Lanciano

Angelucci: «Di Stanislao ora deve pagarmi»

«Se ha la forza per andare avanti deve saldare il credito altrimenti si faccia da parte»

 LANCIANO. Adesso parla Riccardo Angelucci. E, per la prima volta, racconta la sua verità a un anno dalla cessione del Lanciano. Della somma pattuita, 700mila euro, nemmeno l’ombra. E così l’ex presidente vuota il sacco. Lo fa dopo alcuni incontri a vuoto con Di Stanislao, regalando una novità: «Ci sono degli imprenditori disposti a rilevare il Lanciano nel caso in cui Di Stanislao volesse cederlo». Una novità destinata a scuotere la piazza.

 Angelucci, è vero che è arrabbiato con Paolo Di Stanislao?
 «Sì, molto. Ora sono stufo di aspettare. La pazienza è finita».

 Lei, la mamma Ida e Mario La Pietra avete venduto il Lanciano per 700mila euro pagabili in rate da 50mila euro. Quante ne sono state saldate?
 «Nemmeno una».

 E come mai ha atteso un anno per arrabbiarsi?
 «Per tanti motivi».

 Prego, li elenchi.
 «Prima di tutto per non creare problemi alla squadra, impegnata nella rincorsa alla salvezza. Il caso del Pescara degli ultimi mesi è emblematico in tal senso».

 E poi?
 «Per consentire alla società di andare avanti senza ulteriori polemiche; per permetterle l’iscrizione al campionato senza problemi. E comunque per non dare fastidio al Lanciano».

 Addirittura!
 «Sì, proprio così. Per noi Angelucci il Lanciano è un qualcosa di caro. Sarò sempre un tifoso del Lanciano, indipendentemente dal nome del proprietario e dai miei rapporti con lui».

 Con Di Stanislao ha parlato?
 «Certo, c’è stato un rinvio dietro l’altro. Non gli ho voluto creare grane, tant’è che pubblicamente non mi sono mai esposto».

 Addirittura in città si è anche adombrata l’ipotesi di una connivenza tra lei e Di Stanislao?
 «Balle. E comunque dopo l’iscrizione al campionato l’ho chiamato e gli ho detto che era ora di fare i conti».

 E’ vero che lei ha chiesto il sequestro delle azioni del Lanciano?
 «No, nella maniera più assoluta».

 E’ vero che lei ha avviato la procedura di pignoramento presso la Bamag Italia Spa che ha garantito l’operazione per conto di Di Stanislao con una fideiuissione?
 «Questo è vero, la procedura è stata avviata nei giorni scorsi».

 Tornando al nocciolo della questione, perché si è arrabbiato?
 «Perché mi deve pagare Di Stanislao e, invece, lui si sottrae al confronto. Penso di poter ottenere la riscossione del mio credito, ma voglio che sia lui a darmi i soldi. Non la Bamag».

 Di Stanislao dice sempre che sistemerà tutto con lei.
 «Lo dice, ma non l’ha ancora fatto».

 Quando vi siete parlati l’ultima volta?
 «Prima di Ferragosto».

 E che cosa gli ha detto?
 «Che mi deve pagare».

 Tutto qui?
 «Gli ho fatto un discorso».

 Ovvero?
 «Se lui ha la forza per andare avanti benissimo: mi paga e prosegue l’avventura con il Lanciano. E io sono la persona più felice al mondo».

 Altrimenti?
 «Gli ho sottoposto un’alternativa: lui cede la società a un gruppo di amici e questi salderanno il mio credito».

 Sta dicendo che ci sarebbero degli imprenditori pronti a subentrare?
 «Sì, c’è gente disposta a fare calcio a Lanciano, ma solo se l’operazione avviene in breve tempo».

 Davvero ha detto queste cose a Di Stanislao?
 «Certamente. Gli ho chiesto di pensarci e di farmi sapere. Mi doveva chiamare il 16 agosto, ovviamente non l’ha fatto».

 E’ possibile immaginare un ritorno di Riccardo Angelucci nel Lanciano?
 «E’ possibile, ma solo con una piccola quota per affiancare degli amici, eventualmente si verificassero le condizioni. Ho proposto questa soluzione che potrebbe accontentare tutti: la piazza di Lanciano che avrebbe continuità, Di Stanislao, nel caso non avesse più la forza per andare avanti, e il sottoscritto che vanta un credito di non poco conto».

 E se Di Stanislao non volesse cedere?
 «Liberissimo di farlo. Vorrebbe dire che ha i soldi per andare avanti e, quindi, anche per pagarmi».

 Di Stanislao sostiene che ci sarebbero dei debiti fuori bilancio.
 «Nel contratto di cessione delle quote non è stata inserita alcuna clausola riguardante i costi extra. Ma, verbalmente, l’ho rassicurato: “Se esce qualche debito non contabilizzato me la vedo io”. E non mi tiro indietro. Tant’è che gli ho detto di farmi un quadro e di stabilire una somma da defalcare dall’importo dovuto per la cessione della società. Il problema è che lui non ha pagato nemmeno una rata di quanto stabilito».

 Pentito di aver ceduto il Lanciano?
 «No, perché oggi non è più possibile fare calcio in una certa maniera, così come l’ha fatto la famiglia Angelucci per dieci anni. Non ci sono più le condizioni economiche e ambientali».

 Che cosa significa?
 «Se sono un imprenditore ho il rispetto della gente; se sono il presidente di una squadra di calcio tutti si sentono autorizzati a insultarmi se i risultati non arrivano. Solo perché sono un personaggio pubblico? Se queste sono le regole del gioco io esco fuori dal gioco».

 L’anno scorso poteva cedere il Lanciano a Maio, un imprenditore frentano.
 «Anch’io volevo cederlo a Maio, la piazza premeva in tal senso. Ma non si sono verificate le condizioni».

 Che cosa significa?
 «Che le due offerte erano diverse, non paragonabili tra di loro».

 Lei a chi ha ceduto il Lanciano l’anno scorso?
 «Alla moglie di Di Stanislao, la signora Patrizia, e a Giuseppe Ielo».

 Non a Paolo Di Stanislao?
 «No, il suo nome sull’atto notarile non c’è».

 Come si sta dopo un anno senza calcio?
 «Meglio. Sono riuscito a dedicarmi di più all’azienda e alla famiglia. Fare calcio è stressante. Te ne accorgi soprattutto quando ne esci fuori».

 Adesso che cosa si aspetta da Di Stanislao?
 «Che prenda una decisione: o mi paga oppure si fa da parte».
 Altrimenti?
 «Sarò costretto a prendere tutte le iniziative del caso per tutelare i miei diritti».