Crac Teramo, Di Pietro al pm: "Decideva tutto Tancredi"
Ecco in esclusiva l'interrogatorio dell'imprenditore, in carcere a Teramo insieme a Guido Curti per il crac di quattro società e i soldi da Cipro, che accusa il commercialista socio del presidente della Regione Chiodi
TERAMO. Quando Maurizio Di Pietro si siede davanti al pm, Irene Scordamaglia, ha un solo obiettivo: scaricare su Carmine Tancredi, il commercialista teramano socio di studio del governatore, Gianni Chiodi, una montagna di accuse.
Di Pietro è in carcere a Teramo per il crac di quattro società e i soldi da Cipro. Ma non ci sta ad accollarsi le accuse. E' il 15 febbraio scorso quando l'imprenditore, difeso dall'avvocato Cataldo Mariano, chiede al magistrato di essere interrogato. Il giorno dopo il Centro scrive: Di Pietro fa il nome di Tancredi. Il verbale di quell'interrogatorio, pubblicato da Repubblica.it, arricchisce di particolari inediti l'inchiesta.
Sì, è la versione di un indagato che, per difendersi, chiama in causa il socio di studio del presidente della Regione. Fino a prova contraria, le parole di Di Pietro hanno lo stesso peso di quelle di Tancredi, che, in un verbale pubblicato ieri dal Centro, afferma il contrario.
Il pm ora interroga Di Pietro. Lo incalza. Vuole capire il ruolo di Tancredi: ha dato solo consigli oppure è andato oltre?
PUBBLICO MINISTERO: «Nessuno di noi è tanto sprovveduto da non pensare, che la sede delle due società è nello studio Tancredi e che Tancredi è procuratore speciale delle due società. Lei però deve rispondere a queste due precise domande: quali erano i suoi rapporti con Pietro Spinetti, già portalettere e vicino ai settant'anni. Lo conosceva Spinetti Pietro? Chi l'ha scelto come detentore dell'1% delle due società offshore?»
DI PIETRO: «Tancredi, lui l'ha scelto. Io ero strozzato».
PM: «Lei strozzato? Ma come? Ha detto che lei guadagnava un sacco di soldi, che non aveva bisogno di fare questo meccanismo, che guadagnava 6, 7 mila euro al mese...? Non mi racconti chiacchiere. Io voglio sapere qual è il ruolo di Tancredi in questa storia. Usciamo dagli equivoci!»
DI PIETRO: «Le spiego tutto. Saprà tutta la storia, lei avrà un quadro completo».
PM: «Spinetti è un portalettere, una testa di legno, per questo non è stato indagato».
DI PIETRO: «Chi gestisce tutta la situazione, chi può decidere di pagare, di fare qualsiasi cosa, è Tancredi, Spinetti non poteva andare neanche... Nel 2005 compro un appartamento a Tortoreto: faccio un mutuo di 100mila euro, e altri 30mila glieli do in due o tre tranche, mi segue? Ma c'ho un problema: mi arrivano cartelle dalla Soget per una vecchia società fallita nell'89».
PM: «Ma tutto questo che c'entra con Tancredi?».
DI PIETRO: «C'entra. Chiedo a Tancredi come si può risolvere questa situazione. E lui mi dice: io sono la persona giusta per risolvere questo problema, c'ho un rapporto ventennale con situazioni estere. Mi dice: non ti preoccupare, ci penso io. Fai una società dove ci metti il tuo appartamento. Così partiamo e andiamo a Lugano, io e lui, nell'ufficio della Finanziaria Colombo. In mezza giornata e con un pezzo di carta, già avevamo una società Offshore. Dico: ma non ci serve né notaio, né niente, tutto a posto? Ci penso io, mi risponde. Così lui torna in Italia, prepara uno statuto, fa la De Immobiliare, e acquista il 99% di questa società italiana. La fa Tancredi dal notaio De Rosa. Fa tutto lui. Alla fine mette la sede dentro il suo ufficio. Lui è il procuratore speciale che mette le limitazioni a chi gestisce la situazione. Spinetti non può fare prelievi. Non può fare niente. Praticamente non si può muovere paglia se Tancredi non decide di fare e di pagare. Come se fosse roba sua».
PM: «Il problema è proprio questo: una cosa è dare un consiglio iniquo, un'altra cosa è il concorso morale».
DI PIETRO: «Se lei mi fa andare avanti, vedrà che c'è un'altra cosa. Dopo che Tancredi prepar tutto, io vendo il mio appartamento alla De Immobiliare per 137mila euro. Quindi la società si accolla il mutuo dei 100mila euro e la differenza me la fa riavere. Ma bisogna aprire il conto a Lugano e lui mi dice: guarda, per aprire dobbiamo fare una giacenza. Lui ha a che fare con la società Colombo da vent'anni. "Mo' ci penso io", mi dice. Lui praticamente apre il conto Offshore alla Upb (Union Banche Private) e fa transitare i soldi. Io questo cosa l'ho scoperta dopo. Su questo conto, la rogatoria lo scoprirà, sono transitati anche 410mila euro che sono rimasti vincolati per tre anni. Tancredi aveva fatto un investimento in sterline che io ho sottoscritto perché serviva la mia firma».
PM: «Ma questi soldi erano suoi?».
DI PIETRO: «No, di Tancredi. L'ho aperto per Carmine, sempre su quella Offshore che era riconducibile a me, però io non potevo andare in banca e dire: scusi mi date i soldi. Non lo potevo fare perché ci voleva la firma sia della Colombo che di Tancredi. Io non ero titolare di niente. Dalle carte che ho visto ultimamente, lui aveva dato ordine a Gimignani (finanziaria Colombo, ndr) di fare un trasferimento. Ma non chiedetemi in quale conto. Lo sa solo Tancredi. Lo dovranno dire lui o Gimignani. Ma, quando sono andato lì, la prima cosa che ho fatto è fotografare perché non mi davano le cose. Fotografavo gli estratti conto perché non ci capivo niente: Glif e San, nomi a me sconosciuti. Io sono ignorante in questa materia. Ma questo non è niente. Nel frattempo Tancredi mi dice: guarda c'è una casa che si vende a Pietracamela. Mi dovresti fare una gentilezza, me la devi trattare. Gli devi fare un'offerta di 270, 280mila euro e te la dà. Lì ci sono 200mila euro di mutuo, ti metti d'accordo, poi vieni qui, facciamo il compromesso nel mio ufficio. Quella casa praticamente risulterà mia. Mi serve, la dovrò dare in affitto a un ente. Ma non mi spiegò quale ente era».
PM: «Sostanzialmente sta dicendo che Tancredi l'ha brutalmente utilizzata?»
DI PIETRO: «In questo caso sì»
PM: «L'ha utilizzata? Ha approfittato di lei?»
DI PIETRO: «Sì».
PM: «Insomma, lei si è rivolto a Tancredi per salvare la sua casa di Tortoreto e lui le ha detto: benissimo, vediamo di utilizzare delle facciate attraverso società cipriote. Casa e soldi li facciamo confluire in Italia senza che siano riconducibili a lei. E' questo il meccanismo?»
DI PIETRO: «Sì, esatto».
PM: «E lei oggi mi dice che Tancredi ha approfittato di questa situazione per metterci anche del suo?».
DI PIETRO: «E' così»
PM: «Abbiamo finito».
Di Pietro è in carcere a Teramo per il crac di quattro società e i soldi da Cipro. Ma non ci sta ad accollarsi le accuse. E' il 15 febbraio scorso quando l'imprenditore, difeso dall'avvocato Cataldo Mariano, chiede al magistrato di essere interrogato. Il giorno dopo il Centro scrive: Di Pietro fa il nome di Tancredi. Il verbale di quell'interrogatorio, pubblicato da Repubblica.it, arricchisce di particolari inediti l'inchiesta.
Sì, è la versione di un indagato che, per difendersi, chiama in causa il socio di studio del presidente della Regione. Fino a prova contraria, le parole di Di Pietro hanno lo stesso peso di quelle di Tancredi, che, in un verbale pubblicato ieri dal Centro, afferma il contrario.
Il pm ora interroga Di Pietro. Lo incalza. Vuole capire il ruolo di Tancredi: ha dato solo consigli oppure è andato oltre?
PUBBLICO MINISTERO: «Nessuno di noi è tanto sprovveduto da non pensare, che la sede delle due società è nello studio Tancredi e che Tancredi è procuratore speciale delle due società. Lei però deve rispondere a queste due precise domande: quali erano i suoi rapporti con Pietro Spinetti, già portalettere e vicino ai settant'anni. Lo conosceva Spinetti Pietro? Chi l'ha scelto come detentore dell'1% delle due società offshore?»
DI PIETRO: «Tancredi, lui l'ha scelto. Io ero strozzato».
PM: «Lei strozzato? Ma come? Ha detto che lei guadagnava un sacco di soldi, che non aveva bisogno di fare questo meccanismo, che guadagnava 6, 7 mila euro al mese...? Non mi racconti chiacchiere. Io voglio sapere qual è il ruolo di Tancredi in questa storia. Usciamo dagli equivoci!»
DI PIETRO: «Le spiego tutto. Saprà tutta la storia, lei avrà un quadro completo».
PM: «Spinetti è un portalettere, una testa di legno, per questo non è stato indagato».
DI PIETRO: «Chi gestisce tutta la situazione, chi può decidere di pagare, di fare qualsiasi cosa, è Tancredi, Spinetti non poteva andare neanche... Nel 2005 compro un appartamento a Tortoreto: faccio un mutuo di 100mila euro, e altri 30mila glieli do in due o tre tranche, mi segue? Ma c'ho un problema: mi arrivano cartelle dalla Soget per una vecchia società fallita nell'89».
PM: «Ma tutto questo che c'entra con Tancredi?».
DI PIETRO: «C'entra. Chiedo a Tancredi come si può risolvere questa situazione. E lui mi dice: io sono la persona giusta per risolvere questo problema, c'ho un rapporto ventennale con situazioni estere. Mi dice: non ti preoccupare, ci penso io. Fai una società dove ci metti il tuo appartamento. Così partiamo e andiamo a Lugano, io e lui, nell'ufficio della Finanziaria Colombo. In mezza giornata e con un pezzo di carta, già avevamo una società Offshore. Dico: ma non ci serve né notaio, né niente, tutto a posto? Ci penso io, mi risponde. Così lui torna in Italia, prepara uno statuto, fa la De Immobiliare, e acquista il 99% di questa società italiana. La fa Tancredi dal notaio De Rosa. Fa tutto lui. Alla fine mette la sede dentro il suo ufficio. Lui è il procuratore speciale che mette le limitazioni a chi gestisce la situazione. Spinetti non può fare prelievi. Non può fare niente. Praticamente non si può muovere paglia se Tancredi non decide di fare e di pagare. Come se fosse roba sua».
PM: «Il problema è proprio questo: una cosa è dare un consiglio iniquo, un'altra cosa è il concorso morale».
DI PIETRO: «Se lei mi fa andare avanti, vedrà che c'è un'altra cosa. Dopo che Tancredi prepar tutto, io vendo il mio appartamento alla De Immobiliare per 137mila euro. Quindi la società si accolla il mutuo dei 100mila euro e la differenza me la fa riavere. Ma bisogna aprire il conto a Lugano e lui mi dice: guarda, per aprire dobbiamo fare una giacenza. Lui ha a che fare con la società Colombo da vent'anni. "Mo' ci penso io", mi dice. Lui praticamente apre il conto Offshore alla Upb (Union Banche Private) e fa transitare i soldi. Io questo cosa l'ho scoperta dopo. Su questo conto, la rogatoria lo scoprirà, sono transitati anche 410mila euro che sono rimasti vincolati per tre anni. Tancredi aveva fatto un investimento in sterline che io ho sottoscritto perché serviva la mia firma».
PM: «Ma questi soldi erano suoi?».
DI PIETRO: «No, di Tancredi. L'ho aperto per Carmine, sempre su quella Offshore che era riconducibile a me, però io non potevo andare in banca e dire: scusi mi date i soldi. Non lo potevo fare perché ci voleva la firma sia della Colombo che di Tancredi. Io non ero titolare di niente. Dalle carte che ho visto ultimamente, lui aveva dato ordine a Gimignani (finanziaria Colombo, ndr) di fare un trasferimento. Ma non chiedetemi in quale conto. Lo sa solo Tancredi. Lo dovranno dire lui o Gimignani. Ma, quando sono andato lì, la prima cosa che ho fatto è fotografare perché non mi davano le cose. Fotografavo gli estratti conto perché non ci capivo niente: Glif e San, nomi a me sconosciuti. Io sono ignorante in questa materia. Ma questo non è niente. Nel frattempo Tancredi mi dice: guarda c'è una casa che si vende a Pietracamela. Mi dovresti fare una gentilezza, me la devi trattare. Gli devi fare un'offerta di 270, 280mila euro e te la dà. Lì ci sono 200mila euro di mutuo, ti metti d'accordo, poi vieni qui, facciamo il compromesso nel mio ufficio. Quella casa praticamente risulterà mia. Mi serve, la dovrò dare in affitto a un ente. Ma non mi spiegò quale ente era».
PM: «Sostanzialmente sta dicendo che Tancredi l'ha brutalmente utilizzata?»
DI PIETRO: «In questo caso sì»
PM: «L'ha utilizzata? Ha approfittato di lei?»
DI PIETRO: «Sì».
PM: «Insomma, lei si è rivolto a Tancredi per salvare la sua casa di Tortoreto e lui le ha detto: benissimo, vediamo di utilizzare delle facciate attraverso società cipriote. Casa e soldi li facciamo confluire in Italia senza che siano riconducibili a lei. E' questo il meccanismo?»
DI PIETRO: «Sì, esatto».
PM: «E lei oggi mi dice che Tancredi ha approfittato di questa situazione per metterci anche del suo?».
DI PIETRO: «E' così»
PM: «Abbiamo finito».
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