Stroppa: sono deluso un’occasione persa

Il tecnico: c’è da mangiarsi le mani ripensando a domenica

PESCARA. «Il mio stato d’animo? Deluso ma combattivo, se penso a che occasione abbiamo perso mi mangio non le mani ma tutte le braccia, però non ammaino mica bandiera così facilmente. Sono convinto della strada scelta e vado avanti. Certo, a livello locale c’è una tendenza a contestare il sottoscritto mentre la critica nazionale mette più in risalto gli aspetti positivi. Ma funziona così, ho spalle abbastanza grandi per sopportare». Uno Stroppa tutt’altro che dimesso quello che si presenta al solito faccia a faccia di inizio settimana dopo la battuta d’arresto di Udine. Orgoglioso non meno che puntiglioso, difende il suo lavoro ma non nasconde i problemi, incassa critiche che considera in parte fondate ma spesso esasperate e controbatte quasi punto per punto.

Ok, mister, ripartendo da Udine: s’è fatta un’idea di cosa è successo dopo quei 30’ giocati molto bene?

«Questa è la cosa che devo chiarire con i ragazzi, devo capire cosa è scattato. Ma è fuor di dubbio che a me non bastano neanche quei 30’. Perché potevamo essere più cinici, più combattivi anche in quei minuti. La realtà è che la squadra non si esprime come dovrebbe, potrebbe. E questo è ovvio crea insoddisfazione e condiziona l’ambiente».

La società ha comunque confermato fiducia, continua a vedere il bicchiere mezzo pieno.

«E di questo non finirò mai di essere grato al presidente e ai dirigenti. Loro vedono il lavoro, l’impegno del gruppo e di Stroppa e l’apprezzano».

Ma anche il presidente ha parlato dell’opportunità di scremare un po’ il gruppo, creare un nucleo di base.

«Ma i cambi sono stati sembre dettati da necessità, infortuni e squalifiche, mica da altro. In qualche caso è ovvio che ci può essere stata una scelta tattica o tecnica. Nelle tre partite in una settimana non abbiamo praticamente fatto turnover, ed è stato rimarcato. Anche domenica ho cambiato qualcosa ma per necessità (Blasi per Colucci infortunato, ndr). Il problema è che dobbiamo capire che se facciamo le cose insieme possiamo diventare, anzi siamo una squadra importante. Sul perché questo non avviene sempre devo confrontarmi con i ragazzi, devo capire, chiarire».

Per esempio con Weiss, per la reazione al cambio?

«Weiss non ha fatto nulla di plateale, se n’è andato negli spogliatoi e magari non è bello verso chi è entrato o è rimasto in panchina. Ma Weiss non è un capro espiatorio. Anzi, è bene si capisca che Vladimir è un giocatore di valore assoluto, da gestire nell’interesse e per il bene del Pescara».

Forse meno disciplinato di altri tatticamente.

«Ma io do compiti a tutti, non solo a lui. Voglio si capisca che ci sarà da soffrire sempre ma se facciamo le cose insieme si può fare un campionato importante. Se provo a immaginare cosa succedeva se vincevamo domenica, scavalcavamo un bel gruppo di squadre, andavamo pari alla Samp che sembra stia facendo sfraceli. Allora sì che cambiavano clima e realtà. Abbiamo avuto questo alla portata e non l’abbiamo colto, ecco perché c’è da mangiarsi le mani».

Si torna lì, alla squadra manca qualcosa: qualità, carattere. Entrambe le cose?

«Una risposta ce l’ho. Vorrei vedere un furore agonistico diverso, ci sono situazioni dove non abbiamo la stessa attenzione, nell’una e nell’altra fase. Con la Lazio non c’è stata reazione, a Udine la parentesi negativa è stata di 15’ ma anche quando attaccavamo non eravamo ordinati, decisi. A Cagliari non abbiamo fatto una gran partita, ma siamo stati più squadra e abbiamo fatto il risultato».

E cosa fa la differenza?

«Ci sono situazioni dove il particolare diventa decisivo. L’attenzione su un ripiegamento, la convinzione. Sfrontatezza? Si, se è consapevolezza. Perché giocare col freno a mano tirato se attaccando puoi creare superiorità? Se ci crediamo per 90 minuti, se giochiamo sempre col coltello fra i denti, possiamo vincere con chiunque. Se no...».

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