«Condannateli tutti a trent'anni»
Fadani, la procura chiede la pena massima per i tre rom. Il 14 la sentenza
TERAMO. Omicidio Fadani: la procura non fa differenze tra i tre rom imputati e per ognuno chiede 30 anni di carcere, il massimo della pena con il rito abbreviato. La requisitoria del pm Roberta D'Avolio dura due ore e accende la prima delle due udienze del processo.
Davanti al gup Giovanni de Rensis i cugini Elvis e Danilo Levakovic, entrambi 22enni, e Sante Spinelli, 33 anni: sono accusati di omicidio volontario aggravato per la morte dell'imprenditore albense Emanuele Fadani ucciso con un solo pugno sferrato da Elvis al termine di una lite.
LA PROCURA. Ma la procura (il procuratore Gabriele Ferretti e il pm D'Avolio) ha sempre sostenuto che sotto un profilo giuridico non fu un'azione individuale. E ieri il pubblico ministero, nel corso della sua requisitoria, ha parlato non di un solo pugno (uno quello mortale accertato dall'autopsia), ma di più pugni e calci che avrebbero raggiunto l'imprenditore mentre era già a terra. Una ricostruzione, quest'ultima, aspramente contestata dalla difesa che ha sollevato una eccezione chiedendo che, proprio alla luce della ricostruzione fatta in aula, ci fosse una modifica del capo d'imputazione. Una eccezione respinta dal giudice per le udienze preliminari, che ha invitato ad integrare il capo d'imputazione.
LA PARTE CIVILE. In aula anche la mamma dell'imprenditore, Anita D'Orazio, che insieme agli altri due figli, alla moglie e alla figlioletta della vittima, rappresenta la parte civile (avvocati Gabriele Rapali, Francesco Maresca e Alessia Moscardelli). Anche Graziano Guercioni, l'amico di Fadani che quella sera era con lui, è stato ammesso tra le parti civili. I legali dei familiari hanno sostenuto che Fadani sia stato colpito da più pugni, uno dei quali mortali e che quella sera i tre rom abbiano organizzato sul momento una sorta di agguato. La sentenza è attesa per il 14 aprile, data dell'ultima udienza al termine della quale è attesa la sentenza del giudice. E ieri, mentre in un'aula di corte d'assise chiusa al pubblico per il rito abbreviato si sono susseguite requisitorie e arringhe (dalle 9 alle 17), nell'atrio del tribunale blindato dalle forze dell'ordine si è consumata l'attesa delle famiglie. Da una parte quelle dei rom e dall'altra quella di Fadani. Con i familiari dell'imprenditore albense c'erano anche i genitori di Antonio De Meo, lo studente universitario marchigiano che nell'agosto del 2009 venne ucciso a pugni da tre rom minorenni a Villa Rosa di Martinsicuro. Per quel delitto due rom sono stati condannati ad otto anni dal tribunale dei minori al termine di un rito abbreviato. Entrambi sono in una comunità.
L'OMICIDIO. Emanuele Fadani, 38 anni, venne ucciso il 10 novembre 2009 davanti a un pub di Alba Adriatica, colpito da un pugno sferratogli da uno dei rom, con i quali aveva avuto un litigio all'uscita di un locale. Il caso scatenò una vera e propria sommossa popolare contro la comunità rom della cittadina costiera.
Per due giorni ci furono cortei e manifestazioni di protesta davanti alle abitazioni dei nomadi, proprio nel cuore di Alba Adriatica. Fadani, secondo quanto emerso nell'inchiesta, sarebbe stato preso a pugni dopo essere intervenuto per difendere l'amico a sua volta colpito da Danilo. A colpire l' imprenditore albense sarebbe stato, per sua stessa ammissione, il solo Elvis. E un solo pugno alla testa, secondo l'autopsia, sarebbe stato fatale alla vittima.
Davanti al gup Giovanni de Rensis i cugini Elvis e Danilo Levakovic, entrambi 22enni, e Sante Spinelli, 33 anni: sono accusati di omicidio volontario aggravato per la morte dell'imprenditore albense Emanuele Fadani ucciso con un solo pugno sferrato da Elvis al termine di una lite.
LA PROCURA. Ma la procura (il procuratore Gabriele Ferretti e il pm D'Avolio) ha sempre sostenuto che sotto un profilo giuridico non fu un'azione individuale. E ieri il pubblico ministero, nel corso della sua requisitoria, ha parlato non di un solo pugno (uno quello mortale accertato dall'autopsia), ma di più pugni e calci che avrebbero raggiunto l'imprenditore mentre era già a terra. Una ricostruzione, quest'ultima, aspramente contestata dalla difesa che ha sollevato una eccezione chiedendo che, proprio alla luce della ricostruzione fatta in aula, ci fosse una modifica del capo d'imputazione. Una eccezione respinta dal giudice per le udienze preliminari, che ha invitato ad integrare il capo d'imputazione.
LA PARTE CIVILE. In aula anche la mamma dell'imprenditore, Anita D'Orazio, che insieme agli altri due figli, alla moglie e alla figlioletta della vittima, rappresenta la parte civile (avvocati Gabriele Rapali, Francesco Maresca e Alessia Moscardelli). Anche Graziano Guercioni, l'amico di Fadani che quella sera era con lui, è stato ammesso tra le parti civili. I legali dei familiari hanno sostenuto che Fadani sia stato colpito da più pugni, uno dei quali mortali e che quella sera i tre rom abbiano organizzato sul momento una sorta di agguato. La sentenza è attesa per il 14 aprile, data dell'ultima udienza al termine della quale è attesa la sentenza del giudice. E ieri, mentre in un'aula di corte d'assise chiusa al pubblico per il rito abbreviato si sono susseguite requisitorie e arringhe (dalle 9 alle 17), nell'atrio del tribunale blindato dalle forze dell'ordine si è consumata l'attesa delle famiglie. Da una parte quelle dei rom e dall'altra quella di Fadani. Con i familiari dell'imprenditore albense c'erano anche i genitori di Antonio De Meo, lo studente universitario marchigiano che nell'agosto del 2009 venne ucciso a pugni da tre rom minorenni a Villa Rosa di Martinsicuro. Per quel delitto due rom sono stati condannati ad otto anni dal tribunale dei minori al termine di un rito abbreviato. Entrambi sono in una comunità.
L'OMICIDIO. Emanuele Fadani, 38 anni, venne ucciso il 10 novembre 2009 davanti a un pub di Alba Adriatica, colpito da un pugno sferratogli da uno dei rom, con i quali aveva avuto un litigio all'uscita di un locale. Il caso scatenò una vera e propria sommossa popolare contro la comunità rom della cittadina costiera.
Per due giorni ci furono cortei e manifestazioni di protesta davanti alle abitazioni dei nomadi, proprio nel cuore di Alba Adriatica. Fadani, secondo quanto emerso nell'inchiesta, sarebbe stato preso a pugni dopo essere intervenuto per difendere l'amico a sua volta colpito da Danilo. A colpire l' imprenditore albense sarebbe stato, per sua stessa ammissione, il solo Elvis. E un solo pugno alla testa, secondo l'autopsia, sarebbe stato fatale alla vittima.
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