Verratti e il "moccica", è boom: invia la tua frase cult in dialetto abruzzese
L’espressione sfuggita al campioncino di Manoppello ai mondiali fa il giro del web, ma è inutile fare gli snob: “morde” non avrebbe espresso la rabbia provata e tutti noi abbiamo una nostra espressione cult in dialetto. Condividila tramite Facebook o su Twitter con l’hashtag #abruzzesemoccica
«Non ci sta che uno “moccica” e poi non viene cacciato». È bastata questa frase per assicurare a Marco Verratti una popolarità che supera i confini della tribù degli appassionati di calcio. Il centrocampista abruzzese (di Manoppello) della Nazionale, deluso per la sconfitta nella partita con l’Uruguay che ha significato l’esclusione dell’Italia dal Mondiale di calcio in Brasile, s’è abbandonato nella braccia dell'idioma madre, l’abruzzese, affidando a quel “moccica” la rabbia che provava e che l’italiano “morde” non avrebbe reso a pieno. Il video dell’intervista è diventato subito virale, come si dice in quel misto di italiano e inglese lingua ufficiale di Internet. Così gli italiani hanno scoperto un dialetto, l’abruzzese, che l’assenza di grandi comici ha sempre escluso dal circuito nazionale delle lingue delle piccole patrie.
Ma è inutile fare gli snob e ridere – anche noi che siamo abruzzesi – dell’incidente vernacolare di Verratti. Chi di noi non è mai inciampato – nel bel mezzo di un discorso in lingua (italiana) – nella pietra dello scandalo di una parola o di un modo di dire dialettali. È sulla base di questa semplice ammissione di “correità” che rivolgiamo ai nostri lettori un invito: inviateci (inserendo, usando Facebook, un commento sotto questo articolo , oppure tramite twitter usando l’hashtag #abruzzesemoccica) le espressioni, i modi di dire, le parole ricorrenti, i proverbi a cui ci aggrappiamo quando l'italiano che ci hanno insegnato a scuola ci viene meno e, a volte senza neanche rendercene conto, ricorriamo al salvagente della lingua materna, quella degli affetti, quella che parliamo in casa, il dialetto abruzzese (ma sarebbe meglio dire uno dei dialetti abruzzesi).
Sì, certo, è solo un gioco dell’estate, che però potrebbe riservare sorprese. Per esempio, quella di scoprire modi di dire diventati obsoleti, termini derivati dalla cultura contadina diventati incomprensibili e opachi come quelli di una di quelle lingue morte che ci facevano impazzire sui banchi di scuola. Non c’è nulla di cui vergognarsi, naturalmente, a parlare il dialetto. Tanto più che – come diceva un grande abruzzese, Ennio Flaiano – l’italiano è solo «quella lingua parlata dai doppiatori».
ED ECCO LE FRASI CULT CHE STATE POSTANDO SU FACEBOOK (clicca sul simbolo dei commenti - - per leggerli)
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