Asta truccata a Teramo, a giudizio 2 impiegati di Equitalia
L’accusa: favori a due imprenditori (prosciolti) che volevano ricomprare i beni che gli erano stati pignorati
TERAMO. A presentare un esposto in procura per chiedere chiarezza furono l’Equitalia e l’Istituto di Vendite Giudiziarie. Era il 23 marzo del 2011: quel giorno un’asta sospetta venne bloccata e un impiegato di Equitalia venne sospeso dalla stessa società perchè sospettato di un atteggiamento di favore nei confronti di un imprenditore che voleva ricomprare i beni pignorati. Da quell’esposto è nata un’inchiesta (firmata dal pm Laura Colica) con quattro indagati: due ufficiali addetti alla riscossione di Equitalia e due imprenditori. Ieri il gup Domenico Canosa ha rinviato a giudizio i due ufficiali e ha assolto per non aver commesso il fatto i due imprenditori che avevano chiesto il rito abbreviato (richiesta di assoluzione fatta dal pm d’udienza Andrea De Feis). Gli ufficiali sono Tommaso Rasicci e Anacleto Caccavale, mentre gli imprenditori Giovanni e Cristian Bernardini. Rasicci e Caccavale andranno a processo l’8 gennaio davanti ai giudici del tribunale in composizione collegiale: il primo deve rispondere di falsità ideologia, istigazione alla corruzione e turbata libertà degli incanti, mentre il secondo solo di falsità ideologica. Accuse che ora dovranno essere provate nel corso del dibattimento.Secondo la ricostruzione fatta dalla procura è ipotizzabile che il pignorato volesse rientrare in possesso dei suoi beni finiti all’asta per debiti erariali e ricomprarli prima di altri acquirenti. I beni in questione erano mobili, stampanti e otto mezzi, tra cui alcuni camion. Il tutto per un valore complessivo di circa 9 mila euro. Nel giorno in cui era fissata l’asta dei beni pignorati dalla società di riscossione affidati per la vendita alla sede teramana dell’Istituto Vendite Giudiziarie – sempre secondo l’accusa della procura – il dipendente Equitalia incaricato di seguire il procedimento (per l’accusa Rasicci) avrebbe fatto una telefonata al dipendente dell’Ivg. Una telefonata ritenuta così sospetta che il dipendente dell’Ivg immediatamente ne mise al corrente il suo dirigente che, a sua volta, informò Equitalia. Gli accertamenti scattarono immediatamente: l’asta venne bloccata e il dipendente momentaneamente sospeso dall’incarico. A darne notizia, all’epoca dei fatti, fu proprio una nota congiunta di Equitalia e Istituto Vendite Giudiziarie «intervenute», scrissero allora nel comunicato, «per impedire un possibile tentativo di turbativa d’asta su beni pignorati dalla società di riscossione affidati per la vendita all’Ivg. La comune e costante vigilanza sulla regolarità e trasparenza delle aste giudiziarie, posta in essere da Equitalia e Ivg, ha permesso di evitare spiacevoli sviluppi della vicenda». Successivamente l’esposto alla procura e l’inchiesta che ha portato a processo i due ufficiali della società di riscossione.
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