Addio Luciani, il presidente vulcanico

Il re del mattone con la passione del calcio: portò il Francavilla a San Siro contro l’Inter.

Emidio Luciani è morto ieri mattina all’ospedale di Verona. Aveva 77 anni, lascia la moglie Concetta e i figli Cristina e Lorenzo. I funerali sono in programma domani pomeriggio, con inizio alle ore 15,30, nella chiesa di San Franco. E’ stato presidente del Francavilla calcio per circa 25 anni, l’ha portato dalla Prima categoria fino alla serie C1. Ma, soprattutto, è stato l’imprenditore edile che ha cambiato il volto urbanistico della città. Da un paio d’anni combatteva contro un tumore che l’ha stroncato nella città adottiva della figlia Cristina. Era andato a trovarla una decina di giorni fa; prima di ripartire per Francavilla è stato colto da un malore ed è stato costretto al ricovero in ospedale. Emidio Luciani ha fatto la storia di Francavilla. Personaggio discusso e popolare. Ha costruito mezza città. E’ partito dal nulla, da un’impresa a gestione familiare lasciata dal papà Vincenzo morto nel 1953. Ha preso in mano le redini, essendo più grande del fratello Sergio, e, con il passare del tempo, ha allargato l’azienda fino a diventare il re del mattone. Ha costruito a Francavilla, ma anche fuori dai confini cittadini.

In Abruzzo e in Italia. “Il tuo futuro in una casa Luciani” è stato uno degli slogan che ha accompagnato l’ascesa imprenditoriale. Nel 2002 è rimasto impigliato nelle maglie di Tangentopoli. E’ stato arrestato su ordine della Procura di Potenza per presunte tangenti per la costruzione del palazzo dell’Inail nel capoluogo lucano. Una vicenda dalla quale è uscito pulito a distanza di anni. «Ho sistemato tutto, sono a posto», disse in un’intervista pubblicata dal Centro l’8 dicembre 2007. «In Italia perdonano tutto. Ma proprio tutto. Tranne il successo». Nel suo caso, popolarità e prestigio erano dovuti anche al calcio. Emidio Luciani, infatti, è stato il presidente del club giallorosso, l’ha portato dalla Prima categoria alla serie C1. «E’ stato un mio cugino a invogliarmi. “Hai soldi per farlo, perché non dai una mano al Francavilla?” E così è stato».

Sotto la sua gestione, ha sfidato l’Inter di Rummenigge a San Siro in una gara di coppa Italia. Era l’agosto del 1984 quando il mondo del calcio ha scoperto la creatura di questo imprenditore edile tanto vulcanico negli atteggiamenti. E’ stato anche consigliere di Lega sotto la gestione del presidente Cestani. Dal 1978 al 1993 ha oscillato tra la C2 e la C1, sfiorando il grande salto in serie B. Ha anticipato quello che poi sarebbe diventato il fenomeno Castel di Sangro nel 1996. Ha fatto calcio, partendo sempre dal settore giovanile che ha sfornato fior di talenti. Da Fabio Lupo ad Augusto Gabriele, passando per Mario Donatelli, Silvio Giampietro e Alessandro Del Grosso. Persongaggio vulcanico, poco incline ai compromessi. Lui stesso si definiva irruento.

Difficile il rapporto con gli allenatori. «Non volevo fare la formazione, ma mi piaceva dare consigli», raccontava a distanza di anni dall’abbandono, consumatosi nel 1994. Altrettanto difficile il rapporto con i giornalisti. Di tanto in tanto, imponeva il silenzio stampa ai tesserati. Al mercato dava del tu a tutti, anche ai signori del calcio. Di Luciano Moggi disse: «Mi ha fatto vendere il centravanti Marco Rossi al Parma per 1,5 miliardi e non mi ha chiesto mai una lira. Io gli segnalavo i giovani più interessanti della zona, non mi ha mai dato fregature». Rapporto confidenziale anche con Ariedo Braida, ora dg del Milan. Tra gli amici nel mondo del calcio, soprattutto, Costantino Rozzi, compianto presidente dell’Ascoli. «E’ quello che ho più stimato», disse nell’intervista al Centro di due anni fa. Negli ultimi anni si divideva tra Francavilla e Verona, ma sempre lontano dalla vita pubblica. Scriveva tanto. Aveva annotato le sue memorie, quelle di imprenditore e di presidente del Francavilla.