Violenza sui figli, i genitori condannati dopo 16 anni

Pena di 10 e 8 anni ai coniugi pescaresi in Cassazione, scatta l’arresto della polizia Fino al 1998 i bambini abusati dal padre e dallo zio, la mamma sapeva tutto ma non denunciò

PESCARA. Marito e moglie, insieme, dovranno scontare 18 anni di carcere: 10 lui per violenza sessuale di gruppo, atti sessuali con minorenni e maltrattamenti in famiglia aggravati, 8 lei perché, pur sapendo, ha sempre taciuto per proteggere l’onore del marito e di suo fratello. Da giovedì scorso le strade dei coniugi pescaresi si sono divise: il marito, 63 anni, è stato rinchiuso nel carcere di San Donato a Pescara, la moglie, 49 anni, in quello di Madonna del Freddo a Chieti. A disporre l’arresto è stata una sentenza della Corte di Cassazione del 16 gennaio scorso che ha scritto la parola fine alla storia di una famiglia degradata che nella follia della sua quotidianità ha considerato normale violentare due bambini di 4 e 5 anni.

Dopo la sentenza della Cassazione, i coniugi sapevano che sarebbero finiti in carcere prima o poi: per evitare che fuggissero, la polizia ha tenuto sotto controllo l’abitazione fino a quando è arrivato il momento di eseguire l’ordine dei giudici. Marito e moglie stavano per mettersi a pranzo quando i poliziotti della squadra mobile, guidati dal capo Pierfrancesco Muriana, hanno bussato: «Mi butto di sotto, mi do fuoco», ha gridato il marito che per vivere fa l’imbianchino, capelli grigi e pizzetto sotto le labbra. La moglie, una che fa le pulizie, si è lasciata portare in questura quasi senza parlare. Dopo le foto segnaletiche con gli occhi rossi e gonfi di lacrime e prima di essere portati nelle celle, i due si sono abbracciati come fanno i ragazzini innamorati lasciandosi andare a un pianto dirotto: «Non potete dividerci». Una scena che ha lasciato senza parole anche i poliziotti. Perché le accuse sono quasi impossibili da comprendere.

Il caso risale al 1998 quando lo zio dei bambini, fratello del padre arrestato tre giorni fa, fu arrestato per le «ripetute» violenze sessuali. È indagando su questi episodi che gli investigatori arrivarono ai genitori: alle violenze non partecipò soltanto lo zio ma anche il padre dei bambini, all’epoca un maschietto di 4 anni e una femminuccia di 5. I bambini chiesero aiuto alla madre ma lei non fece niente: restò in silenzio per coprire le nefandezze del marito e del cognato. Nel 2001, con lo zio già in carcere, cominciò il processo a carico dei genitori accusati di violenza sessuale di gruppo in concorso con altri, atti sessuali con minorenni aggravati e maltrattamenti in famiglia aggravati in concorso: un processo simbolo della lentezza della giustizia italiana che è andato avanti fino al 2008 con la prima sentenza di colpevolezza. Nel 2012, la decisione della Corte d’Appello dell’Aquila e, due settimane fa, l’ultima verità giudiziaria ormai non più appellabile. I genitori sono stati anche condannati all’interdizione perpetua dalla potestà genitoriale e dai pubblici uffici.

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