PALLA AL CENTRO
Juve: i rischi di Agnelli, la centralità del club
La separazione (nei fatti un esonero) tra la Juventus e Max Allegri dà il via al valzer delle panchine che coinvolge la gran parte della serie A. Cinque anni sono tanti per un allenatore, anche se colleziona undici trofei, ha una media punti di 2,41 e ha, di fatto, alzato lo spessore della squadra, portandola a dire la sua in Europa. Nel calcio che brucia tutto e tutti cinque anni sono un’eternità, perché poi un tecnico non sa più come “spremere” i giocatori oppure non riesce a motivarli. Quindi, rivoluzione o cambio dell’allenatore. Sembrava un azzardo Allegri al posto di Conte nel 2014, dopo tre scudetti. E, invece, Andrea Agnelli e la Juve hanno avuto ragione. Nel tempo, hanno continuato a vincere in Italia e compiuto un deciso salto di qualità oltre i confini. Una crescita nei trofei e nei numeri dei bilanci. Con un errore: l’equazione secondo la quale bastava l’arrivo di Ronaldo per vincere la Champions. Certe cose puoi pensarle, ma non dirle. Men che meno all’inizio della stagione a Villar Perosa, indicando la coppa dalle grandi orecchie come un obiettivo. E così caricando squadra e Allegri di una pressione di cui non si avvertiva la necessità. Troppa pressione. Che poi ha indotto i tifosi a pensare che l’eliminazione ai quarti sia colpa di Allegri. Sbagliato. E le critiche dei tifosi hanno, inevitabilmente, agevolato una decisione che ci può stare. Appunto perché i matrimoni di lavoro alla lunga subiscono un logorio fisiologico. Ora, però, a differenza della scommessa (vinta) del 2014, c’è un margine di rischio molto più elevato per Agnelli e la Juve, perché chiunque arriverà in panchina dovrà fare i conti con i campionati vinti da Allegri e per fare meglio c’è una sola via: conquistare la Champions. Un qualcosa difficilmente programmabile, legato a troppe variabili. A meno che nella testa della triade Agnelli-Nedved-Paratici frulli un’idea: chiedere al nuovo allenatore, attraverso un gioco più efficace (bello non si adatta alla Juve che ha un solo obiettivo: vincere), quell’ulteriore salto di qualità necessario per prendersi la Champions. Detto ciò, Agnelli ha ribadito un concetto: la centralità della società rispetto ai dipendenti che passano e contribuiscono a scrivere la storia. Questo sì è il vero segreto per spiegare otto anni di trionfi.
@roccocoletti.
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