Un anno fa il delitto Rigante, Ciarelli: solo Dio sa
Giornata di festa al parco di Villa de Riseis per ricordare l'ultrà ucciso. Attesa per il processo che il 9 maggio dovrebbe entrare nel vivo. Ciarelli scrive dal carcere: tutti devono attendere con serenità l’esito del giudizio
PESCARA. Un anno. Nel primo anniversario dell’omicidio di Domenico Rigante (nella foto a destra), l’ultrà biancazzurro ucciso da un commando rom la sera di un anno fa in un appartamento al piano terra di via Polacchi, dove il 24enne stava guardando la partita con gli amici e il gemello, c’è il dolore per un figlio che non torna, ma anche l’attesa per il processo che il 9 maggio dovrebbe entrare nel vivo. Un’attesa, e un anniversario, che ognuna delle parti sta vivendo a modo suo. Da una parte la famiglia di Domenico, che per oggi ha organizzato al parco di Villa de Riseis una giornata dedicata a Domenico, all’insegna dell’amicizia e del ricordo, con la partita tra tifosi amici di Domenico e diversamente abili (alle 10,30), il pranzo e la messa nella chiesa di Sant’Andrea alle 19. Dall’altra Massimo Ciarelli (nella foto a sinistra) che dal carcere di Vasto dov’è rinchiuso dal 5 maggio scorso con l’accusa di aver ucciso Domenico, scrive tre lettere indirizzate al Centro, al questore Paolo Passamonti e al parroco di Fontanelle don Max Di Luca (che nei giorni scorsi era intervenuto a proposito dell’integrazione), invitando tutti «a non fare processi in piazza».
«Tutti devono attendere con serenità l’esito del processo», scrive al Centro Ciarelli facendo riferimento alla rissa sfiorata nella prima udienza in Tribunale lo scorso 16 aprile, con i rom che tirarono fuori i bastoni , «bisogna rispettare il dolore dei familiari della vittima, così come si chiede rispetto per il dolore dei familiari presenti per assistere il loro parente al processo». Premessa per arrivare a sostenere la tesi della difesa, e cioè che a Pescara non ci sarebbe la serenità ambientale necessaria per consentire il processo. E infatti scrive il rom: «Si sente solo odore di razzismo e non di richiesta di giustizia, con tutto quello che tali comportamenti potrebbero provocare sia a livello di ordine pubblico e di tranquillità di tutte le persone che sono nel processo». Tant’è che, al questore, Ciarelli scrive: «Noi siamo stati accusati di omicidio, non vogliamo essere condannati prima ancora del processo». E poi: «Denunciate solo gli zingari, chi non è zingaro ha carta bianca». In totale sei fogli in cui di fatto Massimo Ciarelli non fa mai riferimento ai fatti di quella tragica e maledetta sera di un anno fa, nata come risposta dei rom all’aggressione del giorno prima del gemello di Domenico ai danni di Massimo Ciarelli a Pescara Vecchia. L’unico accenno, Ciarelli lo fa nella lettera indirizzata a don Max: «Padre, la verità su questa storia solo Dio la sa». (s.d.l.)
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