«Vogliamo sapere la verità su Anna Carlini» 

La famiglia della donna morta nel tunnel della stazione chiede giustizia alla vigilia del nuovo processo

PESCARA. Alla vigilia del processo davanti ai giudici della Corte d'Appello dell'Aquila, fissato al prossimo 8 luglio, la famiglia di Anna Carlini, la donna affetta da disturbi psichici lasciata morire nel tunnel della stazione il 30 agosto del 2017 dai due romeni condannati, Nelu Ciuraru e Robert Ciorogariu, torna a chiedere giustizia per quell'assurda morte.
Anna venne violentata da Ciuraru e poi abbandonata alla sua agonia durata ore, mentre con una semplice telefonata, anche anonima, al 118, la donna poteva essere salvata. Secondo le sorelle della vittima, Isabella e Jessica Martello, non sarebbe stata ancora accertata la verità completa sulla vicenda. A cominciare dall'orario di ingresso nel tunnel della morte e proseguendo con il micidiale mix di alcol e medicine assunto dalla donna e che poi concorse a provocarne il decesso.
Anna era astemia e l'ipotesi sollevata dalle sorelle è quella che sia stata costretta a ingerire l'alcol con le medicine che assumeva regolarmente per le sue condizioni psichiche, ma non in quelle quantità, per poi poter abusare di lei. Dubbi che l'avvocato di parte civile, Carlo Corradi, solleverà di nuovo in sede di appello.
Intanto nel ricorso presentato ai giudici aquilani, la difesa di Ciuraru mette in dubbio anche un passaggio scontato che riguarda gli accertamenti svolti sul dna trovato nel corpo della vittima, risultato compatibile con quello di Ciuraru: vale a dire la certezza quasi matematica che Ciuraru abbia violentato la Carlini.
Il processo di appello si terrà in presenza e il procuratore generale ha già presentato le sue richieste di conferma delle condanne di primo grado inflitte dal tribunale di Pescara. Ciuraru è stato condannato a 11 anni e mezzo di carcere per violenza sessuale e omissione di soccorso, Ciorogariu a 2 anni per la sola omissione di soccorso.
Nelle motivazioni i giudici pescaresi furono chiari nell'affermare che venne accertato che i due imputati «entrambi presenti insieme alla Carlini per tutto il tempo della sua lenta agonia, erano consapevoli della gravità delle condizioni di salute della stessa e, non allertando le forze di polizia o il soccorso medico, hanno consapevolmente omesso una condotta che sarebbe stata certamente idonea a evitare l'evento morte, ben avendo tutto il tempo necessario e trovandosi nelle condizioni di farlo».(m.cir.)
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