Videochat con ricatti «Vittime anche i politici»
Estorsioni online sempre più diffuse in Abruzzo, la media è di una denuncia al giorno L’ultima vittima un imprenditore pescarese 45enne. La Polpost: fate attenzione
di Simona De Leonardis
PESCARA Sono i rischi delle corna virtuali, del tradimento via web che apparentemente non fa danni e non lascia tracce. Fino a quando non arriva il ricatto e la situazione sfugge di mano. Ne sa qualcosa il comparto Abruzzo della Polizia postale che solo nell’ultimo mese ha raccolto in media una denuncia al giorno. Di imprenditori, politici, padri di famiglia, studenti universitari, impiegati e pensionati. Tutti accomunati dal ricatto delle videochat. Tutti accomunati dal terrore di vedere le proprie performance sessuali, fatte in apparente solitudine davanti a una webcam via Skype, diffuse su facebook o su youtube. Un fenomeno sempre più diffuso, come sottolinea il dirigente della Polpost Elisabetta Narciso che ha preso spunto dall’ultimo episodio per sensibilizzare i cittadini sui rischi del web. In particolare, sui rischi che si corrono acconsentendo alle richieste hard di avvenenti ragazze incontrate su chat per cuori solitari o falsi profili facebook. «L’ultimo caso», riferisce la dirigente, «è quello di un imprenditore pescarese di 45 anni arrivato nei nostri uffici per denunciare di essere stato vittima di richieste estorsive, ma prima di lui ci sono stati ragazzi, pensionati, politici e uomini in carriera». L’abbordaggio è sempre lo stesso. L’uomo in questione, che frequenta chat di incontro o semplicemente Facebook, viene contattato da ragazze, spesso africane o dell’Est Europa che iniziano a chiedere e a offrire confidenza in maniera sempre più equivoca e provocante, fino a instaurare un rapporto di fiducia e intesa che sfocia nella proposta di esperienze sessuali online. Da qui, le conversazioni e le foto postate su Facebook dalla donna o da chi per lei si spostano su Skype, e dall’altra parte dello schermo compare davvero una ragazza in carne e ossa. Naturalmente bellissima e seminuda (se non completamente nuda), che si cimenta in atti di autoerotismo per convincere l’interlocutore ad accendere a sua volta la webcam e a spogliarsi anche lui per fare sesso virtuale. E scatta la trappola. Perché a quel punto le immagini o il video dell’uomo vengono registrate e quindi utilizzate per estorcergli denaro. Cifre più o meno grandi, dai 200 ai 600 euro che per le vittime non sono niente rispetto al terrore di essere scoperte da figli, mogli o colleghi se, come minaccia l’avvenente ragazza, quel materiale sarà diffuso su youtube o tra gli amici di Facebook. Per questo, anche pagando la cifra richiesta tramite specifici servizi di trasferimento di denaro all’estero come Western Union o MoneyGram, la vittima dell’estorsione inizia a vivere nell’incubo, perché quel materiale continua a esistere e non è in suo possesso. Allora, come sta succedendo sempre più di frequente, si rivolge agli specialisti della polizia postale. Non solo per denunciare, ma soprattutto con la speranza che video e foto vengano cancellati definitivamente dal web. «Purtroppo non è possibile», riferisce la dirigente, «nel senso che una volta messi in rete, possiamo cancellare quei video solo dalle chat. Per questo non bisogna assolutamente acconsentire alle richieste ricevute via web. Chi lo fa deve essere consapevole che può venire registrato e ricattato, perché non si sa chi c’è davvero dall’altra parte». E pure quando si scopre, risulta essere in altri Paesi, addirittura in altri continenti (Marocco, Costa d’Avorio, Zimbabwe) dove l’intervento della polizia italiana diventa difficoltoso e complesso. «È un fenomeno sempre più diffuso che riguarda ogni fascia di età e i ceto sociale», ribadisce Narciso, «persone normalissime che evidentemente esprimono la loro sessualità così, dimenticando, però, che si tratta di rapporti virtuali che nascondono ben altri personaggi e situazioni». ©RIPRODUZIONE RISERVATA