Carcere, nasce l’orto detenuti e studenti lo coltivano insieme

Partito il progetto che vede impegnato l’istituto agrario I reclusi imparano a piantare fragole, pomodori e patate

TERAMO. Un fazzoletto di terra stretto tra muri di cemento e sbarre diventa un orto. Tra qualche mese, in questo spazio davanti alla sezione maschile del carcere di Castrogno, nasceranno fragole, pomodori e patate. Saranno il frutto del lavoro di detenuti e studenti dell'istituto agrario che stanno dando vita e sostanza al progetto "Il verde oltre le mura".

La coltivazione in piccole serre realizzate con tubi e teli di plastica sta prendendo corpo in questi giorni con la messa a dimora di 400 piantine di fragole. Una decina di detenuti per tre ore al giorno lavorano gomito a gomito con gli studenti delle terze classi dell'istituto "Di Poppa-Rozzi" sotto la guida dell'insegnante Silvio Pachioli. Realizzano così, nella condivisione di un'esperienza lavorativa e umana, gli scopi del progetto nato in collaborazione con la Forestale e la Fondazione Tercas. «Per i nostri studenti l'occasione per sviluppare la cultura della legalità», spiega la dirigente scolastica Silvia Manetta, «ma anche per scoprire cosa succede in carcere». Il contatto con i reclusi ha anche uno scopo educativo. «Facciamo capire ai ragazzi», aggiunge la dirigente, «che i detenuti sono persone che hanno sbagliato ma che hanno emozioni, idee e sentimenti ma soprattutto hanno bisogno di una seconda possibilità».

Gli studenti non negano qualche diffidenza iniziale. «Avevo un po' paura», racconta Federica Di Felice, «ma ho scoperto che sono persone tranquille, simpatici, anche se questo ambiente mette tristezza». Claudio Andrenacci, anche lui studente dell'Agrario, definisce l'iniziativa «una bella esperienza». I detenuti - al progetto partecipa anche Salvatore Parolisi - non possono che essere contenti di trascorrere qualche ora all'aperto lavorando la terra. «E' un'esperienza che non avevo mai fatto prima», osserva il detenuto Benedetto Ciamberlano, «spero di poterlo fare anche fuori, piantando qualcosa per me». Un altro carcerato, Claudio Capenti, sottolinea come si tratti di una «buona opportunità per un lavoro» e aggiunge che «vedere tanti giovani è una cosa bellissima». Anche Antonio De Luca apprezza l'iniziativa: «E' molto buona anche perché a casa ho un po' di terra e ho già fatto questa attività».

A riassumere il senso dell'iniziativa è il direttore del carcere Stefano Liberatore. «Trasmettiamo l'idea che questo non è un luogo chiuso, ma aperto e sociale», afferma, «per i detenuti è un'occasione di reinserimento socio-lavorativo attraverso l'acquisizione di competenze agrarie, nonché di riabilitazione psico-fisica grazie all'attività all'aparto». Il progetto non è limitato all'orto. Sono già stati allestiti altri due spazi verdi, in corrispondenza delle sezioni maschile e femminile, ribattezzati "Il giardino degli affetti". Queste aree, attrezzate anche con giochi per bambini, sono destinate a colloqui familiari e a incontri tra i detenuti e i loro figli al di fuori dei locali angusti destinati alle visite.

Gennaro Della Monica

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