TERAMO
«Acqua a forte rischio inquinamento»
Dopo gli avvisi di garanzia e il sequestro, il procuratore scrive a ministeri e autorità locali: «Servono lavori complessi»
TERAMO. Dal ministero della Salute a quello della Ricerca passando per quello delle Infrastrutture fino alle autorità locali. A tutti il procuratore Antonio Guerriero scrive (a chiusura delle indagini sull’acqua) per segnalare «una serie di rilevanti criticità tali da esporre a pericolo di inquinamento le acque sotterranee del Gran Sasso, con preoccupanti possibili ripercussioni sui beni primari quali l’ambiente e la salute pubblica».
Per anni magistrato di prima linea nella Terra dei fuochi, Guerriero mette nero su bianco la realtà di un sistema fortemente a rischio. «Per le situazioni penalmente rilevanti questo ufficio sta procedendo ai sensi di legge», scrive, «tuttavia accanto ad esse sussistono criticità di tipo strutturale che assumono rilievo sul piano amministrativo, tali da non poter essere risolte se non attraverso complessi ed articolati lavori e con un notevole stanziamento di fondi da parte degli enti preposti, aspetti questi non di competenza della Procura». Ai destinatari della missiva anche i risultati della maxi consulenza disposta dalla Procura. «Atti», conclude la nota di Guerriero, «che si allegano affinchè si provveda con urgenza a compiere tutti gli interventi e tutte le opere ritenuti idonei ad eliminare l’accertato pericolo di inquinamento ambientale».
L’inchiesta della Procura teramana sul sistema acqua del Gran Sasso aperta in seguito a quei drammatici giorni dell’emergenza potabilità del maggio 2017 (c’è anche un fascicolo della Procura aquilana), ha delineato un contesto di leggi ignorate con un costante pericolo di inquinamento. Oltre a dieci indagati, dai vertici dell’Infn a quelli della Strada dei Parchi fino al Ruzzo, c’è stato anche il sequestro di alcune opere di captazione che si trovano all’interno dei laboratori. Ed è proprio nel decreto di sequestro firmato dal gip Roberto Veneziano che alcuni numeri raccontano una realtà inquietante. A cominciare da quello dei test fatti sulle acque tra il 27 ottobre del 2015 al 17 agosto del 2017. Il gip, riportando la consulenza disposta dalla Procura, scrive: «in tabella sono riportati risultati analitici di 534 campioni. In tale set di campioni per 23 volte le acque risultano non conformi a quanto stabilito dal decreto legislativo 31/01 e dal decreto legislativo 27/02 in riferimento ai parametri determinati e quindi non idonee al consumo umano. Inoltre su 445 campioni per i quali è stata determinata la concentrazione di cloroformio, 102 campioni presentano un valore di concentrazione superiore alla concentrazione soglia di contaminazione nelle acque sotterranee».
E naturalmente nel decreto si fa riferimento agli episodi del diclorometano e del toluene sottolineando in più occasioni come «tale situazione ha determinato l’inquinamento di acque destinate al consumo umano. E conclude: «L’insufficiente livello di sicurezza, sotto il profilo della acque sotterranee, comporta il pericolo, concreto ed attuale, di nuovi episodi di contaminazione della risorsa idrica».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Per anni magistrato di prima linea nella Terra dei fuochi, Guerriero mette nero su bianco la realtà di un sistema fortemente a rischio. «Per le situazioni penalmente rilevanti questo ufficio sta procedendo ai sensi di legge», scrive, «tuttavia accanto ad esse sussistono criticità di tipo strutturale che assumono rilievo sul piano amministrativo, tali da non poter essere risolte se non attraverso complessi ed articolati lavori e con un notevole stanziamento di fondi da parte degli enti preposti, aspetti questi non di competenza della Procura». Ai destinatari della missiva anche i risultati della maxi consulenza disposta dalla Procura. «Atti», conclude la nota di Guerriero, «che si allegano affinchè si provveda con urgenza a compiere tutti gli interventi e tutte le opere ritenuti idonei ad eliminare l’accertato pericolo di inquinamento ambientale».
L’inchiesta della Procura teramana sul sistema acqua del Gran Sasso aperta in seguito a quei drammatici giorni dell’emergenza potabilità del maggio 2017 (c’è anche un fascicolo della Procura aquilana), ha delineato un contesto di leggi ignorate con un costante pericolo di inquinamento. Oltre a dieci indagati, dai vertici dell’Infn a quelli della Strada dei Parchi fino al Ruzzo, c’è stato anche il sequestro di alcune opere di captazione che si trovano all’interno dei laboratori. Ed è proprio nel decreto di sequestro firmato dal gip Roberto Veneziano che alcuni numeri raccontano una realtà inquietante. A cominciare da quello dei test fatti sulle acque tra il 27 ottobre del 2015 al 17 agosto del 2017. Il gip, riportando la consulenza disposta dalla Procura, scrive: «in tabella sono riportati risultati analitici di 534 campioni. In tale set di campioni per 23 volte le acque risultano non conformi a quanto stabilito dal decreto legislativo 31/01 e dal decreto legislativo 27/02 in riferimento ai parametri determinati e quindi non idonee al consumo umano. Inoltre su 445 campioni per i quali è stata determinata la concentrazione di cloroformio, 102 campioni presentano un valore di concentrazione superiore alla concentrazione soglia di contaminazione nelle acque sotterranee».
E naturalmente nel decreto si fa riferimento agli episodi del diclorometano e del toluene sottolineando in più occasioni come «tale situazione ha determinato l’inquinamento di acque destinate al consumo umano. E conclude: «L’insufficiente livello di sicurezza, sotto il profilo della acque sotterranee, comporta il pericolo, concreto ed attuale, di nuovi episodi di contaminazione della risorsa idrica».
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