Una cena all’Aquila La promessa a Biondi del Capo dello Stato 

Il dono del rosone di Collemaggio e l’invito a tornare presto Il tenore Mazzocchetti e l’inno eseguito con il mandolino

L’AQUILA. Cena all’Aquila. Non appena sarà possibile. Il desiderio del capo dello Stato, tra un sorriso e una stretta di mano, lo intercetta il sindaco Pierluigi Biondi, che s’illumina in volto quando sente dire dal presidente che nel capoluogo abruzzese si mangia bene. Quell’invito fatto – e a quanto pare accolto – a tornare presto in città sta tutto nel cenno della mano che il presidente Mattarella rivolge al piccolo drappello di cittadini che si raduna sotto le mantovane parasassi del cantiere dell’ex scuola De Amicis. Sopra le loro teste – cinica didascalia ereditata da un’installazione artistica del 2014, uno degli “Scarabocchi” giganti di Maicol&Mirco – l’enorme scritta: “Di cosa abbiamo paura? Di non sapere come stanno le cose! Di cosa abbiamo ancor più paura? Di sapere come stanno le cose”.
la folla lo acclama
«Presidente, presidente», lo chiamano gli aquilani da dietro il nastro bianco e rosso di una piazza del Teatro per tre quarti ancora da ripristinare. Oltre alla De Amicis, ci sono il teatro da ridare alla collettività e il palazzo all’angolo di via Verdi (di proprietà della Provincia), già sede universitaria di Scienze della formazione e, prima ancora, di Medicina. Ma oggi il tema non è la ricostruzione. Mattarella saluta da lontano ed entra nella sala.
orgoglio provinciale
Nella giornata dell’orgoglio provinciale sembra di ascoltare un unico coro: «Personale e risorse, grazie». Fa gli onori di casa il presidente della Provincia dell’Aquila Angelo Caruso, sindaco di Castel di Sangro. «L’iter è molto complesso», afferma. «Il che non permetterà una rapida definizione di tutti gli aspetti, da quello finanziario alle competenze che coinvolgono anche le Regioni. Nel 2024 dovremmo avere la legge delega, prima del decreto legislativo del governo». Per Ottavio De Martinis (sindaco di Montesilvano e presidente della Provincia di Pescara) «è un appuntamento spartiacque tra passato e futuro. Per strade e scuole abbiamo entrate esigue e la legge Delrio ha creato una transumanza di competenze verso altri enti. Dobbiamo tornare protagonisti». Per Francesco Menna (sindaco di Vasto e presidente della Provincia di Chieti) «le province chiedono chiarezza: impossibile pensare di amministrare, dal 2014, con meno 60% di dipendenti, 500 milioni di risorse in meno, una situazione ingestibile. E occorre tornare al voto diretto». Meno entusiasta Camillo D’Angelo (sindaco di Valle Castellana e presidente della Provincia di Teramo): «La proposta di riforma è troppo incentrata sulla modalità di elezione del presidente della giunta e poco sui contenuti. Serve il coraggio di spostare alcune deleghe oggi in capo alle Regioni e ridarle alle province come enti di raccordo territoriale e di prossimità. Riforma di contenuti, non distribuzione di poltrone».
mameli al mandolino
Il tenore pescarese Piero Mazzocchetti, affiancato dal prof Francesco Mammola di Pescocostanzo, propone il Canto degli Italiani accompagnato dal mandolino. «Una combinazione che al presidente Mattarella è piaciuta molto», dice. «Del resto, quando la musica è scritta bene, la si può contaminare anche se è l’inno nazionale. Per farlo fruire ai giovani e renderlo internazionale». Sono le 17,50 quando Mattarella (tra gli applausi e l’abbaiare della cagnetta Lilla, mascotte del centro storico) congeda la piccola folla con un altro cenno della mano e risale sull’Audi nera che lo porterà fino all’elicottero sulla rotta Preturo-Roma. Nel suo studio al Quirinale, da qualche parte, da ieri sera, c’è anche il rosone di Collemaggio.
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