Calcio sporco, i tifosi a Roma ma gli ultrà si dissociano: Teramo si spacca per l'appello
Il diktat di “Teramo Zezza”: siamo neutrali fino alla sentenza e bloccheremo qualsiasi manifestazione in città
TERAMO. «A Roma sì, in città no». Sull'assemblea convocata dal consigliere comunale Guido Campana per valutare iniziative in vista dell'appello di domani contro la condanna del Teramo calcio alla retrocessione in serie D piomba il diktat degli ultrà. Sono loro a mettere il pepe ad una riunione che fino a quel momento, tolti gli ululati contro l'Ascoli e la stampa locale, era scivolata via tra ritrosie e indecisioni su come far sentire il peso della teramanità nel giudizio successivo alla sentenza con cui i biancorossi hanno perso la B. Tra una manifestazione in città e la trasferta a Roma, dove si celebrerà il processo di secondo grado sulla presunta combine con il Savona, è "Teramo zezza" a dettare la linea. «A Roma potete fare quello che volete, esiste la libertà di espressione», chiarisce Danilo Vischia, «ma in città non si organizza nulla». Gli ultrà rivendicano una sorta di diritto di primogenitura nel sostegno alla squadra e nella perenne lotta contro il "potere romano" che rovina il calcio, e non fanno sconti. Anzi, ricordano che molti dei tifosi presenti in aula li criticavano per le loro battaglie contro il sistema e chiariscono il loro pensiero nella vicenda giudiziaria in cui è rimasto invischiato il Teramo. «Se la società fosse stata pulita e onesta», scandisce Vischia, «oggi saremmo in serie B». Il capo ultrà ribadisce, dunque, che ogni manifestazione in città verrà bloccata prima di salutare e abbandonare la riunione accompagnato dal coro degli accoliti: "Il Teramo siamo noi".
Resta in piedi l'ipotesi di portare sostegno alla squadra nell'allenamento di oggi pomeriggio andando allo stadio con sciarpe e bandiere. L'attenzione, però, si concentra soprattutto sul possibile esodo verso Roma. Campana sottolinea la necessità di lanciare un segnale. «Dobbiamo dimostrare che Teramo è una grande città», afferma, «e merita rispetto». I tifosi sono d'accordo: serve un atto eclatante sebbene misurato nei modi, ma temono che l'appello alla mobilitazione si riveli controproducente. Se a Roma non si riuscirà a garantire una presenza massiccia di teramani, l'effetto potrebbe rivelarsi opposto a quello voluto. Gli ultrà comunque non ci saranno. Poco prima di Vischia era stato Lorenzo Di Dionisio, anche lui leader di "Teramo Zezza", a dichiarare la neutralità del tifo organizzato biancorosso in vista dell'appello. Secondo lui sarebbe ben più importante l'appoggio costante alla squadra da parte della politica, accusata di troppe amnesie, e della città. «Non ci possiamo svegliare solo quando abbiamo una B», sottolinea, «il Teramo va sostenuto tutto l'anno, sette giorni su sette».
Domani c'è anche una seduta consiliare importante che impedirebbe ad assessori e consiglieri, alcuni dei quali presenti alla riunione, di aderire alla trasferta romana. Il rinvio dei lavori è possibile, ma bisogna chiedere al sindaco Brucchi. L'organizzazione del viaggio verso la capitale prende corpo con l'ipotesi di coinvolgere il gruppo Baltour nella fornitura di pullman, che sarebbero almeno quattro, a prezzi scontatissimi se non gratis. «Io la B non la tolgo», annuncia lo storico tifoso e dirigente Benedetto Presante, ma in aula l'interrogativo ricorrente è sulla composizione del calendario delle partite di serie B appena pubblicato e sulle caselle vuote che saranno riempite dopo il giudizio: «Ma noi siamo quella con x o la y?». Le adesioni per la manifestazione a Roma saranno raccolte nei caffè dell'Olmo, in piazza Martiri, e San Giorgio, in via Costantini, fino a questa sera.
Gennaro Della Monica
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