Terrorismo, le verità nascoste

Benedetta Tobagi racconta la figura del padre ucciso dalle Br e i troppi buchi neri della storia recente

“Come mi batte forte il tuo cuore” è il libro che Benedetta Tobagi ha dedicato al padre ucciso dalle Br. Giornalista, scrittrice, documentarista Rai, Benedetta Tobagi è autrice del più recente “Una stella incoronata nel buio. Storia di una strage impunita” che considera «l'altra valva della conchiglia, complementare al primo». La recente sentenza della Corte Suprema sulla strage di Brescia renderà necessario cambiare il sottotitolo, a dimostrazione che anche dopo 41 anni si può sperare nella verità. «Ho voluto occuparmi di un pezzo di storia precedente alla morte di mi’o padre perché il terrorismo di sinistra è stato anche una reazione malata alla stagione delle stragi politiche».

Perché ha scelto il verso di una poesia come titolo del libro?

«Szymborska è una poetessa che ho sempre amato: è un dono trovare nelle parole di un’artista il nucleo, il seme di un lavoro di cui comprendi il significato mentre lo stai svolgendo. Il lettore riceve un’impressione emotiva dai versi in apertura che si mescolano alle mie e a quelle di mio padre. La poesia parla dell'empatia, comincia così: “Poteva accadere/Doveva accadere/ È accaduto prima. Dopo/ Più vicino. Più lontano/È accaduto non a te”, e traccia il cammino tra una situazione di sollievo: una cosa brutta è accaduta a un altro, non è successo a me, per arrivare al riconoscimento che siamo tutti legati. Questo significato mi pare connesso in maniera profonda al senso del libro».

Costruito come una sceneggiatura, il romanzo mette insieme la sua scrittura tesa a ricostruire la figura paterna, quella tratta dai diari e dalle inchieste di suo padre, l'analisi storica dei documenti.

«La mia è una non-fiction (genere a metà tra giornalismo e letteratura) perciò i maestri li ho trovati più all'estero che non in Italia. In particolare lo spagnolo Javier Cercas è stato per me una specie di viatico, non a caso viene da un paese con una storia traumatica e lacerata come quella italiana, i suoi libri raccontano un tentato golpe e la guerra civile spagnola. Il mio libro s’iscrive anche nella categoria dei memoires. Vengo dalla produzione di documentari per cui, cercando la mia voce narrativa, ho attinto anche a modelli specificatamente cinematografici per esempio attraverso l'uso evocativo delle immagini. In questo primo libro sentivo l'esigenza di modellare la scrittura in maniera che si adattasse, come un abito sartoriale tagliato apposta, per la storia di mio padre, il più bello possibile».

Perché questo Paese ha così grande difficoltà a fare i conti con la verità?

«Dal dopoguerra è una sequenza di buchi neri, quasi si faccia fatica a guardare in faccia quanto è accaduto. La difficoltà a far i conti col passato c'è perché abbiamo memorie conflittuali e questo ci accomuna alla Spagna, a certi paesi sudamericani come il Cile e l'Argentina che hanno avuto le dittature per cui ci sono memorie e contromemorie. La Germania è in grado oggi di fare i conti con la dittatura perché è stata de-nazificata attraverso una prolungata occupazione. La nostra storia è diversa, nel bene e nel male. Ci sono state delle scelte politiche, utili in quel momento, come l'amnistia Togliatti che però poi non hanno permesso l'elaborazione. Dovremmo sempre allargare lo sguardo, sia dal punto di vista geografico che dal punto di vista temporale: aiuta ad essere più lucidi e anche un po' più clementi, ad avere un po' di speranza in più. In Italia abbiamo un passato complicato: il ventennio fascista, la guerra civile '43-45, il ventennio del terrorismo, materie politicamente roventi. Ma il vero motivo della mancata elaborazione del terrorismo degli anni Settanta è il ruolo ambiguo, quando non addirittura complice, di parti dello Stato col terrorismo di destra: è questo il vero ascesso della storia italiana recente».