«Tanti in giro con i coltelli, tra i giovani è una moda» 

Un carabiniere in prima linea racconta la Pescara violenta degli adolescenti: «Si ispirano a gang malavitose, i genitori tornino a essere punti di riferimento»

PESCARA. La Pescara violenta degli adolescenti, in cui il coltello in tasca è la moda del momento. Un carabiniere in prima linea, uno dei tanti uomini dell’Arma in azione in città, anche di notte, per cercare di prevenire e contrastare le devianze dei giovani, in particolare dei minori, ci racconta una Pescara oscura e inquietante. «Nessuno poteva aspettarsi un fatto così sconvolgente, ma che ci sia un clima sempre più violento tra i ragazzini, questo si sapeva e anche tante famiglie ne sono a conoscenza. Veniamo da due accoltellamenti in altrettanti stabilimenti balneari. E da un’altra rissa con un ragazzo uscito con il naso rotto, davanti a un altro lido. Per capire, basta andare a riprendere i propri figli davanti ai locali. Si creano dinamiche stile gang: gruppi che si fronteggiano, a volte senza arrivare alle mani, altre arrivando alla violenza fisica: qualcuno scappa, altri si sfidano. Pescara è una polveriera, soprattutto nei quartieri del centro. Perché in quelli degradati certe cose, paradossalmente, non succedono», ci dice il rappresentante delle forze dell’ordine che tanto si stanno impegnando in questo delicato momento per garantire la sicurezza e la legalità sul territorio.
Come siamo arrivati a questo punto?
«I social hanno portato i ragazzi a contatto con condotte tipiche da criminalità organizzata, sia quella italiana, ma anche quelle sudamericane, come Mara Salvatrucha: fratellanza, eccesso rapporti amicali, rispetto non si sa per chi o per cosa, mancanza di paura, protezioni e coperture. Le famiglie non sono in grado di conoscere questi aspetti, non riescono a comprendere. Magari in una famiglia disagiata i padri sono capaci di leggere subito la realtà e indicare ai ragazzi i pericoli. Altri, alle prese con le carriere e mille impegni si limitano a informarsi sulle compagnie, gli basta sapere: “Esco con il figlio di...”».
Problema di linguaggio e comprensione di una generazione molto diversa dalle precedenti.
«I ragazzi scimmiottano i criminali. Quando uno dei due assassini del Baden Powell dice: “Ho continuato io ad accoltellare Christopher perché siamo amici”, parliamo proprio di queste dinamiche da gang. Nessuno chiama le forze dell’ordine dal parco, addirittura vanno tutti al mare. Perché? È la logica del clan: denunciare e rivolgersi alle forze dell’ordine è considerata roba da “infami”. Tanti genitori si dimenticano di aiutare i figli a filtrare quello che vedono e vivono. Dai social arrivano modelli negativi: chi fa bravate, chi commette reati, chi è indifferente nei confronti di chi ha bisogno d’aiuto. Bisogna tornare ad essere il primo riferimento dei nostri figli. Chi era presente al parco Baden Powell doveva immediatamente chiamare i genitori o il 112, ma ha scelto il silenzio».
Altro capitolo drammatico: il consumo di droga tra i minorenni. Circola a fiumi. E a prezzi stracciati.
«Il fenomeno è dilagante, nonostante siamo impegnati giorno e notte per combatterlo. L’accesso è sempre più facile: se ho dieci euro, posso comprare cocaina. L’eroina si compra con 5 euro. Con la stessa cifra posso comprare sostanze per fare due spinelli. Tra i ragazzini si ride, si sdrammatizza, quando si parla di droghe, che spesso sono “allungate” per creare dipendenza. In una dose di eroina analizzata troviamo il 3% di stupefacente: dentro vengono trovate tracce di farmaci, di caffè e altro ancora. I ragazzi devono capire che la droga non li uccide all’istante, ma porta cose peggiori della morte: l’alienazione, la perdita di rapporti familiari e di amicizia. Alla distruzione».
Spacciano o rubano anche i figli delle famiglie benestanti. Il motivo?
«Avere soldi in tasca per fare i piccoli boss nelle serate nei locali. Dove comprano la droga i ragazzini? La catena della distribuzione è molto lunga e capillare».
Altra piaga: l’alcol.
«Chiediamo all’ospedale quanti ragazzini di quindici o sedici anni arrivano ogni fine settimana, in piena notte, in coma etilico. A decine, ogni settimana».
Ecco un’idea per contrastare il fenomeno.
«Ci vorrebbe un’ordinanza per vietare il consumo di alcolici in strada, all’esterno dei locali. Spesso, il mattino dopo le serate, le vie sono invase dalle bottiglie vuote».
Stupefacenti e alcol diventano benzina sul fuoco della violenza. Soprattutto oggi che è in voga la moda del coltello.
«È pieno di ragazzi in giro con il coltello in tasca. Ne abbiamo sequestrati a decine tra i minorenni. Cosa dicono? Provano a negare, ma molti confessano di portarlo in giro per difendersi in caso di risse. “Quello ce l’ha, allora lo porto anch’io”: questo ci dicono quando vengono scoperti».
Senza un cambio di rotta, gli ultimi episodi di violenza potrebbero non restare casi isolati.
«I giovani sono stimolati solo da discoteche, risse e sballo. Per poi raccontare tutto sui social il giorno dopo. La foto dell’assassino di Christopher che al mare, dopo averlo ucciso, si scatta una foto con il pugno sul petto è l’esempio concreto. Bisogna stare attenti, conoscere le dinamiche degli adolescenti, parlare con loro, avvicinarci. I ragazzi vanno indirizzati, anche facendo volontariato».