Bimba disabile, stangata sulla Regione

L’ente deve pagare due milioni e mezzo di risarcimento ai familiari. Se non lo fa, scatta il pignoramento del bilancio

TERAMO. Due milioni e mezzo. E’ la cifra che la Regione Abruzzo deve risarcire ai familiari di una ragazza di 19 anni nata con gravissime disabilità a causa di un errore medico, ed è la cifra che il legale della famiglia teramana potrebbe pignorare direttamente dal bilancio regionale.

La vicenda comincia esattamente vent’anni fa, nel dicembre del 1992: una mamma incinta viene ricoverata al Mazzini perché ha dei problemi nella gestazione, ma i medici sottovalutano il caso e attendono oltre venti giorni prima di intervenire. Nel frattempo il feto, una bimba, beve il liquido amniotico e subisce un danno prenatale che la rende invalida al cento per cento. Nata nel gennaio ’93, la piccola non ha mai potuto avere una normale vita di relazione. Oggi è una ragazza perlopiù assente, incapace di parlare e affetta da crisi di autolesionismo.

I suoi genitori non querelano i due medici responsabili delle cure tardive, ma avviano una causa civile per ottenere il risarcimento del danno. Dopo oltre venti anni di causa, nel 2005, il tribunale dell’Aquila condanna la ex Usl di Teramo a un mega risarcimento: circa due milioni di euro. Perché la causa finisce all’Aquila? Perché, una volta sciolte le ex Usl (diventate Asl), i loro debiti sono stati parcheggiati nella cosiddetta gestione liquidatoria, finanziata ogni anno dalla Regione con una parte del bilancio. Quei soldi, però, in genere non bastano a coprire i vecchi debiti. Così, nel processo di appello, il nuovo legale della famiglia, Giovanni Gebbia, tira in ballo direttamente la Regione. Trova una sentenza della Cassazione in base alla quale dei debiti delle disciolte Usl rispondono le Regioni e la Corte d’appello dell’Aquila, nel luglio scorso, nel confermare la sentenza di primo grado condanna sia l’ex Usl di Teramo che la Regione Abruzzo al risarcimento del danno – sia ai genitori che al fratello maggiore della ragazza – per un milione e 800mila euro, più gli interessi e la rivalutazione monetaria. Detratti alcuni acconti già corrisposti, nel complesso sono due milioni e mezzo.

«Da allora», dice l’avvocato Gebbia, «la Regione è stata a guardare fino alla notifica dell’atto di precetto, avvenuta ai primi di dicembre e che la obbliga a pagare entro dieci giorni. La scadenza è il 14. E’ in corso una trattativa, la Regione mi ha convocato proprio per domani (oggi, ndr). Mi auguro che l’ente sia ragionevole. I genitori della bambina sarebbero disposti a ridurre il proprio credito di circa 300mila euro a condizione che la Regione paghi subito, con indubbio risparmio per l’erario. Si tratta di gente che ha bisogno di quel denaro, non hanno grandissime risorse e la figlia malata costa loro tanti soldi tra badanti e cure. La Regione non ha dato alcun riscontro alla nostra proposta transattiva, formulata a settembre, e l’abbiamo revocata. Ma siamo pronti a riparlarne. Se la Regione non paga, dovremo pignorare due milioni e mezzo direttamente dal bilancio».

Nel frattempo, né Regione né gestione liquidatoria hanno pagato la registrazione della sentenza del 2005: la cifra è così salita a 154mila euro comprese le more, soldi che potrebbero ricadere sulla famiglia perché l’obbligo di registrazione è solidale.

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