Urbanistica, ecco le nuove regole Dopo 40 anni lo stop al cemento 

Per la maggioranza di centrodestra in Regione è in cima alla lista degli obiettivi di fine mandato Rappresenta un cambio epocale tra gli anni dell’espansione urbana e il consumo zero del suolo

L’AQUILA. Settanta pagine per 103 articoli: la nuova legge Urbanistica regionale che sostituisce la vecchia di 40 anni fa arriva domani in Consiglio regionale per essere approvata.
Per l’Abruzzo rappresenta un cambio di passo epocale che traghetta la regione dagli anni del consumo del suolo e dei processi di espansione urbana alle nuove esigenze di salvaguardia dell’ambiente. Ma per il centrodestra ha un valore aggiunto. La norma che rivoluziona le regole per costruire è infatti in cima alla lista del programma di fine mandato del presidente della Regione, Marco Marsilio.
Che farà l’opposizione di centrosinistra? La voterà senza battere ciglio dando un oggettivo bonus elettorale al centrodestra? Oppure darà battaglia anche se la nuova legge viaggia in piena sintonia con i programmi di governo di Pd e M5? Principi che si riassumono in tre parole: stop alla cementificazione. Lo scopriremo solo domani. Intanto entriamo in quelle settanta pagine articolate e complesse.
«Contenimento del consumo del suolo quale bene comune e risorsa non rinnovabile che preserva gli ecosistemi, anche in funzione della prevenzione e della mitigazione degli eventi di dissesto idrogeologico e delle strategie di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici». L’incipit è molto chiaro: la legge dà lo stop al cemento e si pone l'obiettivo del consumo di suolo a “saldo zero” da raggiungere in Abruzzo entro il 2050, cioè tra 27 anni.
Ma l’edilizia non si fermerà perché il consumo del suolo è comunque consentito al di fuori del perimetro del territorio urbanizzato «entro il limite massimo del quattro per cento della superficie complessiva del territorio urbanizzato a condizione che siano eseguiti interventi di desigillazione di pari misura all’interno del medesimo territorio urbanizzato». In altre parole: ciò che si costruisce da una parte deve corrispondere a quanto verrà tolto dall’altra. Così il saldo resta pari a zero.
È questa la colonna portante di una norma che, nelle premesse, può permettere alla maggioranza di andare in gol senza che il portiere della squadra rivale scenda in campo. Ma non è detto che tra le scuciture nella legge non si celi qualcosa che non piaccia alla minoranza, soprattutto per ciò che riguarda le deroghe urbanistiche. Anche se queste, da una prima lettura dei 130 articoli, appaiono più che giustificabili. «Non concorrono alla costituzione del consumo di suolo, specifica infatti la nuova norma, le opere pubbliche e quelle qualificate di interesse pubblico, gli interventi sul territorio rurale funzionali all'esercizio dell’attività agricola, gli interventi di edilizia residenziale sociale e infine i parchi urbani».
La parte riferita agli interventi di rigenerazione e riqualificazione urbana all’interno delle città potrebbe però celare quelle scuciture adatte all’opposizione. Prendiamo per esempio due passaggi della nuova legge che introducono ricchi premi di cubatura non poco impattanti. «I Comuni possono prevedere i casi e le condizioni per concedere un incremento volumetrico massimo fino al quaranta per cento rispetto all’esistente», si legge a metà della norma, “il valore massimo della misura premiale è incrementato di un dieci per cento della volumetria esistente qualora l'intervento realizzato abbia la qualificazione energetica in classe A e di un ulteriore quindici per cento in caso di qualificazione energetica superiore alla classe A». Così come incrementi di superficie vengono concessi, seppure nella misura ridotta del 20 per cento, per ampliamenti di edifici non residenziali, tra cui rientrano le grandi strutture commerciali, per le quali scatta un premio del 10% extra se l’intervento realizzato ha una qualificazione energetica in classe B e di un ulteriore dieci per cento se la classe energetica è di classe A.
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