Pescara, l’ingresso dei Sogliae il rischio crac

Settimana di passione. Di Giacomo attacca Pincione: «E’ un irresponsabile»

PESCARA. Un’altra settimana di fuoco e di passione. Sono facili da prevedere i rilanci milionari di Max Pincione, presidente-fantasma di un Pescara ai minimi storici dal punto di vista finanziario. C’è curiosità attorno alla figura di Gerardo Soglia, l’imprenditore salernitano che, a nome della famiglia, sta trattando il possibile ingresso nel Pescara insieme a un imprenditore locale. Pincione mira a prendere tempo attraverso le vie legali: ha impugnato l’ultima assemblea e chiede più giorni per ricapitalizzare. Di Giacomo e il collegio sindacale potrebbero sfiduciarlo.

Se non dovesse fermentare la soluzione-Soglia, il Pescara probabilmente si troverà con i libri contabili in tribunale. Che tristezza! Claudio Di Giacomo, dopo il derby perso con l’Ancona, è incontenibile. Si presenta in sala stampa con la forza dirompente di un fiume in piena. Ne ha per tutti.

In quella che potrebbe essere la sua ultima conferenza nelle vesti di vice presidente del sodalizio di Via Mazzarino, dà fondo a tutta la sua indignazione. «Mi auguro», comincia l’imprenditore angolano, «che arrivi subito una nuova proprietà. Soglia o non Soglia, basta che venga qualcuno. Così mandiamo a casa Pincione. Non se ne può più.

Adesso è proprio arrivato il momento di mettere il punto e dire davvero come stanno le cose. Il presidente del Pescara, che da tre mesi se ne sta in giro per il mondo lasciando una società come questa in condizioni difficili, è a dir poco irresponsabile. Sono sicuro che, anche se portasse 20 milioni di euro, dopo poco tempo si tornerebbe daccapo. Siamo di fronte a una persona strana.

Sia ben chiaro», incalza Di Giacomo, «per me non è né un amico né, tantomeno, un socio volontario. Me lo sono ritrovato perché l’ha tirato dentro Angelo Renzetti. Poi, tutti sanno come è andata a finire la storia. Evidentemente, i due non sono proprio diversi. Ma qualcuno», rivela il vicepresidente, «si è mai chiesto perché sono stato diversi mesi lontano dal Pescara? Per il semplice motivo che ero in completo disaccordo con Pincione.

Ora mi ritrovo qui ad assicurare l’ordinaria amministrazione di un club importante come il Pescara che, altrimenti, non avrebbe potuto neanche assolvere alle sue esigenze primarie. Cosa ho sbagliato?», si chiede Di Giacomo. «Forse i tempi. Ma resto soddisfatto di aver allestito con Nucifora una squadra valida sotto il profilo tecnico e umano.

Sono rimasto qui perché ho dato la mia parola a quelli che hanno permesso di tenere in vita la società. Non permetto a nessuno, perciò, di associare il mio nome a quello di Pincione. Per il Pescara ho trascurato la famiglia e l’azienda.

Lui cos’ha fatto? E sulle responsabilità di questa faccenda possiamo allargare il discorso? La gestione Scibilia è stata esemplare: un grande dirigente, che ha lasciato una società modello. Dopo di lui sono arrivati i disastri», conclude Di Giacomo. «Le conseguenze saranno durissime se non arriveranno soci solidi».

Pescara, prima l’illusione e poi le legnate

PESCARA. La differenza tra una squadra che sa cosa fare e una che coltiva l’illusione di saperlo. L’1-3 dell’Adriatico può essere spiegato così. Il Pescara gestisce malissimo le energie fisiche e nervose, finendo vittima di un suo stesso gol. Quello segnato a freddo (2’) da Sansovini. L’Ancona, invece, si nutre delle difficoltà iniziali e, dopo averle metabolizzate, le trasforma in raziocinio e cinismo. Per il Pescara è una dura lezione, per i dorici la conferma di meritare il primato nella C1-B.

Probabilmente condizionati dalle disgrazie societarie, i biancazzurri enfatizzano il derby con l’Ancona e perdono la lucidità. Alla fine del primo tempo viene espulso il tecnico in seconda Manari. E poco dopo subisce lo stesso destino l’allenatore in prima Lerda.

Non è il caso di puntare il dito accusatore, anche se tanta impulsività non era preventivabile. Le legnate ricevute dal Pescara impongono una riflessione. E, allo scopo, è opportuno dare un’occhiata alla classifica: i biancazzurri hanno vinto e segnato a raffica contro le peggiori del girone (Samb e Juve Stabia) e perso, di brutto, contro le migliori (Potenza, Lucchese e Ancona).

Cosa significa? Che di questa squadra bisogna apprezzare lo spirito e la buona volontà che, purtroppo, non sono garanzie di risultati importanti. Il distacco dalla vetta è di 7 punti dopo appena 6 giornate. Un abisso. Del resto, il diesse Nucifora non ha avuto denari da investire e ha fatto tutto in fretta e furia. Bisogna riconoscerlo.

Il suo operato non va discusso dal punto di vista tecnico, ma da quello finanziario. Uno con tanta esperienza dovrebbe sempre chiedersi se la società che rappresenta ha i soldi per pagare tanti stipendi. Ce lo dicano, in via Mazzarino, se da oggi, primo ottobre, qualcuno sta pensando alle prebende dei nuovi tesserati. A quelle dei vecchi non pensa nessuno.

E’ certo. Tornando al calcio giocato, va precisato che l’impatto dei biancazzurri con la partita è ottimo: gran ritmo, aggressività e voglia di emergere per buona mezz’ora. Lerda mette quattro uomini in difesa, altrettanti in mediana e due in attacco.

Alfageme, però, è presto neutralizzato da problemi muscolari e lascia la scena a De Lucia, che non si esprime, contrariamente al solito, su alti livelli. L’Ancona utilizza il tridente e ha in Miglietta l’elemento capace di fare la differenza dal punto di vista tecnico. E’ lui che detta i tempi. Tempi troppo veloci per il compassato Pescara del secondo tempo, nel quale Caracciolo, Micco e Di Liso sono in riserva di energie.
 
L’unico che potrebbe estrarre il coniglietto dal cilindro magico risponde al nome di Luca Di Matteo, ma attorno a lui l’Ancona monta una gabbia. Un peso ce l’ha anche il pari di Caremi maturato un attimo prima dell’intervallo. Senza quell’episodio sarebbero maturate le reti di De Sousa e Miglietta?