Pavone: Pescara, Foggia e i segreti di Zemanlandia
«Io e Zdenek abbiamo sempre amato le sfide prendendo i giovani dalla C»
PESCARA. Uno scherzo del destino o qualcosa di simile. Il primo avversario in campionato del Pescara sarà il Foggia che domenica 27 agosto arriverà all’Adriatico. Dopo 19 anni di assenza i rossoneri hanno riabbracciato la B e subito si troveranno di fronte il loro passato più solenne: Zdenek Zeman e il ds Peppino Pavone, gli artefici della Zemanlandia foggiana insieme al patron Pasquale Casillo che in quegli anni era uno dei più maggiori produttori di grano in Italia. Pavone, nato a Barletta, proprio a Foggia iniziò a giocare e nel ’79 conquistò una promozione in A col Pescara.
Pavone, il sorteggio le ha fatto uno scherzetto.
«Sì, ero presente a Bari e quando hanno pubblicato l’elenco delle gare della prima giornata ho avvertito una forte emozione. Per me sarà una partita speciale, visto che a Foggia ho giocato nove anni e per altri dieci sono stato il direttore sportivo».
Da Barletta a Foggia all’età di 16 anni. Chi la scovò?
«Frequentavo l’istituto industriale e un mio compagno, Gaetano Stellone (papà di Roberto, ex tecnico di Bari e Frosinone) mi chiese di giocare nel torneo studentesco. Gli dissi di no perché non sarebbe stato facile restare a Bari dopo la scuola».
Quale era il problema?
«Al mattino mi alzavo alle 5,30 e tornavo a Barletta alle 15,30. Dovevo fare i compiti e non avevo tempo per il calcio, ma Stellone mi iscrisse ugualmente. Vincemmo il torneo delle scuole e un collaboratore di Luigi Bonizzoni (ex tecnico del Foggia, ndr) venne a vedere la finale».
Così il Foggia la ingaggiò.
«Sì, dopo qualche giorno mi chiamarono e accettai l’offerta. A. Nel 1969 andai un anno al Torino, poi tornai in rossonero e rimasi fino al 1975».
E a Foggia trovò anche l’amore. Il 27 agosto sua moglie, Teodora, per chi farà il tifo?
«Lei è di Foggia e ovviamente simpatizza per i rossoneri, però è sempre stata una tifosa mia e delle squadre dove ho giocato e lavorato come diesse».
Dal ’75 al ’78 all’Inter prima di sbarcare in riva all’Adriatico.
«Sì, a Pescara mi tolsi grandi soddisfazioni con la promozione in serie A. In quella stagione realizzai un gol contro il Foggia nel match giocato in campo neutro a Napoli. Vincemmo 2-1 e fu un successo decisivo per l’accesso agli spareggi. E ai rossoneri avevo segnato anche quando ero all’Inter. Ma da direttore sportivo non li ho mai sfidati e il 27 agosto sarà la prima volta».
La sua carriera da dirigente sarebbe dovuta iniziare a Cava de’ Tirreni, invece Casillo la portò a Foggia.
«Nel 1986, dopo l’ultima stagione da calciatore con la Cavese, Guerino Amato (ex presidente dei campani, ndr) voleva inserirmi in società. Avevo dato la mia disponibilità, ma poi Casillo convinse Amato a liberarmi».
In quel periodo si posero le basi della Zemanlandia foggiana.
«Si, ero già sulle tracce di Zeman. L’anno prima l’allenatore della Cavese era Corrado Viciani (il maestro del “gioco corto”, ex tecnico della Ternana, ndr) e con lui parlavo spesso di tattica. Tuttavia, scoprii il boemo grazie al suo vice, Bugatti, che vide il Licata di Zeman e mi consigliò di andare a osservarlo. Poi lo affrontammo in coppa Italia, vincemmo 1-0 e Viciani rimase impressionato. Mi disse: “Zeman gioca in verticale, mentre il mio calcio è fatto di pressing e possesso palla. Fossi in lui, userei il libero per dare protezione alla difesa”. Fu così che scelsi Zeman appena diventai ds del Foggia».
Un aneddoto sul boemo?
«Scelgo l’acquisto di Beppe Signori. Solitamente noi spendevamo tra i 20 e gli 80 milioni di lire per il cartellino di un calciatore. Ad esempio, il compianto Franco Mancini lo prendemmo dal Matera per 25 milioni. Ma per Signori il ds del Piacenza, Marchetti, sparò un miliardo e mezzo. Con me c’erano Zeman e l’avvocato Finiguerra. Dopo ore di colloqui decidemmo che l’investimento doveva essere fatto e accettammo la richiesta. Il problema era avvertire Casillo. Quando Finiguerra lo chiamò andò su tutte le furie dicendoci che eravamo impazziti. Poi Zeman prese la cornetta e gli disse: “Presidente, Signori lo abbiamo preso. Come farà a pagarlo? Semplice, venderà uno dei suoi tanti mulini”. Ridemmo per ore. E comunque Signori poi lo vendemmo alla Lazio per 14 miliardi. Noi tre amavamo le sfide e così abbiamo costruito il nostro progetto. Abbiamo lanciato tanti giovani prendendoli dalla serie C. A Casillo devo tutto».
Anche per Stroppa sarà una gara da ex.
«Lo presi a Foggia e ad Avellino, aveva già la predisposizione per diventare un tecnico. Forse è ancora un po’ un giocatore, ma ha fatto un gran lavoro. Auguro a lui e al presidente Sannella di raggiungere obiettivi importanti».
E il Pescara dove arriverà?
«Possiamo fare qualcosa di bello. Il Delfino ha un grande futuro e la società ha enormi potenzialità. Ma non serve fare proclami, il campo sarà l’unico giudice».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Pavone, il sorteggio le ha fatto uno scherzetto.
«Sì, ero presente a Bari e quando hanno pubblicato l’elenco delle gare della prima giornata ho avvertito una forte emozione. Per me sarà una partita speciale, visto che a Foggia ho giocato nove anni e per altri dieci sono stato il direttore sportivo».
Da Barletta a Foggia all’età di 16 anni. Chi la scovò?
«Frequentavo l’istituto industriale e un mio compagno, Gaetano Stellone (papà di Roberto, ex tecnico di Bari e Frosinone) mi chiese di giocare nel torneo studentesco. Gli dissi di no perché non sarebbe stato facile restare a Bari dopo la scuola».
Quale era il problema?
«Al mattino mi alzavo alle 5,30 e tornavo a Barletta alle 15,30. Dovevo fare i compiti e non avevo tempo per il calcio, ma Stellone mi iscrisse ugualmente. Vincemmo il torneo delle scuole e un collaboratore di Luigi Bonizzoni (ex tecnico del Foggia, ndr) venne a vedere la finale».
Così il Foggia la ingaggiò.
«Sì, dopo qualche giorno mi chiamarono e accettai l’offerta. A. Nel 1969 andai un anno al Torino, poi tornai in rossonero e rimasi fino al 1975».
E a Foggia trovò anche l’amore. Il 27 agosto sua moglie, Teodora, per chi farà il tifo?
«Lei è di Foggia e ovviamente simpatizza per i rossoneri, però è sempre stata una tifosa mia e delle squadre dove ho giocato e lavorato come diesse».
Dal ’75 al ’78 all’Inter prima di sbarcare in riva all’Adriatico.
«Sì, a Pescara mi tolsi grandi soddisfazioni con la promozione in serie A. In quella stagione realizzai un gol contro il Foggia nel match giocato in campo neutro a Napoli. Vincemmo 2-1 e fu un successo decisivo per l’accesso agli spareggi. E ai rossoneri avevo segnato anche quando ero all’Inter. Ma da direttore sportivo non li ho mai sfidati e il 27 agosto sarà la prima volta».
La sua carriera da dirigente sarebbe dovuta iniziare a Cava de’ Tirreni, invece Casillo la portò a Foggia.
«Nel 1986, dopo l’ultima stagione da calciatore con la Cavese, Guerino Amato (ex presidente dei campani, ndr) voleva inserirmi in società. Avevo dato la mia disponibilità, ma poi Casillo convinse Amato a liberarmi».
In quel periodo si posero le basi della Zemanlandia foggiana.
«Si, ero già sulle tracce di Zeman. L’anno prima l’allenatore della Cavese era Corrado Viciani (il maestro del “gioco corto”, ex tecnico della Ternana, ndr) e con lui parlavo spesso di tattica. Tuttavia, scoprii il boemo grazie al suo vice, Bugatti, che vide il Licata di Zeman e mi consigliò di andare a osservarlo. Poi lo affrontammo in coppa Italia, vincemmo 1-0 e Viciani rimase impressionato. Mi disse: “Zeman gioca in verticale, mentre il mio calcio è fatto di pressing e possesso palla. Fossi in lui, userei il libero per dare protezione alla difesa”. Fu così che scelsi Zeman appena diventai ds del Foggia».
Un aneddoto sul boemo?
«Scelgo l’acquisto di Beppe Signori. Solitamente noi spendevamo tra i 20 e gli 80 milioni di lire per il cartellino di un calciatore. Ad esempio, il compianto Franco Mancini lo prendemmo dal Matera per 25 milioni. Ma per Signori il ds del Piacenza, Marchetti, sparò un miliardo e mezzo. Con me c’erano Zeman e l’avvocato Finiguerra. Dopo ore di colloqui decidemmo che l’investimento doveva essere fatto e accettammo la richiesta. Il problema era avvertire Casillo. Quando Finiguerra lo chiamò andò su tutte le furie dicendoci che eravamo impazziti. Poi Zeman prese la cornetta e gli disse: “Presidente, Signori lo abbiamo preso. Come farà a pagarlo? Semplice, venderà uno dei suoi tanti mulini”. Ridemmo per ore. E comunque Signori poi lo vendemmo alla Lazio per 14 miliardi. Noi tre amavamo le sfide e così abbiamo costruito il nostro progetto. Abbiamo lanciato tanti giovani prendendoli dalla serie C. A Casillo devo tutto».
Anche per Stroppa sarà una gara da ex.
«Lo presi a Foggia e ad Avellino, aveva già la predisposizione per diventare un tecnico. Forse è ancora un po’ un giocatore, ma ha fatto un gran lavoro. Auguro a lui e al presidente Sannella di raggiungere obiettivi importanti».
E il Pescara dove arriverà?
«Possiamo fare qualcosa di bello. Il Delfino ha un grande futuro e la società ha enormi potenzialità. Ma non serve fare proclami, il campo sarà l’unico giudice».
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