D’Amico: «Vendiamo il Michetti»
L’annuncio del rettore in consiglio comunale: è un investimento, l’Unite non è alla canna del gas
TERAMO. L’Università non è un museo, quindi il quadro d’autore si vende. E’ un pezzo pregiato dell’Ottocento abruzzese, un Francesco Paolo Michetti che il rettore, compianto e geniale, Luciano Russi piazzò giusto dietro alle sue spalle nell’ufficio in viale Crucioli, quello con le pareti foderate di legno massello e le poltrone in capitonné. Ma ora che la vecchia sede in centro è stata dismessa, non c’è più posto per il quadro gioiello, la pastorella con il canestro in mano. Così, ieri pomeriggio, in consiglio comunale, il nuovo rettore, Luciano D’Amico, ne ha annunciato la vendita, che sarà curata dalla professoressa Raffaella Morselli, delegata alla cultura di Unite. E’ una delle più classiche delle scene pastorali del grande artista francavillese, amico di D’Annunzio e Tosti: è una tempera grande non più di 50 centimetri per 35 l’opera con cui D’Amico vorrebbe realizzare decine di migliaia di euro. Per ora è chiusa nella cassaforte a Colleparco. Presto sarà nelle mani di un’esperta teramana che ne ricertificherà l’autenticità e il valore. «Badate bene però», ci tiene a dire il rettore, «non la vendiamo per necessità. In altre parole la mia Università non è alla canna del gas al punto tale di doversi privare di una grande opera pittorica. In realtà l’Unite non è un museo e questi soldi saranno esclusivamente investiti nella ricerca. Dietro alla mia sedia vorrei appendere altri tre quadri realizzati però dai nostri studenti che ritraggono Teramo, l’Università e la Repubblica». Ma perché ieri pomeriggio il rettore era in Comune, insieme con il prorettore vicario Dino Mastrocola, dove ad accoglierlo c’era il consiglio al completo con il sindaco Maurizio Brucchi in testa? Perché, dopo anni di arroccamento accademico, l’Unite ha teso la mano al Comune che gliel’ha data. I progetti che ieri D’Amico ha illustrato in aula sembrano per ora chimere. Ma non si sa mai. Il più ambizioso è certamente quello di una mega scala mobile tra il parcheggio di San Gabriele e Colleparco: una sorta di cordone ombelicale tra l’Ateneo e la città «perché il primo diventi finalmente un luogo di aggregazione per la seconda», spera il rettore. E impossibile? A Chieti lo hanno fatto, tra il megaparcheggio e la piazza principale. Perché Teramo non può riuscire nell’impresa? Il secondo progetto è da manager della cultura: riuscire a intercettare i fondi europei 2014-20 per far tornare in vita l’ex Manicomio come officina culturale. Naturalmente i politici hanno approvato in coro le idee del rettore. Per ora. (l.c.)