Tassa insegne, scattano i ricorsi per avere i rimborsi dal Comune

Dopo l’approvazione in consiglio del nuovo sistema di calcolo dell’imposta, i commercianti vogliono la restituzione delle somme pagate in più. Una recente sentenza apre la strada alle azioni legali

PESCARA. La tassa sulle insegne, riveduta e corretta lunedì scorso dal consiglio, rischia di trasformarsi in un boomerang per l’amministrazione comunale. Alcuni commercianti avrebbero già presentato ricorso al Tar per ottenere il rimborso di quanto pagato in più negli anni passati per la Cosap (Canone per l’occupazione del suolo pubblico), per effetto di un sistema di calcolo per l’occupazione del suolo pubblico giudicato errato da una sentenza del Consiglio di Stato del 22 maggio 2012. Proprio a causa di quella sentenza, l’assessore al commercio Giacomo Cuzzi ha provveduto a modificare il sistema di calcolo, quantificando il canone Cosap sulla base dell’effettiva proiezione al suolo dei cartelli pubblicitari e, quindi, non più in base alla loro dimensione reale. In quell’occasione, è stato anche deciso di esentare dal pagamento della Cosap le insegne d’esercizio, cioè quelle insegne che indicano l’attività svolta dal negozio. Ora, però, incombe sul Comune la spada di Damocle dei rimborsi per le tasse pagate in più in passato dai negozianti. Ad aprire la strada alle azioni legali è un’altra sentenza più recente del Consiglio di Stato, datata 20 febbraio 2014, che riconosce, di fatto, il diritto dei commercianti di Como di ottenere i rimborsi delle tasse pagate in più negli ultimi anni alla loro amministrazione comunale. In quella sentenza i giudici fanno riferimento alla richiesta di rimborso avanzata, in particolare, da un commerciante per ottenere ciò che aveva pagato in più per la Cosap nel 2010, 2011 e 2012.

«A fronte dell’annullamento della disposizione del regolamento che implicava l’illegittimità dei canoni calcolati sulla base della disposizione stessa», si legge nella sentenza, «deriva la conseguenza non certo della gratuità dell’occupazione di suolo pubblico da parte del ricorrente, ma l’applicazione del tariffario comunale (o delle competenti norme di legge) esistente e in vigore in relazione al momento in cui si è realizzato il presupposto dell’occupazione di suolo pubblico per i tre anni in considerazione (2010, 2011 e 2012), riferendosi al parametro dell’effettiva occupazione del suolo pubblico, così come deciso dalla sezione con sentenza di merito del 22 maggio 2012, con restituzione e rimborso della differenza con quanto effettivamente pagato».

Ora il numero dei ricorsi, grazie a questa sentenza, potrebbe lievitare e l’amministrazione comunale rischia di trovarsi a rimborsare decine di commercianti. Lo stesso presidente della Confcommercio Ezio Ardizzi, martedì scorso, si era domandato: «Se la tassa era illegittima, saranno restituite alle aziende pescaresi le somme inopportunamente versate in questi anni?».

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