Pescara
L'ex vicepresidente Oliveri: «Non so quando, ma un giorno tornerò»
«Che errore le cessione del Pescara! Vorrei ricominciare a fare calcio»
PESCARA. «Il rimpianto più grande è quello di aver ceduto il Pescara». Ad Antonio Oliveri brillano gli occhi quando apre l’album dei ricordi. Il 52enne imprenditore trapiantato a Giulianova è stato per più di tre lustri il vicepresidente del Pescara, accanto a Pietro Scibilia, il suocero e storico patron del club biancazzurro.
Dopo 13 anni dal suo addio al calcio, forse la nostalgia sta prendendo il sopravvento. «La cessione della società è una cosa che non mi perdonerò tanto facilmente, perché andati via noi sappiamo tutti che fine ha fatto il Pescara. In quel periodo dovevamo essere bravi a resistere. La posizione di mio suocero, però, è stata determinante per la scelta finale»
Oliveri, le piacerebbe tornare a fare calcio?
«Sì, ho voglia di tornare, anzi, non ho mai smesso di pensarci. Se dovessi rientrare, però, lo farei solo per il Pescara. Col tempo vedremo cosa succederà, i tempi non sono maturi...»
Su che basi costruirebbe la sua società?
«Sui giovani e sul vivaio. Scovare, crescere e lanciare nuovi talenti. Non venderli subito, ma puntarci per un progetto duraturo nel tempo. Un mix tra il lavoro dell’Atalanta e quello dell’Udinese, due società modello che stimo tanto».
Ha avuto dei contatti con il presidente Sebastiani per entrare nel Delfino?
«Non ho mai parlato con lui per prendere la società. Insieme nel Pescara? Perché no, se c’è unità d’intenti io sono disposto a lavorare in coppia».
Come è cambiato il calcio a Pescara?
«Negli ultimi dieci anni parecchio. Unire tanti imprenditori locali è stata una buona idea, anzi, ottima, ed è stato un peccato che sia durato poco quel tipo di progetto. Tanti imprenditori possono dare stabilità e sicurezza alla società, negli anni».
Se l’aspettatava una contestazione così dura nei confronti di Sebastiani?
«No, lo scorso campionato è stato deprimente, certo, ma non si possono compiere gesti del genere (auto bruciate e bombe carta nel giardino di casa, ndr) nei confronti di un presidente. Io sono stato contestato, ma mai ho subito atti del genere, che secondo me non sono stati compiuti da tifosi, ma da teppisti».
Che consigli darebbe a Sebastiani?
«Di non arrabbiarsi. Quando operi può succedere di sbagliare e le critiche vanno accettate. Chiedere scusa per aver commesso degli errori credo che sia una forma di rispetto nei confronti dei tifosi. I momenti di contestazione sono legittimi e, forse, fare qualche passo indietro ammettendo di aver sbagliato, sarebbe meglio. Senza dimenticare che Sebastiani ha fatto degli sforzi importantissimi per garantire il calcio ad alti livelli».
Che cosa rappresenta Pescara per lei?
«È nel mio cuore e l’immagine che porto sempre con me è quella dello stadio Adriatico strapieno e del calore della tifoseria. Gli anni più belli sono stati quelli della A, ma anche la promozione dalla C alla B con Ivo Iaconi in panchina rimarrà indelebile».
Il miglior allenatore che ha ingaggiato?
«In epoche diverse dico Galeone, Rossi e De Canio».
Il giocatore?
“Federico Giampaolo, al quale sono molto affezionato. L’abbiamo preso dalla Juve per un miliardo, ma, soprattutto, prima di rivenderlo al Genoa per 5 miliardi, l’abbiamo ricostruito e rilanciato. Una grande soddisfazione. Gli altri affari? Tanti, tra cui De Sanctis, Allegri, Margiotta ed Esposito».
La trattativa di mercato più bella?
«Quando ho detto “no” a Luciano Moggi che voleva riprendere Federico Giampaolo alla Juve. Dopo quell’episodio, Andrea Iaconi (storico ds del Pescara), mi disse: “Anto’, da oggi abbiamo finito di fare calcio”. Era dura tenere testa a Moggi, ma io e Iaconi ci siamo riusciti».
Il flop di mercato?
«Fabio Artico. Lo pagammo un sacco di soldi dalla Ternana, ma, purtroppo, disattese le nostre aspettative».
Il ritorno di Zeman è stata una scelta azzeccata?
«Sebastiani ha fatto bene a riprenderlo. Avrei fatto anch’io la stessa cosa, però mi sarebbe piaciuto rivedere anche Galeone. Il boemo fa un calcio spettacolare, adatto a Pescara, e non è una minestra riscaldata. Se ha i suoi giocatori, e la società lo segue, il suo gioco paga sempre e fa la differenza. Zeman, anni fa, lo volevamo prendere anche io e Iaconi, ma era fuori budget».
Del nuovo Pescara che cosa pensa?
«Mi piace e credo che sia competitivo. Tuttavia è ancora incompleto. Bisogna mettere a posto qualche tassello, specie in difesa. Servono degli acquisti mirati e, poi, occorrerebbero un esterno e un centrocampista. La serie B di quest’anno è dura con squadre come Parma, Bari, Palermo. Sarà un campionato molto equilibrato. Il Pescara, però, può tranquillamente puntare ai play off».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Dopo 13 anni dal suo addio al calcio, forse la nostalgia sta prendendo il sopravvento. «La cessione della società è una cosa che non mi perdonerò tanto facilmente, perché andati via noi sappiamo tutti che fine ha fatto il Pescara. In quel periodo dovevamo essere bravi a resistere. La posizione di mio suocero, però, è stata determinante per la scelta finale»
Oliveri, le piacerebbe tornare a fare calcio?
«Sì, ho voglia di tornare, anzi, non ho mai smesso di pensarci. Se dovessi rientrare, però, lo farei solo per il Pescara. Col tempo vedremo cosa succederà, i tempi non sono maturi...»
Su che basi costruirebbe la sua società?
«Sui giovani e sul vivaio. Scovare, crescere e lanciare nuovi talenti. Non venderli subito, ma puntarci per un progetto duraturo nel tempo. Un mix tra il lavoro dell’Atalanta e quello dell’Udinese, due società modello che stimo tanto».
Ha avuto dei contatti con il presidente Sebastiani per entrare nel Delfino?
«Non ho mai parlato con lui per prendere la società. Insieme nel Pescara? Perché no, se c’è unità d’intenti io sono disposto a lavorare in coppia».
Come è cambiato il calcio a Pescara?
«Negli ultimi dieci anni parecchio. Unire tanti imprenditori locali è stata una buona idea, anzi, ottima, ed è stato un peccato che sia durato poco quel tipo di progetto. Tanti imprenditori possono dare stabilità e sicurezza alla società, negli anni».
Se l’aspettatava una contestazione così dura nei confronti di Sebastiani?
«No, lo scorso campionato è stato deprimente, certo, ma non si possono compiere gesti del genere (auto bruciate e bombe carta nel giardino di casa, ndr) nei confronti di un presidente. Io sono stato contestato, ma mai ho subito atti del genere, che secondo me non sono stati compiuti da tifosi, ma da teppisti».
Che consigli darebbe a Sebastiani?
«Di non arrabbiarsi. Quando operi può succedere di sbagliare e le critiche vanno accettate. Chiedere scusa per aver commesso degli errori credo che sia una forma di rispetto nei confronti dei tifosi. I momenti di contestazione sono legittimi e, forse, fare qualche passo indietro ammettendo di aver sbagliato, sarebbe meglio. Senza dimenticare che Sebastiani ha fatto degli sforzi importantissimi per garantire il calcio ad alti livelli».
Che cosa rappresenta Pescara per lei?
«È nel mio cuore e l’immagine che porto sempre con me è quella dello stadio Adriatico strapieno e del calore della tifoseria. Gli anni più belli sono stati quelli della A, ma anche la promozione dalla C alla B con Ivo Iaconi in panchina rimarrà indelebile».
Il miglior allenatore che ha ingaggiato?
«In epoche diverse dico Galeone, Rossi e De Canio».
Il giocatore?
“Federico Giampaolo, al quale sono molto affezionato. L’abbiamo preso dalla Juve per un miliardo, ma, soprattutto, prima di rivenderlo al Genoa per 5 miliardi, l’abbiamo ricostruito e rilanciato. Una grande soddisfazione. Gli altri affari? Tanti, tra cui De Sanctis, Allegri, Margiotta ed Esposito».
La trattativa di mercato più bella?
«Quando ho detto “no” a Luciano Moggi che voleva riprendere Federico Giampaolo alla Juve. Dopo quell’episodio, Andrea Iaconi (storico ds del Pescara), mi disse: “Anto’, da oggi abbiamo finito di fare calcio”. Era dura tenere testa a Moggi, ma io e Iaconi ci siamo riusciti».
Il flop di mercato?
«Fabio Artico. Lo pagammo un sacco di soldi dalla Ternana, ma, purtroppo, disattese le nostre aspettative».
Il ritorno di Zeman è stata una scelta azzeccata?
«Sebastiani ha fatto bene a riprenderlo. Avrei fatto anch’io la stessa cosa, però mi sarebbe piaciuto rivedere anche Galeone. Il boemo fa un calcio spettacolare, adatto a Pescara, e non è una minestra riscaldata. Se ha i suoi giocatori, e la società lo segue, il suo gioco paga sempre e fa la differenza. Zeman, anni fa, lo volevamo prendere anche io e Iaconi, ma era fuori budget».
Del nuovo Pescara che cosa pensa?
«Mi piace e credo che sia competitivo. Tuttavia è ancora incompleto. Bisogna mettere a posto qualche tassello, specie in difesa. Servono degli acquisti mirati e, poi, occorrerebbero un esterno e un centrocampista. La serie B di quest’anno è dura con squadre come Parma, Bari, Palermo. Sarà un campionato molto equilibrato. Il Pescara, però, può tranquillamente puntare ai play off».
©RIPRODUZIONE RISERVATA