PALLA AL CENTRO
L'eterna sfida tra filosofie
È accaduto nello stesso giorno, sabato: in Premier il City di Pep Guardiola ha perso il derby di Manchester scivolando a meno 14 dalla capolista Liverpool; in serie A, invece, la Juventus di Sarri ha incassato la prima sconfitta stagione, scendendo a meno due dall’Inter prima della classe, dopo aver disputato i primi trenta minuti contro la Lazio ad alti livelli. Dei due chi è messo peggio, certamente, è Guardiola che può già virtualmente dire addio al sogno di vincere la terza Premier di fila. Per Sarri, invece, è il primo stop che, però, certifica la difficoltà di far decollare un progetto, il cosiddetto sarrismo, nella Juventus. Al di là dei risultati del campo. Tutto ciò avviene al termine della settimana caratterizzata dall’intervista di Massimiliano Allegri al Corriere della Sera in cui l’ex tecnico juventino ribadisce ed esalta alcuni valori a lui cari: conta la qualità dei giocatori più che gli schemi, rivendicando la bontà del calcio verticale rispetto al tiki taka. E, infine, individua uno dei mali del calcio italiano nella povertà di dirigenti a un certo livello. Analisi lucida e spietata del movimento italiano. Le difficoltà di Guardiola e Sarri danno fiato a chi predilige il calcio più tradizionale. Meno bollicine e più concretezza. L’Inter, ad esempio, fa leva sulla forza della difesa e si esalta in contropiede. Con tre passaggi, se necessario, passa da un’area all’altra valorizzando le caratteristiche dei suoi attaccanti. Lo stesso fa Klopp in Inghilterra potendo contare su un tridente d’attacco del calibro di Manè-Firmino-Salah e dietro su un armadio come Van Djik. Il suo Liverpool è uno spettacolo di intensità, organizzazione e tecnica. Probabilmente, tra risultatisti e giochisti la verità sta in mezzo. L’allenatore più bravo è quello che riesce a capire le caratteristiche dei propri giocatori e ad esaltarle all’interno di un’organizzazione di gioco. Sembrerà una considerazione banale, ma andrebbe ricordata a quelli che pensano di adattare i giocatori al proprio gioco. Agli integralisti. A quelli che il calcio è solo organizzazione. A costo di ingabbiare il talento del calciatore. Il pallone è semplice, non va reso più complicato di quello che è.
@roccocoletti1.
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