Va in finanziaria, trova gli usurai
Un prestito per superare la crisi porta nel baratro un imprenditore.
PESCARA. Doveva essere un piccolo finanziamento per superare la crisi, è diventato un dramma infinito. La vicenda prende il via alla fine del 2007 e vede un imprenditore pescarese impantanato nelle sabbie mobili dell’usura. Sono coinvolti colletti bianchi e zingari, due finanziarie e una piccola imprenditrice del Chietino.
SCOPERTA CASUALE Il tutto è venuto alla luce perché alcuni assegni firmati dall’imprenditore vittima degli usurai sono stati trovati dagli uomini delle forze dell’ordine durante una perquisizione nell’abitazione di un pregiudicato. Una casualità che ha permesso di infrangere il massiccio muro dell’omertà e della paura e che, in breve tempo, potrebbe portare a clamorose conseguenze. Stupisce, ma solo di primo acchito, che la necessità economica iniziale dell’imprenditore fosse di modeste dimensioni: 15-20.000 euro che non ha potuto fronteggiare con i normali canali di credito per mancanza di beni immobili da porre in garanzia.
PROPOSTA DI MUTUO Le piccole necessità, alla metà del 2007, sono cresciute di 10.000 euro, tanto che l’imprenditore si è rivolto a quella che sembrava una struttura specializzata, ubicata a Porta Nuova, che nella realtà era una società di brokeraggio legata soprattutto a due finanziarie, una operante a Pescara e Lanciano e un’altra con sede principale a Napoli. Lì, a fronte della richiesta di un prestito di 35.000 euro, l’imprenditore si è sentito proporre un vero affare: un mutuo di 1.000.000 di euro per acquistare, a prezzo di favore, 600.000 euro, un immobile da utilizzare al piano terra per l’attività lavorativa e al primo piano come abitazione. La differenza, 400.000 euro, gli sarebbe rimasta in tasca e avrebbe risolto, in un attimo, tutti i suoi problemi di liquidità. La prospettiva di un mutuo risolvi-guai, tenuta sempre in caldo nelle stanze delle finanziarie, contribuirà a far sprofondare lo sprovveduto imprenditore.
SUBITO SOLDI IN NERO Il primo finanziamento è di 35.000 euro. Si tratta di un’erogazione-lampo: i soldi arrivano il giorno dopo la presentazione della domanda. La struttura dell’operazione, però, è tutt’altro che convenzionale: l’imprenditore deve girare subito il 10 per cento della somma, 3.500 euro, a un dipendente della finanziaria che la ritira per conto del broker, del quale si sa che è della provincia di Chieti e vanta una lunga esperienza lavorativa con una banca abruzzese. Come tutte le mazzette che si rispettano, si tratta di soldi in contanti. Il resto va restituito, con l’aggiunta di pesanti interessi, in sei mesi. L’impiegato compila direttamente gli assegni bancari sul carnet dell’imprenditore, che così entra ufficialmente nel giro delle vittime dell’usura. Il conto è presto fatto: a fronte di 35.000 euro finanziati, ne devono essere restituiti 40.200 più i 3.500 dati in nero. SECONDO PRESTITO Il lavoro che non decolla, le pesanti spese di gestione (stipendi, affitto, materie prime) e le uscite per ripagare le finanziarie costringono l’imprenditore a far ricorso a un secondo prestito. Impossibilitato a rivolgersi alle banche, la vittima ribussa agli usurai. In un attimo ottiene 30.000 euro con la stessa formula: il 10 per cento viene subito girato in nero all’impiegato, che di proprio pugno riempie gli assegni. Sono sei per un totale di quasi 37.000 euro, ai quali vanno sommati i 3.000 del nero.
TERRIBILE SPIRALE A quel punto, e dopo una manciata di mesi dal primo rapporto con le finanziarie, l’imprenditore è pressato da una morsa. Temendo il peggio, torna proprio in quegli uffici e ottiene un terzo prestito con la solita architettura. Ventimila euro, questa volta. Quasi tutti i soldi ricevuti vengono utilizzati per ripianare parte dei precedenti prestiti accesi con le finanziarie, che hanno in garanzia gli assegni postdatati. Senza fondi sul conto corrente, se quei titoli venissero portati all’incasso farebbero scattare la procedura del protesto. E, poi, c’è sempre la possibilità, sapientemente coltivata dal broker, dell’elargizione del mutuo milionario. Quello che risolverà tutti i guai. Da lì, il quarto prestito: 20.000 euro sull’unghia. Altri 2.000 in nero e altri sei assegni postdatati. Et voilà. Poi, il quinto finanziamento: 25.000. La struttura dell’operazione è la copia esatte delle altre: nero e firme sugli assegni. Sei mesi di tempo per onorare gli impegni.
SPUNTANO GLI ZINGARI Nella primavera del 2008, l’imprenditore è oberato dai debiti e per non finire protestato si rivolge a uno zingaro di Rancitelli. Chiede 10.000 euro e ne ottiene sull’unghia 7.500. I 2.500 mancanti sono gli interessi dell’usuraio, riscossi in anticipo. Il tutto viene garantito da un assegno di 10.000 euro.
MONTAGNA DI DEBITI In un solo mese, il maledetto marzo 2008, l’imprenditore deve tirare fuori più di 41.000 euro per rimborsare i cinque prestiti della finanziaria. Non ci arriva. Ha bisogno di altre risorse e trova una sola persona disposta a dargli il denaro: lo zingaro. Gli viene applicato un tasso d’interesse del 50 per cento mensile. Prendere o lasciare. Prende.
ASSEGNO SCOPERTO Lo zingaro non fa sconti e ha pochissima pazienza. Non ricevendo i soldi dall’imprenditore, porta l’assegno scoperto all’incasso. Succede un casino con la banca e, così, l’imprenditore si rimette a caccia di soldi. Torna al broker, che lo rispedisce alle solite finanziarie per il sesto prestito. Stavolta è di 25.000 euro, da restituire in due mesi. Come al solito, il 10 per cento in nero finisce cash nelle tasce del mediatore.
C’È ANCHE UNA DONNA Durante un incontro, il broker presenta una donna all’imprenditore. Anche lei ha bisogno di soldi ma non può appoggiarsi alle finanziarie. L’imprenditore viene convinto a rivolgersi agli zingari che, a fronte del prestito, gli chiedono di fare da garante. Lui accetta e si complica ulteriormente la vita perché la donna, piccola imprenditrice, non ce la fa a pagare.
COINVOLTI I PARENTI Inseguito da zingari, finanziarie e banca, la vittima dell’usura, su suggerimento del broker, coinvolge sua moglie, un parente e un amico. Costoro, nell’ambito delle solite finanziarie, ottengono prestiti per un ammontare complessivo di 65.000 euro, garantiti da una montagna di cambiali. La moglie e il parente devono consegnare il solito 10 per cento, mentre l’amico, non si sa perché, viene dispensato. Tanti soldi, ma insufficienti per tappare tutte le falle. Le richieste degli zingari, tra l’altro, si fanno ogni giorno più insistenti, minacciose e plateali. L’imprenditore viene raggiunto a più riprese sul posto di lavoro e affrontato a muso duro davanti a tutti.
«BUCO» ENORME La massa dei debiti è impressionante: un buco nero nella vita dell’imprenditore e della sua famiglia. Con gli zingari ammonta a 95.000 euro a fronte di prestiti per complessivi 30.000 euro. Con le finanziarie, invece, supera i 140.000 euro. E, poi, ci sono le cambiali firmate dall’imprenditrice e portate al broker per essere scontate: 35.000 euro.
TITOLO IN BIANCO L’imprenditore è alla mercé del broker e dei personaggi incrociati nelle due finanziarie anche perché ha consegnato loro un assegno privo di dati ma firmato. Viene minacciato a più riprese: se non soddisfa le loro richieste, riempiono il titolo e lo portano all’incasso per farlo finire tra i protesti.
PICCOLO MUTUO La disperazione aguzza l’ingegno e così la vittima dell’usura trova un modo ingegnoso per raccogliere soldi. Da una banca locale riesce a ottenere un mutuo di quasi 200.000 euro per acquistare la casa di proprietà del padre sulla quale, ovviamente, viene posta un’ipoteca. Con il denaro ottenuto, viene subito saldato il debito con gli zingari, ritenuti pericolosi.
SEQUESTRO Disperato, umiliato, con il futuro quasi compromesso, l’imprenditore trova un’inattesa scialuppa di salvataggio: è quell’assegno individuato in casa di un pregiudicato. Davanti agli uomini delle forze dell’ordine, che gli chiedono lumi, confessa tutto e denuncia i suoi aguzzini. Poi, si rivolge a un avvocato, Roberto Luciani del foro di Pescara, che prende la situazione di petto e, nel dicembre del 2008, ottiene dal pm titolare l’autorizzazione al sequestro delle cambiali in possesso delle finanziarie per un valore complessivo di 135.000 euro.
FONDO DI SOLIDARIETÀ È sempre l’avvocato Luciani a preparare la pratica per consentire all’imprenditore l’accesso al Fondo di solidarietà per le vittime dell’estorsione e dell’usura. La prefettura pescarese ha già espresso parere positivo e tra poco il Comitato antiracket dovrebbe completare l’iter burocratico ed elargire un mutuo di un milione di euro a sostegno dell’imprenditore.
SCOPERTA CASUALE Il tutto è venuto alla luce perché alcuni assegni firmati dall’imprenditore vittima degli usurai sono stati trovati dagli uomini delle forze dell’ordine durante una perquisizione nell’abitazione di un pregiudicato. Una casualità che ha permesso di infrangere il massiccio muro dell’omertà e della paura e che, in breve tempo, potrebbe portare a clamorose conseguenze. Stupisce, ma solo di primo acchito, che la necessità economica iniziale dell’imprenditore fosse di modeste dimensioni: 15-20.000 euro che non ha potuto fronteggiare con i normali canali di credito per mancanza di beni immobili da porre in garanzia.
PROPOSTA DI MUTUO Le piccole necessità, alla metà del 2007, sono cresciute di 10.000 euro, tanto che l’imprenditore si è rivolto a quella che sembrava una struttura specializzata, ubicata a Porta Nuova, che nella realtà era una società di brokeraggio legata soprattutto a due finanziarie, una operante a Pescara e Lanciano e un’altra con sede principale a Napoli. Lì, a fronte della richiesta di un prestito di 35.000 euro, l’imprenditore si è sentito proporre un vero affare: un mutuo di 1.000.000 di euro per acquistare, a prezzo di favore, 600.000 euro, un immobile da utilizzare al piano terra per l’attività lavorativa e al primo piano come abitazione. La differenza, 400.000 euro, gli sarebbe rimasta in tasca e avrebbe risolto, in un attimo, tutti i suoi problemi di liquidità. La prospettiva di un mutuo risolvi-guai, tenuta sempre in caldo nelle stanze delle finanziarie, contribuirà a far sprofondare lo sprovveduto imprenditore.
SUBITO SOLDI IN NERO Il primo finanziamento è di 35.000 euro. Si tratta di un’erogazione-lampo: i soldi arrivano il giorno dopo la presentazione della domanda. La struttura dell’operazione, però, è tutt’altro che convenzionale: l’imprenditore deve girare subito il 10 per cento della somma, 3.500 euro, a un dipendente della finanziaria che la ritira per conto del broker, del quale si sa che è della provincia di Chieti e vanta una lunga esperienza lavorativa con una banca abruzzese. Come tutte le mazzette che si rispettano, si tratta di soldi in contanti. Il resto va restituito, con l’aggiunta di pesanti interessi, in sei mesi. L’impiegato compila direttamente gli assegni bancari sul carnet dell’imprenditore, che così entra ufficialmente nel giro delle vittime dell’usura. Il conto è presto fatto: a fronte di 35.000 euro finanziati, ne devono essere restituiti 40.200 più i 3.500 dati in nero. SECONDO PRESTITO Il lavoro che non decolla, le pesanti spese di gestione (stipendi, affitto, materie prime) e le uscite per ripagare le finanziarie costringono l’imprenditore a far ricorso a un secondo prestito. Impossibilitato a rivolgersi alle banche, la vittima ribussa agli usurai. In un attimo ottiene 30.000 euro con la stessa formula: il 10 per cento viene subito girato in nero all’impiegato, che di proprio pugno riempie gli assegni. Sono sei per un totale di quasi 37.000 euro, ai quali vanno sommati i 3.000 del nero.
TERRIBILE SPIRALE A quel punto, e dopo una manciata di mesi dal primo rapporto con le finanziarie, l’imprenditore è pressato da una morsa. Temendo il peggio, torna proprio in quegli uffici e ottiene un terzo prestito con la solita architettura. Ventimila euro, questa volta. Quasi tutti i soldi ricevuti vengono utilizzati per ripianare parte dei precedenti prestiti accesi con le finanziarie, che hanno in garanzia gli assegni postdatati. Senza fondi sul conto corrente, se quei titoli venissero portati all’incasso farebbero scattare la procedura del protesto. E, poi, c’è sempre la possibilità, sapientemente coltivata dal broker, dell’elargizione del mutuo milionario. Quello che risolverà tutti i guai. Da lì, il quarto prestito: 20.000 euro sull’unghia. Altri 2.000 in nero e altri sei assegni postdatati. Et voilà. Poi, il quinto finanziamento: 25.000. La struttura dell’operazione è la copia esatte delle altre: nero e firme sugli assegni. Sei mesi di tempo per onorare gli impegni.
SPUNTANO GLI ZINGARI Nella primavera del 2008, l’imprenditore è oberato dai debiti e per non finire protestato si rivolge a uno zingaro di Rancitelli. Chiede 10.000 euro e ne ottiene sull’unghia 7.500. I 2.500 mancanti sono gli interessi dell’usuraio, riscossi in anticipo. Il tutto viene garantito da un assegno di 10.000 euro.
MONTAGNA DI DEBITI In un solo mese, il maledetto marzo 2008, l’imprenditore deve tirare fuori più di 41.000 euro per rimborsare i cinque prestiti della finanziaria. Non ci arriva. Ha bisogno di altre risorse e trova una sola persona disposta a dargli il denaro: lo zingaro. Gli viene applicato un tasso d’interesse del 50 per cento mensile. Prendere o lasciare. Prende.
ASSEGNO SCOPERTO Lo zingaro non fa sconti e ha pochissima pazienza. Non ricevendo i soldi dall’imprenditore, porta l’assegno scoperto all’incasso. Succede un casino con la banca e, così, l’imprenditore si rimette a caccia di soldi. Torna al broker, che lo rispedisce alle solite finanziarie per il sesto prestito. Stavolta è di 25.000 euro, da restituire in due mesi. Come al solito, il 10 per cento in nero finisce cash nelle tasce del mediatore.
C’È ANCHE UNA DONNA Durante un incontro, il broker presenta una donna all’imprenditore. Anche lei ha bisogno di soldi ma non può appoggiarsi alle finanziarie. L’imprenditore viene convinto a rivolgersi agli zingari che, a fronte del prestito, gli chiedono di fare da garante. Lui accetta e si complica ulteriormente la vita perché la donna, piccola imprenditrice, non ce la fa a pagare.
COINVOLTI I PARENTI Inseguito da zingari, finanziarie e banca, la vittima dell’usura, su suggerimento del broker, coinvolge sua moglie, un parente e un amico. Costoro, nell’ambito delle solite finanziarie, ottengono prestiti per un ammontare complessivo di 65.000 euro, garantiti da una montagna di cambiali. La moglie e il parente devono consegnare il solito 10 per cento, mentre l’amico, non si sa perché, viene dispensato. Tanti soldi, ma insufficienti per tappare tutte le falle. Le richieste degli zingari, tra l’altro, si fanno ogni giorno più insistenti, minacciose e plateali. L’imprenditore viene raggiunto a più riprese sul posto di lavoro e affrontato a muso duro davanti a tutti.
«BUCO» ENORME La massa dei debiti è impressionante: un buco nero nella vita dell’imprenditore e della sua famiglia. Con gli zingari ammonta a 95.000 euro a fronte di prestiti per complessivi 30.000 euro. Con le finanziarie, invece, supera i 140.000 euro. E, poi, ci sono le cambiali firmate dall’imprenditrice e portate al broker per essere scontate: 35.000 euro.
TITOLO IN BIANCO L’imprenditore è alla mercé del broker e dei personaggi incrociati nelle due finanziarie anche perché ha consegnato loro un assegno privo di dati ma firmato. Viene minacciato a più riprese: se non soddisfa le loro richieste, riempiono il titolo e lo portano all’incasso per farlo finire tra i protesti.
PICCOLO MUTUO La disperazione aguzza l’ingegno e così la vittima dell’usura trova un modo ingegnoso per raccogliere soldi. Da una banca locale riesce a ottenere un mutuo di quasi 200.000 euro per acquistare la casa di proprietà del padre sulla quale, ovviamente, viene posta un’ipoteca. Con il denaro ottenuto, viene subito saldato il debito con gli zingari, ritenuti pericolosi.
SEQUESTRO Disperato, umiliato, con il futuro quasi compromesso, l’imprenditore trova un’inattesa scialuppa di salvataggio: è quell’assegno individuato in casa di un pregiudicato. Davanti agli uomini delle forze dell’ordine, che gli chiedono lumi, confessa tutto e denuncia i suoi aguzzini. Poi, si rivolge a un avvocato, Roberto Luciani del foro di Pescara, che prende la situazione di petto e, nel dicembre del 2008, ottiene dal pm titolare l’autorizzazione al sequestro delle cambiali in possesso delle finanziarie per un valore complessivo di 135.000 euro.
FONDO DI SOLIDARIETÀ È sempre l’avvocato Luciani a preparare la pratica per consentire all’imprenditore l’accesso al Fondo di solidarietà per le vittime dell’estorsione e dell’usura. La prefettura pescarese ha già espresso parere positivo e tra poco il Comitato antiracket dovrebbe completare l’iter burocratico ed elargire un mutuo di un milione di euro a sostegno dell’imprenditore.