Tentato omicidio, condanna bis per il figlio di Lady Coumadin
I giudici della Corte d’appello dell’Aquila confermano la sentenza di primo grado: 12 anni e 8 mesi Michele Gruosso, con la mamma morta suicida, provò a uccidere il patrigno usando l’anticoagulante
PESCARA. Davanti ai giudici della Corte d'appello dell'Aquila, ieri mancava la vera protagonista del processo: Daniela Lo Russo, nota alle cronache come Lady Coumadin, che quindici giorni fa si è suicidata mentre era agli arresti domiciliari in Calabria. Per questo la decisione dei giudici di secondo grado ha riguardato soltanto suo figlio Michele Gruosso (assistito dall'avvocato Fabio Abbruzzese che ha già annunciato il ricorso in Cassazione) per il quale i giudici hanno confermato la condanna di primo grado a 12 anni e 8 mesi di reclusione. Madre e figlio erano stati condannati in primo grado a Pescara (la madre a 13 anni e 8 mesi), per il tentato omicidio del secondo marito della donna: un imprenditore di Spoltore che nell’estate del 2016 stava per essere ucciso da madre e figlio. Nei piani della donna, doveva un omicidio che nessuno avrebbe mai scoperto, provocato con la somministrazione, all'uomo, di massicce dosi di Coumadin: l’anticoagulante gli avrebbe provocato una emorragia interna facendo passare quella morte per cause naturali. Una morte che però venne sventata dai carabinieri, insospettiti da una strana aggressione che l’uomo aveva subìto sotto casa e che, di fatto, aveva il solo scopo di provocare danni interni. Poi il Coumadin avrebbe provocato l’emorragia. Ma i carabinieri misero sotto controllo diversi telefoni e anche quelli di madre e figlio per arrivare a scoprire non solo le somministrazioni del farmaco fatte anche durante i diversi ricoveri in ospedale della vittima (attraverso il medicinale mischiato con un semplice integratore che veniva fatto bere all’uomo), ma a ricostruire l’aggressione e i suoi mandanti: madre e figlio. Aggressione per la quale erano finiti sotto processo il colombiano Edwin Andrey Mosquera Zabala, condannato ieri a un anno e 3 mesi di reclusione (con uno sconto di 4 mesi rispetto alla condanna di primo grado) che avrebbe agito materialmente colpendo la vittima con una mazza da baseball, e quello che venne indicato come il mediatore tra Gruosso e il colombiano, Marco Faggion che ieri ha avuto 7 mesi, uno in meno degli 8 inflittigli a Pescara. Ma Daniela Lo Russo è stata a lungo al centro delle cronache per questioni collegate a questo processo.
Quella più clamorosa è l’aver trafugato, con la complicità del figlio, due faldoni del processo di appello dagli uffici della Corte aquilana, per poi darli alle fiamme nelle campagne di Capestrano. Una vicenda processuale che si è chiusa logicamente per il solo Gruosso il 15 dicembre scorso con un patteggiamento a due anni. Ma Lo Russo non si è fatta mancare nulla in questo suo cammino processuale.
Durante il dibattimento di primo grado avrebbe posizionato (esistono anche delle riprese filmate che mostrano una donna vestiva con una sorta di burqa che gli inquirenti indicano come Lo Russo) cinque falsi pacchi bomba in punti strategici della città: davanti a palazzi importanti come il Tribunale o la caserma dei carabinieri, ma anche davanti al portone di casa del pm Rosangela Di Stefano che sosteneva l’accusa nel processo per il tentato omicidio. Una performance che bloccò la città per diverse ore. Finita davanti alla procura di Campobasso, che ora dovrà chiudere il fascicolo dopo la morte di Lady Coumadin. E anche con il suicidio (già tentato in carcere a Teramo prima di beneficiare dei domiciliari) la donna è stata plateale, esponendo sul balcone due lenzuoli con scritte contro la magistratura e i carabinieri.
Quella più clamorosa è l’aver trafugato, con la complicità del figlio, due faldoni del processo di appello dagli uffici della Corte aquilana, per poi darli alle fiamme nelle campagne di Capestrano. Una vicenda processuale che si è chiusa logicamente per il solo Gruosso il 15 dicembre scorso con un patteggiamento a due anni. Ma Lo Russo non si è fatta mancare nulla in questo suo cammino processuale.
Durante il dibattimento di primo grado avrebbe posizionato (esistono anche delle riprese filmate che mostrano una donna vestiva con una sorta di burqa che gli inquirenti indicano come Lo Russo) cinque falsi pacchi bomba in punti strategici della città: davanti a palazzi importanti come il Tribunale o la caserma dei carabinieri, ma anche davanti al portone di casa del pm Rosangela Di Stefano che sosteneva l’accusa nel processo per il tentato omicidio. Una performance che bloccò la città per diverse ore. Finita davanti alla procura di Campobasso, che ora dovrà chiudere il fascicolo dopo la morte di Lady Coumadin. E anche con il suicidio (già tentato in carcere a Teramo prima di beneficiare dei domiciliari) la donna è stata plateale, esponendo sul balcone due lenzuoli con scritte contro la magistratura e i carabinieri.