Case alle prostitute, scarcerati i due agenti

La difesa: «Non sapevamo che erano ragazze-squillo». Ottengono i domiciliari.

TERAMO. Arresti domiciliari per i due agenti immobiliari di Silvi arrestati con l’accusa di aver affittato case a prostitute. Angelo Dell’Elce, 43 anni, e Claudio Coluccia Bodelmonte, 45 anni, ieri sono comparsi davanti al gip per l’interrogatorio di garanzia. «Non sapevamo che facessero le prostitute e quando lo abbiamo saputo, abbiamo cercato di mandarle via. Ma non è stato facile»: così i due si sono difesi davanti al giudice Marina Tommolini che ha accolto la richiesta presentata dai difensori Monica Passamonti e Annabianca Cocciarficco.

«E’ stato apprezzato il comportamento processuale dell’imputato», hanno detto i due difensori, «tanto che il pm non si è opposto alla richiesta di arresti domiciliari». Nel corso dell’interrogatorio, inoltre, gli agenti di Silvi hanno smentito che l’affitto mensile di una casa costasse fino a mille euro: il prezzo pagato, secondo la loro versione, era di circa cinquecento euro.

Oltre agli arrestati, c’è anche il proprietario di uno dei tre appartamenti sequestrati indagato sempre per sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione. L’indagine dei carabinieri della compagnia di Giulianova, agli ordini del capitano Gianluigi Delle Grazie e dei carabinieri della stazione di Silvi, guidati dal maresciallo Antonio Tricarico, è la seconda tranche dell’operazione “Non solo affitti” che a marzo ha portato in carcere un altro agente immobiliare e la sua segretaria. Per mesi i militari, che hanno raccolto le proteste dei residenti della zona, il quartiere Piomba, hanno seguito i movimenti dei due agenti immobiliari, si sono finti clienti per entrare negli appartamenti e accertare la prostituzione delle ragazze, quasi tutte romene.

Una volta avuta la prova di quello che succedeva nelle case di via Saline, via Reno e via Roma i militari si sono rivolti ai titolari delle due agenzie per chiedere dei provvedimenti. «In quegli appartamenti si consuma un reato», hanno detto, «bisogna intervenire».

Ma, secondo l’accusa, niente è stato fatto: nonostante gli ammonimenti gli agenti non sarebbero intervenuti. L’indagine dei carabinieri si è così trasformata in un rapporto sul tavolo del sostituto procuratore Stefano Giovagnoni, che ha chiesto e ottenuto le ordinanze. Ma, secondo investigatori ed inquirenti, l’indagine non è ancora chiusa.