Crac Di Pietro, la procura vuole chiudere

Si va verso il giudizio immediato, il pm sente i dipendenti delle quattro società fallite

TERAMO. Crac Di Pietro: la procura stringe i tempi. L'obiettivo è chiudere subito l'inchiesta sulla bancarotta da 15 milioni, probabilmente con un giudizio immediato. Potrebbe essere chiesto già dopo la Cassazione, che il 4 maggio si pronuncerà sulla richiesta di libertà fatta dagli arrestati Guido Curti e Maurizio Di Pietro.

Una scadenza, quella della chiusura delle indagini, dettata anche dal fatto che a giugno decadono i termini dei sei mesi di custodia cautelare per la bancarotta. E in questo contesto l'istruttoria avviata dal pm Irene Scordamaglia non conosce sosta. Dopo una settimana di audizioni, ieri mattina il magistrato ha incontrato nuovamente il collegio dei quattro amministratori nominato a febbraio dal gip Marina Tommolini per la gestione delle tre società sequestrate: la Mg Costruzione, la Kappa Immobiliare e la de Immobiliare Srl. La maxi indagine ha portato al sequestro delle quote della Kappa Immobiliare e della De Immobiliare Srl che avevano sede legale nello studio Chiodi-Tancredi, quello del presidente della giunta regionale e del suo socio commercialista Carmine Tancredi. Società controllate al 99% da sodalizi ciprioti e che per l'accusa sono le tappe finali dei soldi provenienti dai fallimenti e fatti rientrare in Italia dopo un vorticoso giro su conti esteri.

NUOVI INTERROGATORI. Ma le audizioni non sono finite: riprenderanno dopo Pasqua, quando il pm tornerà a sentire nuove persone informate sui fatti. In particolare alcuni dipendenti delle cinque società fallite e alcuni imprenditori. Venerdì è stato sentito anche Alberto Rapagnà, l'imprenditore rosetano che nel 2008 cedette la concessione del Lido Atlantic di Roseto a Maurizio Di Pietro per 350 mila euro.

Nel corso di un'audizione durata più di due ore l'ingegnere ha confermato quello che a marzo aveva già rivelato al Centro: Rapagnà ha detto di aver trattato la vendita con Carmine Tancredi, commercialista dei Di Pietro. Il nome di Tancredi, che non è indagato, è stato tirato in ballo dagli stessi imprenditori Curti e Di Pietro in un interrogatorio con il pm: secondo i due era lui a decidere le operazioni che oggi sono ritenute illecite. E su questo punto la procura vuole fare chiarezza. Ed è proprio in questo contesto che vanno lette le nuove audizioni: il pm vuole sapere chi, materialmente, facesse affari con le società. E nei prossimi giorni potrebbe essere nuovamente sentito, su sua richiesta, anche Curti che recentemente ha cambiato avvocato affidandosi a Guglielmo Marconi.

INCHIESTE BIS. E' verosimile che, una volta chiusa l'inchiesta sulla bancarotta, la procura possa aprire degli stralci muovendosi in altre direzioni e ipotizzando anche altri capi d'imputazione a carico di altre persone. Stralci che si annunciano più complessi e con tempi più lunghi legati soprattutto al rientro della seconda rogatoria, quella che la procura ha chiesto al Regno Unito per conoscere conti e movimentazioni in una banca di Londra. Quella dalla Svizzera è già rientrata ed attualmente è all'esame dei finanzieri. Un primo esame di questi atti bancari non ha riservato sorprese ai magistrati: i conti correnti svizzeri su cui è stato movimentato più di un milione di euro sono intestati a Curti e Di Pietro. E tutte le movimentazioni sarebbero riconducibili a loro due, gli unici dei quattro arrestati e ancora in carcere. Per loro c'è un altro appuntamento prima della Cassazione: giovedì davanti alla Corte d'Appello dell'Aquila si discute il ricorso contro il terzo no alla scarcerazione.

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