Tedeschini: «Ma il futuro va verso le emissioni zero» 

Il giornalista contesta la politica della Regione: «Marsilio non guarda al futuro, è bloccato nel passato. Se non puntiamo sull’elettrico l’alternativa è l’idrogeno»

La strada sarà anche accidentata, piena di buche e inversioni a U, ma il futuro dell’automobile è nell’elettrico. Ne è profondamente convinto Mauro Tedeschini, classe 1955, modenese, una lunga carriera da giornalista. Direttore del Centro dal 2012 al 2016, ha guidato anche i quotidiani La Nazione, Italia Oggi, Quotidiano Nazionale e per dieci anni il mensile Quattroruote. Per dieci anni presidente del Museo Enzo Ferrari di Modena, scrive oggi per il sito Vaielettrico.
Che l’obiettivo debba essere un armonioso equilibrio che coniughi il rispetto per l’ambiente con un diverso sviluppo dell’automotive e con la salvaguardia dei posti di lavoro, Tedeschini lo ribadisce con decisione, mentre riflette sullo stato del settore in vista delle prossime scadenze del Green Deal. Se l’Europa si avvicina a grandi passi verso la rinuncia ai carburanti fossili, c’è chi mugugna di fronte a un mercato dell’elettrico che non vuole decollare e a un settore profondamente in crisi. Il presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio è portavoce a Bruxelles delle Regioni d’Europa, decise a far rinviare il Green Deal al grido di: «Non siamo pronti». La stessa cosa la chiedono a gran voce i concessionari Stellantis e l’associazione dei costruttori europei Acea, giudata dal manager abruzzese Luca De Meo.
Tedeschini, le scadenze del Green Deal si avvicinano, ma dubbi e malumori crescono ovunque.
«In queste condizioni può essere che l’Europa rimandi gli appuntamenti. Rispetto a quando sono state stabilite le scadenze, sono cambiati governi e anche in Italia la maggioranza è diversa, più fredda verso i temi ambientali. Però Marsilio si deve decidere: insieme ai suoi compagni di partito deve capire cosa vuole fare. Tanto per dire, in Italia sono stati messi, grazie al ministro Urso, incentivi fino a 13.500 euro per l’acquisto di veicoli elettrici, i più alti visti al mondo. Incentivare per poi frenare mi sembra una politica un po’ saltellante. Il partito di Marsilio e Urso decidesse cosa vuole fare, invece di dire un giorno bianco e un giorno nero. Pensano al biocarburante, quello fatto con gli scarti alimentari, ma questa non è una strada percorribile per ora, sia per il prezzo elevato, sia per la scarsa disponibilità. E comunque questa loro preoccupazione è abbastanza incomprensibile, il 2035 è lontano».
Per l’Abruzzo l’automotive è fondamentale, la situazione crea preoccupazione...
«Appunto, visto che l’Abruzzo è sempre stato all’avanguardia in questo settore, con stabilimenti tecnologicamente avanzati, sorprende l’atteggiamento del presidente della Regione. Marsilio è bloccato nel passato, non guarda al futuro, perché il futuro è sicuramente verso le emissioni zero. Quindi o verso l’elettrico, o verso strade diverse, come potrebbe essere l’idrogeno. Marsilio dovrebbe pensare di più al territorio, non a schierarsi con il sì o con il no. Forse elettoralmente paga fare così, ma non è utile alle persone».
I sindacati abruzzesi, invece, sembrano più aperti al cambiamento.
«È chiaro che i sindacati guardano soprattutto dal punto di vista sociale e dei lavoratori. Ci sono professioni che scompariranno, mentre ne nasceranno altre, diverse. Ma questa è una transizione ineludibile e giustamente i sindacati cercano di gestirla al meglio. Accompagnando magari le persone in un percorso di pensionamento anticipato. Ad Atessa, lo sappiamo, c’è uno stabilimento da anni ai vertici europei nella produzione di veicoli commerciali. Ancora di più da quando c’è Stellantis, visto che può produrre anche per altri marchi francesi. Nel settore è un riferimento, e proprio per questo bisogna pensare al futuro. Il futuro va abbracciato. C’è un mondo di nuove opportunità, soprattutto in Abruzzo, una regione “verde”. Soprattutto qui bisogna pensare a quanto è importante l’aria che respiriamo. I posti si salvano guardando avanti e non indietro».
I dati sono impietosi: in Europa si registra un calo del 43,9% delle vendite, che in Germania arriva addirittura al 68,8%. Perché non si vendono le auto elettriche? Sono troppo costose?
«Sì, per ora costano di più, ma il prezzo tende a scendere man mano che si riesce a migliorarne la tecnologia. D’altra parte, le macchine tradizionali hanno cento anni di sviluppo alle spalle, quelle elettriche appena venti. Presto si avranno migliori prestazioni delle batterie, si riuscirà ad avere maggiore autonomia. Ma a dire il vero, sono care tutte le auto, anche quelle tradizionali. Una Fiat 500 oggi costa 17mila euro, una follia. Per questo è fermo il mercato. Si vendono solo macchine usate. Le auto si tengono per più tempo e così sono anche più inquinanti».
Ecco, la scarsa autonomia delle batterie è un altro fattore disincentivante: le ricariche non sono un po’ care?
«Per ora conviene ricaricare a casa, in azienda. Ma è un problema che si supera. In Abruzzo, ad esempio, si potrebbe autoprodurre l’energia per far andare le auto elettriche. Si potrebbe aumentare la produzione di energia rinnovabile, questa regione ha tutta la materia prima necessaria, sole, vento. In Italia, l’energia da fonti rinnovabili è oltre il 50% del fabbisogno, qui si potrebbe facilmente arrivare al 60%. Con tanti benefìci per le città, intossicate dall’aria avvelenata».
Questo del prezzo delle ricariche è anche un problema politico?
«È chiaro che ci vuole la politica per gestire il problema. In Italia le ricariche hanno il costo più alto d’Europa, anche se sono previste convenzioni. È un po’ il gatto che si morde la coda. I fornitori di energia giustificano i costi elevati con il fatto che ci sono poche macchine elettriche e non riescono ad ammortizzare i costi delle colonnine. Ma se le ricariche costano troppo, in circolazione continueranno ad esserci poche auto elettriche. Bisogna superare il periodo di transizione. Il 2035 non è domani, si possono fissare tappe intermedie e gli obiettivi si potranno spostare. Bisognerebbe essere un po’ più articolati, senza dividersi nettamente tra chi dice sì o chi dice no».
Altro argomento contro l’elettrico è che, al di là di ciò che esce dal tubo di scappamento, risultano inquinanti anche la produzione e lo smaltimento delle batterie. È così?
«È vero, la produzione delle batterie è ancora inquinante e c’è il problema dello smaltimento. Ma ci sono centinaia di studi che dimostrano che anche così le auto elettriche sono molto meno impattanti sull’ambiente dei motori termici. Diciamo che dalla “culla alla tomba”, come si dice, ovvero dalla produzione allo smaltimento, il bilancio è comunque positivo. Ora ci si sta anche concentrando sulla possibilità di riciclare le batterie. Ma non bisogna solo considerare il Co2 emesso nell’ambiente, ma anche altre sostanze: le polveri sottili, ad esempio, fanno ammalare soprattutto anziani e bambini, spesso anche con esiti letali. Che i veicoli elettrici inquinino è una balla costruita ad arte dalle multinazionali dei carburanti. I problemi reali sono i costi e l’autonomia ancora limitata a massimo 300-400 km».
Non un problema da poco.
«Sono macchine non adatte per i viaggi lunghi. La tecnologia non è ancora arrivata a superare questo problema. È vero, ci si aspettava un progresso più rapido. Ma entro il 2030 dovremmo raggiungere la parità di prezzo e un’autonomia competitiva con le automobili tradizionali. La gente potrà scegliere».
L’industria europea è preoccupata per la concorrenza della Cina, che tra forti sovvenzioni statali e accesso ai minerali rari che servono per le batterie riesce a produrre a costi inferiori. Una preoccupazione giustificata?
«Sulla tecnologia delle batterie la Cina ci supera, siamo in forte ritardo. Ma d’altra parte l’Europa vende carrettate di macchine in Cina, non possiamo pretendere che loro non vendano le loro qui da noi. Bisogna competere puntando su una tecnologia migliore, dobbiamo investire i capitali necessari per recuperare il gap. In fondo, la Cina ha sviluppato la tecnologia producendo le batterie dei laptop, dei telefonini e noi li abbiamo lasciati correre in avanti. Ora ci scandalizziamo per le auto, ma nessuno ha mai protestato per telefoni e pc con tecnologia made in China. Se decidiamo che questa è la strada giusta per salvare il pianeta, l’Europa si deve attrezzare. A Termoli si stava progettando, e ha ricevuto anche finanziamenti, la Gigafactory per la produzione di batterie: ora il progetto è in bilico. Queste sono le cose di cui dovrebbe occuparsi la politica».
Ma gli acquirenti che magari vorrebbero avvicinarsi al mercato dell’elettrico trovano le giuste informazioni in concessionario?
«Una considerazione: la più venduta tra le auto elettriche è la Tesla, che non passa neanche dalle concessionarie. È un mondo diverso, si ordina e l’auto viene consegnata direttamente al proprietario. Le concessionarie per ora hanno tutto l’interesse a vendere le auto tradizionali, e forse non hanno tutte le informazioni neppure loro. In genere consigliano le ibride, che infatti sono le più vendute. Ma non sono le più convenienti, né le più performanti. C’è anche un altro aspetto da considerare. I concessionari campano anche sull’assistenza alle auto dopo la vendita e le elettriche, invece, non hanno assistenza, non si deve cambiare l’olio al motore. C’è solo l’usura dei pezzi, come i freni. Dunque anche i meccanici devono aggiornarsi. Ma storicamente, si sa, ogni transizione crea resistenza. E voglio aggiungere anche che se si decide di comprare una macchina elettrica, che ha un certo costo, in media 30mila euro, bisogna informarsi perché si entra in un mondo diverso, e bisogna capire se è adatto alle esigenze. Ci sono tanti modi per informarsi, amici, internet. Trentamila euro sono tanti».
Ma lei che auto guida?
«Ho due macchine, una piccola elettrica che uso in città e per distanze fino a 200 km, poi una macchina che ha diversi anni, a motore termico, che uso per i viaggi lunghi. Ma sta lì ferma per settimane. L’auto elettrica è molto più divertente da guidare, è silenziosa con grande accelerazione. Ma poi a che servono le auto grandi? I viaggi lunghi si fanno in treno o in aereo».