Un fiume di penne nere Calca da togliere il fiato

Ieri già 200mila persone, necessario chiudere anche gli accessi pedonali Aperto lo stadio per dar sfogo alla ressa, Protezione civile in strada

L’AQUILA. La calca sul Corso dell’Aquila toglie il respiro e il fiume di cappelli con la penna scorre con esasperante lentezza. Ci siamo. La città, fra edifici puntellati e vicoli chiusi, ha il suo primo, vero impatto con i grandi numeri di questa storica Adunata.

Massimo Alesii, ufficio stampa dell’Adunata, azzarda già una prima stima per ieri: 200mila presenze, anche se numeri ufficiali non ce ne sono. Sta di fatto che centinaia di migliaia di persone dalla tarda mattinata di ieri e per tutto il giorno invadono ogni angolo del capoluogo, sottoposto a un autentico stress test in attesa dell’imponente quanto attesa sfilata di oggi.

Per evitare situazioni critiche vengono adottate misure di sicurezza straordinarie e non previste nel piano messo a punto nelle settimane precedenti al raduno. Si apre al pubblico lo stadio Fattori per consentire alla folla di avere uno spazio dove defluire con più ordine. Diverse strade del centro vengono chiuse a intervalli regolari per garantire un migliore deflusso e una adeguata sicurezza (anche se più di qualcuno è stato preso da attacchi di panico). Due o tre camion di ambulanti, inoltre, che causano un pericoloso effetto tappo, devono lasciare il posto loro assegnato. La prefettura, in serata, allerta la Protezione civile e i volontari si piazzano in strada per aiutare le forze dell’ordine a gestire il traffico.

L’assaggio della ressa lo ha anche chi, nel pomeriggio di questo secondo giorno in onore agli alpini d’Italia, prende parte alla messa solenne nella basilica di San Bernardino. Ressa per entrare nella chiesa riaperta il 2 maggio scorso – fuori gli alpini si accalcano già un’ora prima, ma le procedure di ingresso vengono ritardate per consentire un controllo con i cani degli artificieri dei carabinieri – altrettanta per uscire. La maggior parte dei fedeli deve rinunciare all’evento e assiste alla celebrazione dal maxi schermo posizionato nella piazza. All’interno della basilica, però, l’ordine è maniacale. Generali e autorità varie si sistemano ai primi banchi, i vessilli delle associazioni di tutta Italia fanno da cornice. La messa la celebra l’Ordinario militare per l’Italia, Santo Marcianò, insieme all’arcivescovo della diocesi dell’Aquila, Giuseppe Petrocchi. Sull’altare un’altra trentina tra sacerdoti e cappellani militari, tra i quali monsignor Bruno Fasani, direttore dell’Alpino, rivista ufficiale dell’Associazione nazionale alpini. «In questo momento, San Bernardino», le parole di Fasani, «è il segnale dell’Aquila che risorge. Ho visitato la chiesa ristrutturata, è un inno di speranza, un canto al cielo che L’Aquila può risorgere. Andare a San Bernardino per gli aquilani penso che sia in questo momento identificarsi con un progetto di creazione nuova, anzi di ri-creazione».

Accanto ai vescovi il pluridecorato labaro nazionale delle penne nere e quello della sezione Abruzzi. Quest’ultimo sorretto dall’alpino Mario Rotellini di Paganica. «L’ho già portato a Pordenone, Treviso e in altri raduni», afferma Rotellini, «ma l’emozione che sto provando qui all’Aquila è unica».

L’arcivescovo Petrocchi legge il suo messaggio prima dell’inizio della funzione: «Carissimi alpini, la Chiesa dell’Aquila vi saluta con stima e simpatia: siate i benvenuti! Ci sono note la coinvolgente cordialità e la fattiva solidarietà che da sempre caratterizzano la vostra fisionomia, associativa e personale. La gente dell’Aquila vi vuole bene, lo sapete. E questo affetto, profondo e grato, ve lo siete guadagnato sul campo. Tutti, qui, ricordano la vostra prossimità concreta e la grande generosità che avete dimostrato nei giorni tristi del terremoto. Siete accorsi subito e con una dedizione commovente: sono forti, tra la nostra popolazione, i sentimenti di apprezzamento e di riconoscenza nei vostri confronti. Vi consideriamo di casa: perciò, sentitevi in famiglia tra di noi».

Anche l’Ordinario militare, Santo Marcianò, vuole ricordare l’operato degli alpini nei mesi successivi al sisma e rivolge un appello al governo Renzi. «Le vostre opere si vedono» dice agli alpini «mentre tanto resta da fare e per questo vorrei fare un appello al nostro governo affinché presto tutto, ma veramente tutto, qui all’Aquila, riprenda a vivere».

Prima della benedizione agli alpini e alla città dell’Aquila, ci sono una preghiera per i soldati caduti e un applauso per il coro che ha accompagnato la funzione.

Alla fine gli alpini che gremiscono la basilica cantano “Signore delle cime”.

Il sindaco Massimo Cialente, atteso dall’ennesima cerimonia, raccoglie gli ultimi abbracci e saluta tutti. «Eccellenza, passata la nottata?», domanda con un sorriso al prefetto Francesco Alecci. La risposta non arriva. Vista l’allegra calca di queste ore la vera nottata deve ancora passare.

©RIPRODUZIONE RISERVATA