Attici sequestrati Inquilino accusa: prigioniero in casa
Roseto, non è stato cacciato perché nominato custode di uno degli appartamenti sotto inchiesta nell’ex Monti
ROSETO. «Mi sento prigioniero nell’appartamento che ho preso in affitto e di cui ora sono custode per conto della procura». È la situazione ‘kafkiana’ che sta vivendo l’inquilino di uno degli attici realizzati sui tre edifici sorti al posto della ex fabbrica Monti confezioni, in virtù del Prusst, cioè un programma di riqualificazione urbana che prevede a monte un accordo tra pubblico (il Comune di Roseto» e il privato che ha realizzato l’intervento.
«Qualche mattina fa hanno suonato alla porta» racconta l’uomo, che chiameremo signor Rossi per tutelarne la privacy «quando ho aperto mi sono trovato di fronte 12 uomini che mi hanno mostrato un tesserino dicendomi che dovevano sequestrare l’appartamento dove abito». Erano agenti della Forestale inviati dalla procura, per conto della quale hanno posto sotto sequestro preventivo gli attici delle palazzine. Motivo? «Verificare compiutamente lo stato dei luoghi e delle cose» si legge nel decreto del pm «procedendo alle opportune misurazioni al fine di verificare la corrispondenza tra quanto realizzato e gli elaborati progettuali allegati alla delibera consiliare che ha approvato la versione definitiva del Prusst nonché quelli allegati ai permessi di costruire». Ad avviare l’inchiesta, nel 2007, fu un esposto del costruttore Alberto Rapagnà, il quale sostiene che gli edifici sono più alti di quanto avrebbero potuto essere: la superficie in eccesso sarebbe abusiva. Seguirono due richieste di archiviazione della procura, altrettante opposizioni di Rapagnà e due rigetti dei gip. Prima Marina Tommolini ordinò nuove indagini, Giovanni de Rensis nel novembre 2011 rimise gli atti nelle mani della procura. Nel febbraio 2012 scattò un blitz negli uffici tecnici del Comune per sequestrare il carteggio del Prusst dell’ex Monti. Il passo successivo è la nuova operazione della Forestale, i cui agenti hanno apposto i sigilli agli attici ritenuti non conformi. Tra questi l’appartamento occupato dal signor Rossi, al quale è stato però consentito di continuare ad abitarci, ma come custode per conto della procura. «Questo perché avevo un contratto regolarmente registrato» si sfoga Rossi «altrimenti mi avrebbero sbattuto fuori e io avrei visto svanire lo sforzo economico per il trasferimento e tutto il resto. Resta il fatto che io non sono padrone nella casa in cui vivo e per la quale pago un profumato affitto: non posso fare modifiche, nonostante ce ne siano alcune urgenti legate alla sicurezza domestica. Tutto ciò mi fa vivere una condizione di ansia che dipende da errori commessi non da me».
Federico Centola
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