Tributi Italia, il Comune lancia l'allarme
Gli uffici avvertono: accertamenti a rischio se la società non consegna la banca dati
PESCARA. «L'ente è impossibilitato ad effettuare attività di controllo e recupero a carico dei contribuenti per mancanza delle banche dati». E' l'avvertimento lanciato dall'ufficio tributi del Comune in una lettera riservata, inviata qualche giorno fa all'avvocatura dell'ente.
La lettera ha dato modo ai legali del Comune di avviare la causa nei confronti di Tributi Italia per richiedere un risarcimento danni di 2,1 milioni di euro. Lo scontro tra l'ente e la società di riscossione, finita nell'occhio del ciclone per non aver versato gli incassi delle imposte locali ai Comuni di mezza Italia, si fa ancora più acceso.
Nella nota inviata all'avvocatura si evidenziano i disagi registrati dal Comune per le presunte inadempienze contrattuali commesse da Tributi Italia, tornata ad essere operativa, dopo la cancellazione e poi la riammissione all'albo dei riscossori, a seguito della decisione del governo Berlusconi di far accedere la società ai benefici previsti dalla legge Marzano per evitare l'avvio della procedura fallimentare.
Procedura che avrebbe penalizzato i Comuni creditori della società, tra cui quello di Pescara che deve ancora ricevere oltre 500mila euro di tasse riscosse e mai riversate. L'ufficio tributi fa un'analisi della situazione, mettendo in evidenza quanto incassato dal Comune con le tre imposte - canone di occupazione del suolo pubblico, affissioni e diritti pubblicitari - prima gestite da Tributi Italia e ora dall'Aipa, il nuovo concessionario incaricato nei mesi scorsi dall'ente.
«Mettendo a confronto le riscossioni 2010 nel periodo compreso da gennaio ad aprile, pari a 870.126 euro», viene fatto presente nella lettera, «con le riscossioni 2009 nel periodo da gennaio ad aprile, pari a 1.430.843, si ottiene una differenza di 623.716 euro, quale importo iscritto nei ruoli per l'anno 2010 e ancora da riscuotere».
Insomma, il Comune correrebbe il rischio di incassare di meno. Un rischio, viene spiegato nella nota, dovuto alla mancata consegna da parte di Tributi Italia della documentazione e delle banche dati in suo possesso. Questo perché il vecchio concessionario vorrebbe continuare la sua attività a Pescara, ma l'amministrazione comunale, con un atto di giunta, gli ha revocato l'incarico e lo ha affidato all'Aipa.
Ora, però, il braccio di ferro tra ente e azienda potrebbe avere effetti sulle entrate tributarie. Anche se ieri l'assessore ai tributi Massimo Filippello, che segue sin dall'inizio del suo mandato questa pesante vicenda ereditata dalla precedente amministrazione, ha escluso ripercussioni sui conti del Comune. «L'attività di accertamento e di riscossione sta andando avanti», ha affermato, «abbiamo anche avviato un censimento dei passi carrai per individuare chi non paga il canone di occupazione del suolo pubblico».
Appare decisamente più pessimista il contenuto della lettera dell'ufficio tributi, in cui vengono indicate le possibili conseguenze per la mancata riscossione derivante dalle attività di accertamento effettuate dal precedente concessionario per il recupero delle annualità pregresse.
Secondo i tecnici, «il danno complessivo che l'ente subirebbe in relazione all'omissione contestata al precedente concessionario, più volte richiamato, per la mancata consegna dei documenti relativi alla gestione del servizio svolto, potrebbe quantificarsi in 2.100.000 euro».
La lettera ha dato modo ai legali del Comune di avviare la causa nei confronti di Tributi Italia per richiedere un risarcimento danni di 2,1 milioni di euro. Lo scontro tra l'ente e la società di riscossione, finita nell'occhio del ciclone per non aver versato gli incassi delle imposte locali ai Comuni di mezza Italia, si fa ancora più acceso.
Nella nota inviata all'avvocatura si evidenziano i disagi registrati dal Comune per le presunte inadempienze contrattuali commesse da Tributi Italia, tornata ad essere operativa, dopo la cancellazione e poi la riammissione all'albo dei riscossori, a seguito della decisione del governo Berlusconi di far accedere la società ai benefici previsti dalla legge Marzano per evitare l'avvio della procedura fallimentare.
Procedura che avrebbe penalizzato i Comuni creditori della società, tra cui quello di Pescara che deve ancora ricevere oltre 500mila euro di tasse riscosse e mai riversate. L'ufficio tributi fa un'analisi della situazione, mettendo in evidenza quanto incassato dal Comune con le tre imposte - canone di occupazione del suolo pubblico, affissioni e diritti pubblicitari - prima gestite da Tributi Italia e ora dall'Aipa, il nuovo concessionario incaricato nei mesi scorsi dall'ente.
«Mettendo a confronto le riscossioni 2010 nel periodo compreso da gennaio ad aprile, pari a 870.126 euro», viene fatto presente nella lettera, «con le riscossioni 2009 nel periodo da gennaio ad aprile, pari a 1.430.843, si ottiene una differenza di 623.716 euro, quale importo iscritto nei ruoli per l'anno 2010 e ancora da riscuotere».
Insomma, il Comune correrebbe il rischio di incassare di meno. Un rischio, viene spiegato nella nota, dovuto alla mancata consegna da parte di Tributi Italia della documentazione e delle banche dati in suo possesso. Questo perché il vecchio concessionario vorrebbe continuare la sua attività a Pescara, ma l'amministrazione comunale, con un atto di giunta, gli ha revocato l'incarico e lo ha affidato all'Aipa.
Ora, però, il braccio di ferro tra ente e azienda potrebbe avere effetti sulle entrate tributarie. Anche se ieri l'assessore ai tributi Massimo Filippello, che segue sin dall'inizio del suo mandato questa pesante vicenda ereditata dalla precedente amministrazione, ha escluso ripercussioni sui conti del Comune. «L'attività di accertamento e di riscossione sta andando avanti», ha affermato, «abbiamo anche avviato un censimento dei passi carrai per individuare chi non paga il canone di occupazione del suolo pubblico».
Appare decisamente più pessimista il contenuto della lettera dell'ufficio tributi, in cui vengono indicate le possibili conseguenze per la mancata riscossione derivante dalle attività di accertamento effettuate dal precedente concessionario per il recupero delle annualità pregresse.
Secondo i tecnici, «il danno complessivo che l'ente subirebbe in relazione all'omissione contestata al precedente concessionario, più volte richiamato, per la mancata consegna dei documenti relativi alla gestione del servizio svolto, potrebbe quantificarsi in 2.100.000 euro».
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