Crac di Pietro, Curti al pm: voglio essere interrogato
L'imprenditore in carcere cambia avvocato, chiede e ottiene un'altra audizione
TERAMO. Tramite il suo nuovo avvocato, Guglielmo Marconi, l'imprenditore Guido Curti dal carcere ha chiesto di essere di nuovo ascoltato dal pm che conduce l'inchiesta sul crac Di Pietro, Irene Scordamaglia. Il magistrato ha detto sì alla richiesta e ora deve fissare una data. Certamente i tempi saranno brevi, visto che la Procura è intenzionata a chiudere al più presto l'inchiesta. Il nuovo interrogatorio potrebbe segnare un momento importante nella vicenda giudiziaria. Curti infatti, insieme a Maurizio Di Pietro (che con lui è detenuto da fine gennaio nel carcere di Castrogno), è il principale dei sette indagati per la serie di bancarotte da 15 milioni di euro al centro dell'indagine.
Non è certo un caso che solo lui e Maurizio Di Pietro siano ancora in carcere mentre l'altro Di Pietro, Nicolino, ha ottenuto i domiciliari e la moglie di Curti, Loredana Cacciatore, inizialmente all'obbligo di dimora, è stata presto rimessa in libertà. Non solo: sono stati Curti e Maurizio Di Pietro, negli interrogatori da essi stessi chiesti al pm e tenuti in carcere a metà febbraio, a tirare in ballo pesantemente Carmine Tancredi, il loro commercialista, socio di studio del presidente della Regione Gianni Chiodi.
In quel momento, neanche due mesi fa, Curti e il più giovane dei fratelli Di Pietro - allora difesi entrambi da Cataldo Mariano - sembravano sulla stessa lunghezza d'onda. Dopo, evidentemente, questa compattezza si è incrinata tanto da spingere Curti a cambiare avvocato. È chiaro che l'imprenditore, chiedendo da solo di essere sottoposto a un nuovo interrogatorio, o vuol rettificare quanto dichiarato in precedenza oppure intende integrarlo con altri elementi.
Rettifiche e/o integrazioni riguarderanno la posizione di Tancredi, che non è indagato? Al momento è impossibile dirlo. Di sicuro c'è che, a metà febbraio, al pm Curti diceva senza tentennamenti che era Tancredi il regista delle bancarotte. In particolare del vorticoso giro di milioni che, per essere sottratti ai creditori, erano finiti su conti svizzeri, di lì in Gran Bretagna, per poi rientrare in Italia via Cipro attraverso la costituzione di due società che avevano sede legale nello studio Chiodi-Tancredi. Il 99 per cento delle quote di quelle società (sequestrate dalla magistratura) era di società cipriote; l'uno per cento di un anonimo pensionato, Pietro Spinetti, che figurava come amministratore.
Curti, due mesi fa, alla domanda del pm su chi aveva fatto diventare Spinetti amministratore rispondeva: «Se non sbaglio Tancredi, l'ha indicato lui». E aggiungeva: «Aveva l'1% ma penso che potesse amministrare anche se per qualsiasi cosa doveva essere autorizzato». Il pm: da chi? «Dal dottor Tancredi». Il pm: dalla proprietà? La proprietà del 99%. Curti: «Sì, il procuratore era sempre lui, il dottor Tancredi. Lui aveva procura di volta in volta per fare qualsiasi tipo di operazione». Il pm obietta: nello studio Tancredi le procure non ci stanno. Curti: «Io penso che le abbiano fatte sparire di volta in volta. Non è mai stata fatta una procura a nome di Di Pietro o mio. Quindi era solo Tancredi che poteva amministrare quelle società».
Dopo quell'interrogatorio, Curti in carcere ha vissuto una brutta avventura: è stato sfregiato al volto da un altro detenuto con una lametta. Sull'episodio è stata aperta un'inchiesta. Curti e Maurizio Di Pietro negli ultimi due mesi si sono più volte visti respingere istanze di scarcerazione. Su questo fronte, in attesa del pronunciamento della Cassazione previsto per il 4 maggio, domani alla Corte d'appello dell'Aquila si discute il ricorso contro il terzo no alla libertà dato dal gip Marina Tommolini.
Non è certo un caso che solo lui e Maurizio Di Pietro siano ancora in carcere mentre l'altro Di Pietro, Nicolino, ha ottenuto i domiciliari e la moglie di Curti, Loredana Cacciatore, inizialmente all'obbligo di dimora, è stata presto rimessa in libertà. Non solo: sono stati Curti e Maurizio Di Pietro, negli interrogatori da essi stessi chiesti al pm e tenuti in carcere a metà febbraio, a tirare in ballo pesantemente Carmine Tancredi, il loro commercialista, socio di studio del presidente della Regione Gianni Chiodi.
In quel momento, neanche due mesi fa, Curti e il più giovane dei fratelli Di Pietro - allora difesi entrambi da Cataldo Mariano - sembravano sulla stessa lunghezza d'onda. Dopo, evidentemente, questa compattezza si è incrinata tanto da spingere Curti a cambiare avvocato. È chiaro che l'imprenditore, chiedendo da solo di essere sottoposto a un nuovo interrogatorio, o vuol rettificare quanto dichiarato in precedenza oppure intende integrarlo con altri elementi.
Rettifiche e/o integrazioni riguarderanno la posizione di Tancredi, che non è indagato? Al momento è impossibile dirlo. Di sicuro c'è che, a metà febbraio, al pm Curti diceva senza tentennamenti che era Tancredi il regista delle bancarotte. In particolare del vorticoso giro di milioni che, per essere sottratti ai creditori, erano finiti su conti svizzeri, di lì in Gran Bretagna, per poi rientrare in Italia via Cipro attraverso la costituzione di due società che avevano sede legale nello studio Chiodi-Tancredi. Il 99 per cento delle quote di quelle società (sequestrate dalla magistratura) era di società cipriote; l'uno per cento di un anonimo pensionato, Pietro Spinetti, che figurava come amministratore.
Curti, due mesi fa, alla domanda del pm su chi aveva fatto diventare Spinetti amministratore rispondeva: «Se non sbaglio Tancredi, l'ha indicato lui». E aggiungeva: «Aveva l'1% ma penso che potesse amministrare anche se per qualsiasi cosa doveva essere autorizzato». Il pm: da chi? «Dal dottor Tancredi». Il pm: dalla proprietà? La proprietà del 99%. Curti: «Sì, il procuratore era sempre lui, il dottor Tancredi. Lui aveva procura di volta in volta per fare qualsiasi tipo di operazione». Il pm obietta: nello studio Tancredi le procure non ci stanno. Curti: «Io penso che le abbiano fatte sparire di volta in volta. Non è mai stata fatta una procura a nome di Di Pietro o mio. Quindi era solo Tancredi che poteva amministrare quelle società».
Dopo quell'interrogatorio, Curti in carcere ha vissuto una brutta avventura: è stato sfregiato al volto da un altro detenuto con una lametta. Sull'episodio è stata aperta un'inchiesta. Curti e Maurizio Di Pietro negli ultimi due mesi si sono più volte visti respingere istanze di scarcerazione. Su questo fronte, in attesa del pronunciamento della Cassazione previsto per il 4 maggio, domani alla Corte d'appello dell'Aquila si discute il ricorso contro il terzo no alla libertà dato dal gip Marina Tommolini.
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