Di Luca: «Ora sono io ad andare all’attacco»
«Quando avrei fatto la flebo? Forse in macchina scendendo dallo Zoncolan...»
PESCARA. Magari avrebbe voluto passare alla storia del ciclismo per la vittoria bis alla Liegi o a un Mondiale. Invece Danilo Di Luca, come Bosman, fa giurisprudenza per la sentenza del Gui che lo ha assolto dall’accusa di aver fatto una flebo o un’infusione di plasma al termine della tappa dello Zoncolan, quella che gli ha consegnato il Giro 2007. Dopo 7 mesi di calvario, il Killer va all’attacco.
Questa vittoria compensa i rospi che ha ingoiato?
«Sicuramente sto bene dopo la sentenza del Gui, ma assolutamente non compensa i sette mesi di inchiesta che mi sono costati la partecipazione la mondiale, l’esclusione dalla classifica del Pro Tour e dalla Liegi-Bastogne-Liegi senza avere la possibilità di difendere il primato dell’anno scorso. Adesso vado io all’attacco, con i miei legali».
E’ stata una sentenza storica, che fa giurisprudenza. Lei è entrato nel ciclismo, come Bosman nel calcio. Non si potranno fare inchieste sulla presunzione di colpevolezza, ci vorranno prove certe. «Una vittoria storica a casa del Coni. E, poi, non è giusto come sono stato trattato, non bisognava arrivare all’udienza del 16 aprile, anzi non doveva neppure cominciare tutto questo» Si ha l’impressione che solo i ciclisti paghino, tutte le altre componenti del mondo delle due ruote restano fuori.
«In molti mi sono stati vicini, mi hanno aiutato a resistere. Certo la mia vicenda ha ricompattato almeno la categoria dei corridori, ora dobbiamo fare qualcosa di importante, dobbiamo essere più tutelati, come negli altri sport». In questi mesi bui si sono schierati dalla sua parte anche tanti giornalisti. Ieri hanno parlato di sentenza giusta in molti, non solo sui quotidiani sportivi. «Quelli giusti erano con me, non quelli di parte. Sapevano come stavano le cose allo Zoncolan».
C’era effettivamente tempo per fare una flebo dopo la fine del tappone che ha deciso il Giro a suo favore?
«L’abbiamo raccontato anche alla procura del Coni, la squadra, i tecnici, tutti quelli che c’erano quel giorno sullo Zoncolan e naturalmente anch’io. Ma invano. Dopo l’arrivo, alle 17.30, c’è stata la premiazione, il primo controllo antidoping, la rituale conferenza stampa, poi con la macchina dalla cima della montagna siamo scesi, a velocità ridotta perché la strada era invasa dai tifosi che scendevano a valle. Siamo arrivati in albergo alle 19.30, c’è stata la seduta di massaggio fino alle 20.30, quindi ho fatto la doccia e alle 20.45 c’è stato il secondo controllo.
Quando la facevo la flebo?
In macchina, tra due ali di folla?» Ora si riprende a correre dopo il successo alla Settimana Lombarda, ma non andrà alla amatissima Liegi-Bastogne-Liegi. «No, purtroppo sono state già invitate 25 squadre. Non è possibile neppure un ripescaggio in extremis». Da domenica disputerà il Giro d’Oro e il Giro del Trentino. L’ultimo collaudo prima del Giro d’Italia.
Sarà l’organico Lpr a fare la corsa rosa?
«Più o meno è la stessa squadra, la dobbiamo testare, un paio di nomi li dobbiamo ancora decidere». Si sente tranquillo con l’organico approntato dal patron Fabio Bordonali? «Mi pare una squadra molto forte, sono poco conosciuti ma hanno grosse qualità, per loro è importante gareggiare con un capitano che ha vinto il Giro, danno il meglio».
Che Giro d’Italia è, visti i primi sopralluoghi?
«Più duro di quello dell’anno scorso, ma non mi fa paura, mi interessa solo arrivarci bene come l’anno scorso e sto sulla buona strada. L’ultima settimana sarà decisiva, l’anno scorso era la seconda». Il Giro torna in Abruzzo, a Pescocostanzo. «Qui in Abruzzo la tappa è molto importante perché corro in casa, potrei indossare la prima maglia rosa, il percorso che mi si addice, ci vado qualche volta ad allenarmi, la settimana scorsa ho fatto il sopralluogo». Chi ha vinto da quelle parti, poi ha vinto il Giro d’Italia, come Chioccioli a Roccaraso. «Speriamo che porti fortuna anche a me».
I favoriti della corsa rosa? «Innanzitutto il mio compagno di squadra Savoldelli che ha vinto due volte. Cresce giorno per giorno. Non ci sarà Cunego, ci sarà ancora Simoni a dispetto dell’età, ci sarà l’immancabile straniero che spunterà a sorpresa, Riccò, Piepoli, Pelizzotti e Nibali». La tappa decisiva? «Più di una, il Fedaia e quella che finisce sotto l’Aprica dopo aver scalato Gavia e Mortirolo».
E poi le Olimpiadi?
«E’ ancora presto per decidere ma non credo». E allora il mondiale. «Punto di più al mondiale». Il primo rospo da digerire dopo l’eslusione dell’anno scorso a due giorni dalla prova.
Questa vittoria compensa i rospi che ha ingoiato?
«Sicuramente sto bene dopo la sentenza del Gui, ma assolutamente non compensa i sette mesi di inchiesta che mi sono costati la partecipazione la mondiale, l’esclusione dalla classifica del Pro Tour e dalla Liegi-Bastogne-Liegi senza avere la possibilità di difendere il primato dell’anno scorso. Adesso vado io all’attacco, con i miei legali».
E’ stata una sentenza storica, che fa giurisprudenza. Lei è entrato nel ciclismo, come Bosman nel calcio. Non si potranno fare inchieste sulla presunzione di colpevolezza, ci vorranno prove certe. «Una vittoria storica a casa del Coni. E, poi, non è giusto come sono stato trattato, non bisognava arrivare all’udienza del 16 aprile, anzi non doveva neppure cominciare tutto questo» Si ha l’impressione che solo i ciclisti paghino, tutte le altre componenti del mondo delle due ruote restano fuori.
«In molti mi sono stati vicini, mi hanno aiutato a resistere. Certo la mia vicenda ha ricompattato almeno la categoria dei corridori, ora dobbiamo fare qualcosa di importante, dobbiamo essere più tutelati, come negli altri sport». In questi mesi bui si sono schierati dalla sua parte anche tanti giornalisti. Ieri hanno parlato di sentenza giusta in molti, non solo sui quotidiani sportivi. «Quelli giusti erano con me, non quelli di parte. Sapevano come stavano le cose allo Zoncolan».
C’era effettivamente tempo per fare una flebo dopo la fine del tappone che ha deciso il Giro a suo favore?
«L’abbiamo raccontato anche alla procura del Coni, la squadra, i tecnici, tutti quelli che c’erano quel giorno sullo Zoncolan e naturalmente anch’io. Ma invano. Dopo l’arrivo, alle 17.30, c’è stata la premiazione, il primo controllo antidoping, la rituale conferenza stampa, poi con la macchina dalla cima della montagna siamo scesi, a velocità ridotta perché la strada era invasa dai tifosi che scendevano a valle. Siamo arrivati in albergo alle 19.30, c’è stata la seduta di massaggio fino alle 20.30, quindi ho fatto la doccia e alle 20.45 c’è stato il secondo controllo.
Quando la facevo la flebo?
In macchina, tra due ali di folla?» Ora si riprende a correre dopo il successo alla Settimana Lombarda, ma non andrà alla amatissima Liegi-Bastogne-Liegi. «No, purtroppo sono state già invitate 25 squadre. Non è possibile neppure un ripescaggio in extremis». Da domenica disputerà il Giro d’Oro e il Giro del Trentino. L’ultimo collaudo prima del Giro d’Italia.
Sarà l’organico Lpr a fare la corsa rosa?
«Più o meno è la stessa squadra, la dobbiamo testare, un paio di nomi li dobbiamo ancora decidere». Si sente tranquillo con l’organico approntato dal patron Fabio Bordonali? «Mi pare una squadra molto forte, sono poco conosciuti ma hanno grosse qualità, per loro è importante gareggiare con un capitano che ha vinto il Giro, danno il meglio».
Che Giro d’Italia è, visti i primi sopralluoghi?
«Più duro di quello dell’anno scorso, ma non mi fa paura, mi interessa solo arrivarci bene come l’anno scorso e sto sulla buona strada. L’ultima settimana sarà decisiva, l’anno scorso era la seconda». Il Giro torna in Abruzzo, a Pescocostanzo. «Qui in Abruzzo la tappa è molto importante perché corro in casa, potrei indossare la prima maglia rosa, il percorso che mi si addice, ci vado qualche volta ad allenarmi, la settimana scorsa ho fatto il sopralluogo». Chi ha vinto da quelle parti, poi ha vinto il Giro d’Italia, come Chioccioli a Roccaraso. «Speriamo che porti fortuna anche a me».
I favoriti della corsa rosa? «Innanzitutto il mio compagno di squadra Savoldelli che ha vinto due volte. Cresce giorno per giorno. Non ci sarà Cunego, ci sarà ancora Simoni a dispetto dell’età, ci sarà l’immancabile straniero che spunterà a sorpresa, Riccò, Piepoli, Pelizzotti e Nibali». La tappa decisiva? «Più di una, il Fedaia e quella che finisce sotto l’Aprica dopo aver scalato Gavia e Mortirolo».
E poi le Olimpiadi?
«E’ ancora presto per decidere ma non credo». E allora il mondiale. «Punto di più al mondiale». Il primo rospo da digerire dopo l’eslusione dell’anno scorso a due giorni dalla prova.