno detto sì alla revoca degli arresti domiciliari chiesta dall'avvocato di Ranghelli, Augusto La Morgia, e dai legali di Marino Roselli, Vincenzo Di Girolano, e di Luciano Vernamonte, Cesidio D'Aloisio.
15 GIORNI. Lo scandalo giudiziario che ha travolto Spoltore è esploso il 26 luglio scorso: 13 indagati, tra politici e imprenditori in un'indagine del corpo forestale dello Stato che scava sugli affari del Prg e sulla costruzione di due torri lungo il fiume Pescara, sull'accordo di programma tra Comune e una società per ampliare il cimitero, sulle proroghe dell'appalto dei rifiuti e sulla pubblicità e riscossione dei tributi. Secondo Varone, a Spoltore, una città che in dieci anni è cresciuta del venti per cento grazie al boom dell'edilizia nelle frazioni di Villa Raspa e Santa Teresa, gli affari sono stati spartiti tra i politici stravolgendo la democrazia con «un organismo di potere permanente chiamato "cabina di regia" costituito allo scopo di condizionare l'attività del consiglio e della giunta, piegando dietro l'apparente schermo del perseguimento di interessi pubblici mere istanze di natura privata».
Un superpartito, un comitato d'affari, per controllare le decisioni importanti di Spoltore, a cominciare dai palazzi, con riunioni in un bar. A capo della presunta associazione a delinquere, Ranghelli, Roselli e Vernamonte ma la stessa accusa pende anche su Ernesto Partenza, 75 anni, consigliere di Sel ed ex assessore all'Urbanistica, Pino Luigioni, 49 anni, consigliere dell'Api, e sull'imprenditore Alessandro D'Onofrio, 34 anni.
I VOTI DI ROSELLI. Con l'addio di Ranghelli, scemano le esigenze cautelari anche per Roselli e Vernamonte, entrambi senza incarichi elettivi a Spoltore ma tutti e due, dice l'accusa, «hanno un notevole seguito elettorale ed essendo in grado di controllare voti determinanti per le elezioni e per la costituzione e il mantenimento delle maggioranze necessarie al governo, assumono una posizione di vero e proprio controllo sull'attività dell'attuale sindaco e di tutta l'amministrazione comunale potendo asservire le scelte assembleari ai loro interessi di natura privata». Quindi, con l'uscita di scena di Ranghelli, anche Roselli e Vernamonte possono tornare liberi.
COLANGELO TESTE. Secondo l'inchiesta, l'interesse della politica di Spoltore è orientato all'urbanistica e, per mettere a fuoco i giochi di potere intorno ai palazzi, gli agenti di polizia giudiziaria della forestale hanno ascoltato come testimone l'architetto di Montesilvano Aurelio Colangelo, primo accusatore dell'ex sindaco Enzo Cantagallo nel processo Ciclone. Secondo l'accusa, Roselli ha premuto per la nomina di Colangelo (estraneo all'inchiesta) nell'ufficio di Piano per rifare il Prg come tutore degli interessi dell'Api. Agli agenti della forestale, in un racconto durato due ore, Colangelo ha confermato di essere stato chiamato come professionista e di aver appreso, in seguito e per caso, di essere il «rappresentante dell'Api». Nella sua deposizione, però, Colangelo ha ribadito la sua «autonomia» dall'Api e dalla politica.
LA RIUNIONE. Colangelo ha confermato di aver partecipato a due riunioni sul Prg: una in Comune, l'altra nel comitato elettorale di Roselli dove campeggia ancora la sua gigantografia e lo slogan «L'Abruzzo a testa alta».
Con le dimissioni del sindaco di Spoltore Franco Ranghelli - «Una decisione sofferta al fine di dare un chiaro segnale di non attaccamento alla poltrona», così ha scritto Ranghelli nella sua lettera di congedo inviata al presidente del consiglio Valerio Spadaccini, al vicesindaco Luciano D'Incecco e già notificata anche al prefetto Vincenzo D'Antuono - cadono le esigenze cautelari: per questo il pm Gennaro Varone, che coordina l'inchiesta sulle presunte tangenti di Spoltore, e il gip Angelo Bozza dopo hanno detto sì alla revoca degli arresti domiciliari chiesta dall'avvocato di Ranghelli, Augusto La Morgia, e dai legali di Marino Roselli, Vincenzo Di Girolano, e di Luciano Vernamonte, Cesidio D'Aloisio.
15 GIORNI. Lo scandalo giudiziario che ha travolto Spoltore è esploso il 26 luglio scorso: 13 indagati, tra politici e imprenditori in un'indagine del corpo forestale dello Stato che scava sugli affari del Prg e sulla costruzione di due torri lungo il fiume Pescara, sull'accordo di programma tra Comune e una società per ampliare il cimitero, sulle proroghe dell'appalto dei rifiuti e sulla pubblicità e riscossione dei tributi. Secondo Varone, a Spoltore, una città che in dieci anni è cresciuta del venti per cento grazie al boom dell'edilizia nelle frazioni di Villa Raspa e Santa Teresa, gli affari sono stati spartiti tra i politici stravolgendo la democrazia con «un organismo di potere permanente chiamato "cabina di regia" costituito allo scopo di condizionare l'attività del consiglio e della giunta, piegando dietro l'apparente schermo del perseguimento di interessi pubblici mere istanze di natura privata».
Un superpartito, un comitato d'affari, per controllare le decisioni importanti di Spoltore, a cominciare dai palazzi, con riunioni in un bar. A capo della presunta associazione a delinquere, Ranghelli, Roselli e Vernamonte ma la stessa accusa pende anche su Ernesto Partenza, 75 anni, consigliere di Sel ed ex assessore all'Urbanistica, Pino Luigioni, 49 anni, consigliere dell'Api, e sull'imprenditore Alessandro D'Onofrio, 34 anni.
I VOTI DI ROSELLI. Con l'addio di Ranghelli, scemano le esigenze cautelari anche per Roselli e Vernamonte, entrambi senza incarichi elettivi a Spoltore ma tutti e due, dice l'accusa, «hanno un notevole seguito elettorale ed essendo in grado di controllare voti determinanti per le elezioni e per la costituzione e il mantenimento delle maggioranze necessarie al governo, assumono una posizione di vero e proprio controllo sull'attività dell'attuale sindaco e di tutta l'amministrazione comunale potendo asservire le scelte assembleari ai loro interessi di natura privata». Quindi, con l'uscita di scena di Ranghelli, anche Roselli e Vernamonte possono tornare liberi.
COLANGELO TESTE. Secondo l'inchiesta, l'interesse della politica di Spoltore è orientato all'urbanistica e, per mettere a fuoco i giochi di potere intorno ai palazzi, gli agenti di polizia giudiziaria della forestale hanno ascoltato come testimone l'architetto di Montesilvano Aurelio Colangelo, primo accusatore dell'ex sindaco Enzo Cantagallo nel processo Ciclone. Secondo l'accusa, Roselli ha premuto per la nomina di Colangelo (estraneo all'inchiesta) nell'ufficio di Piano per rifare il Prg come tutore degli interessi dell'Api. Agli agenti della forestale, in un racconto durato due ore, Colangelo ha confermato di essere stato chiamato come professionista e di aver appreso, in seguito e per caso, di essere il «rappresentante dell'Api». Nella sua deposizione, però, Colangelo ha ribadito la sua «autonomia» dall'Api e dalla politica.
LA RIUNIONE. Colangelo ha confermato di aver partecipato a due riunioni sul Prg: una in Comune, l'altra nel comitato elettorale di Roselli dove campeggia ancora la sua gigantografia e lo slogan «L'Abruzzo a testa alta».
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