Ultrà ucciso a Pescara, Ciarelli dal carcere "Dobbiamo smontare tutte le falsità"
Il presunto killer di via Polacchi in una lettera detta la linea difensiva manda i saluti ai cugini in cella e ribadisce: "Siamo innocenti"
PESCARA. «Dobbiamo smontare tutte le falsità su di noi». Massimo Ciarelli rompe per la prima volta il silenzio in cui si è rinchiuso dal 5 maggio, quando è stato arrestato dalla squadra Mobile di Pierfrancesco Muriana per l'omicidio dell'ultrà biancazzurro Domenico Rigante, e dal carcere di Vasto da dove in prima battuta aveva fatto filtrare attraverso i suoi legali solo un «sono innocente» scrive, tutta in stampatello, una lettera all'avvocato che fino a due giorni fa difendeva i suoi quattro presunti complici, i cugini Antonio, Angelo e Luigi e il nipote Domenico Ciarelli.
Una missiva che il presunto killer di via Polacchi ha scritto e inviato prima della rinuncia alla difesa da parte dell'avvocato Luca Sarodi ma che, proprio alla luce della scelta finale del legale, spiega bene il clima che si era creato intorno all'avvocato. Non solo per le minacce di morte da parte di chi lo ha tacciato di tradimento, ma anche per la terra bruciata che gli ha fatto sin dall'inizio la famiglia di Massimo per portarlo sulla linea del negare a oltranza sposata dalla difesa del presunto killer.
Scrive infatti Massimo Ciarelli senza giri di parole: «Vedi di collaborare con gli altri avvocati nel migliore dei modi senza che discutete e altro perchè dobbiamo smontare tutte le falsità su di noi che ci reputano falsi e altro mentre loro sono santi, e fanno prepotenze 20 contro uno ogni zingaro che vedono da solo, e fanno abusi pazzeschi... Noi siamo stati maltrattati anche da Pescara con i manifesti e altro».
Poi, dopo un pensiero ai familiari in carcere per lo stesso agguato sanguinario del primo maggio («dai i miei più cari abbracci e baci ai miei cugini Angelo, Antonio e Luigi») il messaggio più importante, riquadrato e sottolineato: «Siamo innocenti», quasi a ribadire la linea difensiva cavalcata dai suoi legali, gli avvocati Franco Metta, del foro di Foggia e Antonio Valentini del foro dell'Aquila. Gli stessi legali che, prima di qualsiasi mossa, aspettano di conoscere l'esito degli accertamenti tecnico-scientifici fatti dal pool di esperti della Scientifica di Ancona, dopo che proprio la scorsa settimana hanno repertato tracce ematiche, un bulbo di capelli e cinque impronte all'interno della cucina di via Polacchi dove è stato ferito a morte con una calibro 38 Rigante e sulla Fiat 500 Abarth utilizzata dal commando rom per fuggire.
Decisivo e attesissimo, soprattutto, è l'incidente probatorio richiesto dal pm Salvatore Campochiaro per sottoporre a un confronto all'americana i nove testimoni con i cinque Ciarelli riconosciuti in prima battuta e arrestati per concorso in omicidio. Un confronto per il quale il gip Maria Michela Di Fine dovrebbe pronunciarsi a giorni.
Un passaggio chiave a cui proprio i quattro Ciarelli a cui ha rinunciato l'avvocato Sarodi dovranno presentarsi con un legale: se per Domenico resta il nome di Francesco Valentini, figlio dell'avvocato che difende Massimo, per gli altri tre, i fratelli Angelo, Antonio e Luigi, al momento resta in sella solo un legale di Termoli. Ma il giro di contatti è appena iniziato.
Una missiva che il presunto killer di via Polacchi ha scritto e inviato prima della rinuncia alla difesa da parte dell'avvocato Luca Sarodi ma che, proprio alla luce della scelta finale del legale, spiega bene il clima che si era creato intorno all'avvocato. Non solo per le minacce di morte da parte di chi lo ha tacciato di tradimento, ma anche per la terra bruciata che gli ha fatto sin dall'inizio la famiglia di Massimo per portarlo sulla linea del negare a oltranza sposata dalla difesa del presunto killer.
Scrive infatti Massimo Ciarelli senza giri di parole: «Vedi di collaborare con gli altri avvocati nel migliore dei modi senza che discutete e altro perchè dobbiamo smontare tutte le falsità su di noi che ci reputano falsi e altro mentre loro sono santi, e fanno prepotenze 20 contro uno ogni zingaro che vedono da solo, e fanno abusi pazzeschi... Noi siamo stati maltrattati anche da Pescara con i manifesti e altro».
Poi, dopo un pensiero ai familiari in carcere per lo stesso agguato sanguinario del primo maggio («dai i miei più cari abbracci e baci ai miei cugini Angelo, Antonio e Luigi») il messaggio più importante, riquadrato e sottolineato: «Siamo innocenti», quasi a ribadire la linea difensiva cavalcata dai suoi legali, gli avvocati Franco Metta, del foro di Foggia e Antonio Valentini del foro dell'Aquila. Gli stessi legali che, prima di qualsiasi mossa, aspettano di conoscere l'esito degli accertamenti tecnico-scientifici fatti dal pool di esperti della Scientifica di Ancona, dopo che proprio la scorsa settimana hanno repertato tracce ematiche, un bulbo di capelli e cinque impronte all'interno della cucina di via Polacchi dove è stato ferito a morte con una calibro 38 Rigante e sulla Fiat 500 Abarth utilizzata dal commando rom per fuggire.
Decisivo e attesissimo, soprattutto, è l'incidente probatorio richiesto dal pm Salvatore Campochiaro per sottoporre a un confronto all'americana i nove testimoni con i cinque Ciarelli riconosciuti in prima battuta e arrestati per concorso in omicidio. Un confronto per il quale il gip Maria Michela Di Fine dovrebbe pronunciarsi a giorni.
Un passaggio chiave a cui proprio i quattro Ciarelli a cui ha rinunciato l'avvocato Sarodi dovranno presentarsi con un legale: se per Domenico resta il nome di Francesco Valentini, figlio dell'avvocato che difende Massimo, per gli altri tre, i fratelli Angelo, Antonio e Luigi, al momento resta in sella solo un legale di Termoli. Ma il giro di contatti è appena iniziato.
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