Azzurri tra la gente nella città ferita

Entusiasmo per la Nazionale di Lippi, folla al Fattori e a Coppito.

L’AQUILA. Gli applausi, stavolta, sono per gli aquilani. E a battere le mani sono quelli che, di solito, li ricevono. I campioni del mondo del pallone in maglia azzurra guardano un po’ scossi, da dietro i vetri del pullman, le macerie del terremoto. Impossibile scendere, dicono gli organizzatori, per motivi di tempo. Poi, però, calano tra la gente e si mischiano un po’ a quel dolore, a quella sofferenza che si legge negli occhi di tutti. Si mescolano, per qualche ora, alle storie dei singoli che stanno dentro alla catastrofe mondiale del terremoto aquilano. Dopo i grandi della terra anche gli assi della Nazionale di calcio, in viaggio verso Pescara dove domani sera si gioca Italia-Olanda, fanno tappa all’Aquila, epicentro del dolore.

LA PROMESSA DI LIPPI. «Vi ho portato la Nazionale», ripete il ct azzurro, alla sua seconda visita in città dopo quella estiva, e ora alle prese con la lista dei 23 da portare in Sudafrica. Molti aquilani, però, avrebbero voluto vedere qui la Nazionale in una gara ufficiale. Ma, ripetono Figc e Protezione civile, lo stadio non avrebbe potuto reggere l’urto, neppure di un’amichevole, neppure in una città devastata dal terremoto. Allora, meglio accontentarsi di un allenamento a porte aperte che riempie gli spalti del Fattori, dove si contano oltre 5mila persone. Pieno il settore distinti baciato dal sole, qualche vuoto in tribuna e qualcuno di più in curva, dove però c’è sempre l’ombra. Il target è giovane. Un filone collettivo a scuola per vedere da vicino Buffon che, nonostante la febbre, prende posto nella stessa porta dove la giovanissima riserva rossoblù, l’esordiente Giambuzzi, parò un rigore contro il Casoli. E con Buffon anche Cannavaro, il capitano, il bomber Gilardino e con loro gli abruzzesi Grosso, De Sanctis e Rossi. La Nazionale sbarca all’Aquila alle 10. Il pullman tira dritto verso lo stadio. Al cancello trova già due ali di folla «armata» di telefonini e videocamere per filmare ogni attimo della visita. Gli azzurri s’infilano subito nello spogliatoio e un’ovazione li accoglie al loro ingresso in campo. La prima cosa che vedono, appena messi i piedi sul prato, è il grosso striscione degli ultrà dell’Aquila: «Le vittime del terremoto nel cuore rossoblù». Ma a scatenare l’entusiasmo dei ragazzi è la partitella.

«IO E PEZZOTTI». Accanto a tanti giovani c’è un ex giovane, Carlo Ciuffini, allenatore di calcio, che è qui per rincontrare un vecchio amico, Narciso Pezzotti, lo storico vice di Lippi. «Sono venuto apposta per salutarlo», dice Ciuffini. «Lui mi ha riconosciuto e gli ho ricordato i tempi di Chieti, 1966-67, presidente Guido Angelini. Lui era mediano mezzala titolare e io riserva. Sono contento che la Nazionale abbia fatto un omaggio alla città dell’Aquila».

DA NEPEZZANO. Accanto ai ragazzi delle scuole calcio dell’Aquila, dell’Amiternina, dell’Oratoriana e molti altri giovani tesserati delle società del circondario, c’è un gruppetto arrivato da Nepezzano. Sono in 70, tutti muniti di penna e taccuino per gli autografi. Li guida Valter Ciaffoni, responsabile della scuola calcio, che riesce a entrare in campo e a regalare a Lippi una ceramica di Castelli. Il ct della Nazionale riceve pure un calendario del fotografo Roberto Grillo, consegnato dalla giovane Alessia Lombardo di Onda Tv, un portachiavi col simbolo di Collemaggio e una «presentosa» per la moglie Simonetta consegnati dai cronisti sportivi Dante Capaldi e Adriano Cantalini e donati dal gioielliere aquilano Nino Cavallo. Il presidente della Federcalcio Giancarlo Abete, qui con l’aquilano Antonio Papponetti, vicepresidente del settore tecnico federale, riceve dal presidente dell’Aquila Elio Gizzi due maglie rossoblù.

ECCO I SOLDI. «Accoglienza splendida», commenta Abete, che poi parla di soldi. «L’incasso della partita di ottobre a Torino contro la Bulgaria», ricorda, «è stato già accantonato. Sono 300mila euro, li uniremo ai fondi stanziati dall’Uefa e li finalizzeremo a progetti, prevalentemente di natura sportiva. Il calcio, da solo, non può risolvere problemi strutturali di ricostruzione di un’intera provincia, ma oltre alla solidarietà i nostri progetti faranno da volàno anche alla ripresa economica». Nei prossimi giorni sarà inaugurato il campo federale «Nello Mancini», ristrutturato e attrezzato con l’erba sintetica. Sarà messo a disposizione delle squadre aquilane che hanno ancora grosse difficoltà legate all’impiantistica, nel passaggio-ritorno dalle tendopoli ai campi di calcio. Un intero girone di terza categoria, come ricorda il presidente regionale Figc Daniele Ortolano, è ancora fermo al palo e c’è ancora tanto da fare per far ripartire l’attività. «Ma l’impegno c’è, da parte di tutti». Anche la Federazione avrà una nuova casa, che ospiterà anche gli arbitri, costruita con criteri antisismici e 2 milioni di euro.

I CINQUE CAMPETTI. I campi sportivi sono stati usati dalla Protezione civile? Niente paura. Una mano arriva da cinque big del giro azzurro. Grosso, Oddo, Gattuso, Nesta e De Rossi regaleranno i «mini-pitch» del progetto Aic: mini-impianti sportivi polifunzionali in erba artificiale che porteranno il nome dei donatori. Due di queste strutture sono già operative. Tra un’intervista e l’altra c’è anche il tempo per una battuta su Cassano. «Il valore di un giocatore come lui non è mai stato messo in discussione da nessuno di noi della Figc, ma qui quello che conta è l’espressione di una squadra», chiosa Abete.

LA COPPA. A bordo campo la più cercata è la Coppa del Mondo vinta dagli azzurri nel 2006 a Berlino. Un trofeo che, poi, sarà spostato all’auditorium della Finanza di Coppito e che Lippi, salendo sul palco, accarezza per l’ennesima volta. Dopo un’ora e mezza di allenamento, il ct chiama a centrocampo i suoi atleti. È lì che scatta l’applauso «alla rovescia». Adesso, in mezzo al campo, sono i campioni del mondo ad alzare le braccia e a battere le mani verso gli aquilani. Gli aquilani rispondono alzandosi tutti in piedi. Parte anche l’inno di Mameli. Poi, all’uscita, è caccia all’autografo e alla foto, con gli azzurri che appaiono disponibili, più che altre volte, ad accontentare i ragazzi aquilani.

CANNAVARO E I RICORDI. Il pullman degli azzurri passa davanti alla Casa dello studente, a via XX Settembre, a via Campo di Fossa. E lì che gli assi del pallone sono di fronte al dramma vero, che continua a parlare da solo attraverso quei sassi. È un colpo per tutti ma specialmente per il capitano Fabio Cannavaro che rimane particolarmente turbato. Poi, a Bazzano, incontrando due giovani napoletani, Francesco Renzetti di 22 anni e Roberto Felice di 24, si lascia andare ai ricordi. «Nel 1980 avevo 7 anni e ho vissuto il terremoto a casa mia, a Napoli. Conosco la paura di questa gente per averla vissuta in prima persona. Ricordo che la mia casa non fu toccata dal sisma, ma bastava un lieve movimento del lampadario sul soffitto e quel terrore ti assaliva di nuovo. La gente, spaventata, dormiva in macchina anche se non ce n’era bisogno. L’abbiamo fatto anche noi. E poi so pure che la paura ti torna sempre, basta poco e torni a sentirla dentro». «E qui è stato terribile, te l’assicuro», gli dice Giuseppe, che posa con lui per una foto. «Ma la paura bisogna vincerla», lo saluta il capitano.

«PERMESSO?». I calciatori azzurri piombano nelle nuove case di Bazzano all’ora di pranzo. Alcuni, tra i quali Grosso, bussano alle porte delle abitazioni per salutare i residenti. Ci manca poco che si fermino a pranzo. Ma c’è da andare alla Finanza, dove c’è il pranzo a mensa, sì. Ma con gli altri sfollati, quelli che abitano dentro la caserma. Impossibile mangiare, oggi, per la comitiva azzurra. Travolti dall’entusiasmo della gente che se li trova fianco a fianco a tavola, gli azzurri scostano i piatti col riso e si mettono a firmare autografi, a chiacchierare, a farsi fotografare, a mandare saluti e baci anche al telefono. Un pasto del tutto particolare. Gli abruzzesi Grosso e De Sanctis mangiano insieme agli sfollati, mischiati tra la gente. Pranzo speciale anche per mamma Annalucia Mascioletti, a tavola insieme alla figlia Sofia De Pietra di 9 anni, che avevano la casa in zona rossa, e all’amichetta Giorgia Cicino. «Siamo state felicissime», dicono, «di aver potuto pranzare insieme a questi campioni della nostra terra. In particolare, Fabio si è dimostrato una persona in gamba e pronto ad ascoltare la nostra storia. Gli ho chiesto di non dimenticarci e di ricordare a Lippi di far ritornare la Nazionale all’Aquila». La giovanissima mamma Paola De Lucia fa tenere in braccio a Grosso i due gemellini Mirko e Leo nati il 17 settembre, sotto lo sguardo compiaciuto di nonno Stefano. Questa famiglia proviene da Roio.

BUFFON. Turbato nel ricordare il dramma del portiere tedesco Robert Enke («So cos’è la depressione»), il numero 1 azzurro ritrova il sorriso soltanto quando stringe tra le grosse mani una bambina con la tutina rosa che, tranquilla, continua a mangiare il suo panino all’olio. «Toccare con mano certe situazioni è importante ed è molto significativo», dice Buffon. «Nella zona rossa parlano le rovine, parla il terremoto e le costruzioni devastate e questo è bastato a regalarci delle emozioni importanti». Gli azzurri incassano il «grazie» del sindaco Massimo Cialente. «Dopo tutti questi mesi di lutti e disagi i ragazzi di Lippi hanno regalato momenti di allegria e di entusiasmo a tutta la città. Ancora una volta lo sport ha portato un’iniezione di ottimismo».

BERTOLASO NUMERO 10. Da un capitano all’altro. Cannavaro chiama sul palco Bertolaso, il quale ruba la scena al team azzurro e conclude con l’ennesimo trionfo personale quando gli regalano due magliette azzurre, una col 5 del difensore centrale e una personalizzata col 10. «Speriamo di rivederci qui a festeggiare un’altra Coppa del Mondo e L’Aquila che risorge». Poi, sulle maglie e sulla pensione annunciata. «Visto che devo cambiare maglia il problema era quello di decidere quale mettermi dovendo togliere questa della Protezione civile. L’unica che mi posso mettere è quella dell’Italia ma qui ci manca uno del team della Nazionale e allora, visto che non c’è nessun romanista, ci sono io. I ragazzi mi hanno dato la maglietta dell’Italia e noi abbiamo dato loro quella che hanno tutti addosso, della Protezione civile, due simboli di un’Italia bella e grande e che farà volare L’Aquila e l’Abruzzo». Lippi chiosa: «Io, fissato del gruppo, dico che voi ci insegnate come si fa a fare squadra».