Pellegatti: «Io, Pescara e il mito di Van Basten Vi racconto Berlusconi» 

Il telecronista martedì in città per il libro “C’è solo un presidente” Il ricordo del 1992: «Quel 4-5 all’Adriatico resta indimenticabile»

PESCARA. Il telefono squilla a vuoto per un paio di volte. Dopo pochi minuti, però, ecco che sul display appare: Pellegatti. «Ho visto la chiamata, ci dovevamo sentire due giorni fa o sbaglio? Comunque, fa nulla, ero al telefono con mia moglie, ma ho chiuso e sono tutto per voi». Voce squillante, ferma, decisa. Inconfondibile. Garbato come sempre, Carlo Pellegatti, storico telecronista e inviato al seguito del Milan per Mediaset, si racconta al Centro. Anzi, racconta il perché martedì sera sarà a Pescara: «Presentiamo il libro “C’è solo un presidente”». L’ultima fatica letteraria è dedicata a Silvio Berlusconi, scritta a quattro mani con Peppe Di Stefano, giornalista di Sky Sport. La presentazione del libro, organizzata dal Milan club “Alta Tensione” di Chieti, è fissata per il 30 luglio allo stabilimento 4 Vele (ore 19,30).
Partiamo dal titolo: “C’è solo un presidente”. Perché ?
«Quello era il suo coro, di Berlusconi, durante le partite del Milan. Dopo la vittoria dell’ultimo scudetto, Berlusconi si affacciò in piazza Duomo, e la folla fece partire il suo coro. “C’è solo un presidente”. Da lì scegliere è stato facile. Anche al funerale hanno intonato questo coro, ripeto, il suo coro».
Un aggettivo per descrivere Silvio Berlusconi?
«Visionario sognatore. Un visionario che è riuscito a realizzare i suoi sogni».
Perché un giovane tifoso rossonero, che non ha vissuto gli anni d’oro del Milan di Berlusconi, dovrebbe leggere questo libro?
«È un libro che a un ragazzo di 14-15 anni darebbe degli insegnamenti straordinari. Non si racconta solo la storia di Berlusconi al timone del Milan, ma anche quella di alcuni dei suoi collaboratori che sono partiti con dei sogni folli e che poi si sono trasformati, come Dell’Utri, che è venuto a Milano a fare il primo allenatore dell’era Berlusconi (al Torrescalla, la squadra di calcio che l'ex Cavaliere, allora in erba, sponsorizzava, ndr), come Urbano Cairo che deve tutto a Berlusconi. È un libro che fa capire il motivo per il quale bisogna rincorrere i propri sogni e bisogna credere in se stessi. Vengono raccontati episodi che spiegano perché il lavoro, la caparbietà e la passione alla lunga pagano sempre».
Un aneddoto indelebile legato a Berlusconi?
«A Yokohama, nel 2007, facevo la telecronaca di Milan-Boca Juniors: la finale di Coppa del Mondo per club. Il Milan vince 4-2 e diventa campione del mondo. Subito dopo la partita Berlusconi va ospite della trasmissione Controcampo, a Mediaset. Sandro Piccinini, che conduceva, gli fa ascoltare la mia telecronaca con i miei urli e lui dice “Carlo Pellegatti è stato ed è il valore aggiunto per il nostro Milan”. È stato il più bel complimento che mi potessero fare».
Lei deve molto a Berlusconi a livello professionale.
«Gli devo tutto. A fine anni 80 chiesi ad Adriano Galliani se potevo essere assunto a Mediaset e lui mi disse “Carlo, ne parlo con il dottore”, lo chiamavamo così, Berlusconi. Dopo una settimana venni assunto. Fu bellissimo, perché per me, che venivo da una tv privata importante come TeleLombardia, era come passare da un motoscafo di 3 metri ad uno yacht. Io sono stato fortunato a salire su questo yacht, ma non ho dimenticato le mie origini e il motoscafo di 3 metri».
I grandi presidenti tipo Berlusconi, Moratti e Sensi sono spariti dalla serie A. Quanto mancano queste figure al nostro calcio?
«Sono stati loro stessi a dire basta in maniera netta. Anche per questioni etiche e morali non avrebbero potuto reggere i grandi capitali che arrivano dall’Arabia, dall’Oriente e da altri Paesi. Si sono resi conto che non potevano più competere e, piuttosto che vivacchiare con i rispettivi club dei quali erano tifosi, hanno preferito rinunciare. Per Berlusconi e Moratti è stato doloroso, ma sono stati anche onesti perché non potevano fronteggiare l’arrivo delle corazzate straniere».
Berlusconi, dopo l’ultimo scudetto, voleva tornare nel Milan. È vero?
«Nelle ultime pagine del libro c’è una clamorosa rivelazione che farà battere il cuore ai tifosi del Milan...».
Di Pescara che ricordo ha?
«Ragazzi, come faccio a dimenticare quel Pescara-Milan 4-5 del 1992. Un ricordo indelebile. Pescara per me, e non solo, è lo stop con la caviglia e il gol di Marco Van Basten, che poi realizzerà una tripletta. Quel gol di Marco, il secondo, su cross di Savicevic, se non ricordo male, è la fotografia del suo talento. Quello è lo stop con la caviglia di Van Basten. Punto. Anche Galliani ricorda bene quell’episodio».
E Giovanni Galeone se lo ricorda?
«Certo, la sua era una squadra innovativa. Galeone era un tecnico coraggioso».
Massimo Oddo, pescarese doc, ai tempi del Milan nelle sue telecronache lo soprannominò “Vicks VapoRub”. Perchè?
«Perché ogni suo cross era come il Vicks VapoRub, ti entrava nei polmoni, entrava aria pura».
Del Milan di quest’anno che cosa pensa?
«Siamo a fine luglio e la squadra è incompleta. Una risposta non posso darla, se non dopo il 17 agosto. È presto per dare giudizi, ma la stessa cosa la direi parlando di Roma e Juve. L’unica squadra che ha certezze è l’Inter che ha mantenuto gran parte dei giocatori».
Un giudizio su Fonseca?
«Dobbiamo scoprirlo. Abbiamo conosciuto 5 anni fa il Fonseca alla Roma e ora dobbiamo vedere che squadra avrà in rossonero. In Francia, l’anno scorso, è stato giudicato come il miglior allenatore con il Lille. Bisogna vedere in Italia cosa farà. Sarebbe sciocco giudicare ora».
©RIPRODUZIONE RISERVATA