Decretato il secondo fallimento dell’Atr 

Dopo quello del 2008 ora crac anche per la gestione Di Murro. I sindacati: «Impossibile proseguire, operai senza soldi»

COLONNELLA. L’Atr non poteva non riservare l’ennesimo colpo di scena. Ieri è stato scritto il secondo fallimento nella storia della fabbrica i componenti in carbonio di Colonnella. A firmare la sentenza è stato il giudice delegato Giovanni Cirillo. Nominati curatori fallimentari due commercialisti teramani: Christian Graziani e Alessio Piccari. A presentare istanza di fallimento sono stati i sindacati, oltre a una miriade di fornitori i cui crediti sono rimasti insoddisfatti. C’è tempo fino al 26 febbraio 2021 per l’ammissione allo stato passivo il cui esame, davanti al giudice, avverrà il 30 marzo.
Il primo fallimento lo decretò il tribunale di Teramo nel novembre del 2008 e interessò cinque aziende del gruppo di proprietà di Umberto Pierantozzi, a cominciare dalla capofila Atr srl. Ma i giudici di secondo grado prima con un decreto del gennaio 2009 hanno ritenuto fondato il reclamo di Pierantozzi contro l'esclusione dall'amministrazione straordinaria e poi con una sentenza del marzo 2009 revocarono tutti e cinque i fallimenti. Sentenza da cui poi prese il via la fase dell'amministrazione straordinaria, con la nomina del commissario Gennaro Terracciano nell'aprile 2009.
Poi arrivò il ribaltone: nel marzo 2013 cinque sentenze della Corte di Cassazione, appunto cassarono la sentenza della Corte d'Appello dell'Aquila. E si tornò al fallimento. Le aziende furono acquistate sempre nel 2013 dall’imprenditore campano Valter Proietti che, dopo sei anni le ha “vendute” – si parla all’importo di un euro – all’imprenditore di origini marsicane Antonio Di Murro. Era luglio 2019. Da allora, continui ritardi nel pagamento degli stipendi e progetti poco chiari di sviluppo. E quindi scioperi, un lunghissimo presidio dei lavoratori davanti all’azienda. E, infine, la decisione dei sindacati di chiedere il fallimento.
«E’ l'epilogo scontato di una vicenda allucinante in cui le vittime sono i lavoratori che non hanno preso i soldi», dicono al direttivo Fiom Cgil, «le domande di cassa integrazione sono ferme alla prima settimana di settembre: l’azienda non riusciva a presentare le domande. Ora c'è il problema del pagamento della cassa integrazione da settembre a novembre e si tratterà di capire come andare al ministero del Lavoro per avere un anno di cassa straordinaria per cessazione. Se sono confermate le voci di interesse di imprenditori a subentrare, ora sarebbe il momento opportuno perché è necessario un ammortizzatore che non faccia chiudere definitivamente l'azienda». In totale ci sono anche cinque stipendi arretrati. «Ci dispiace per il fallimento», esordisce Marco Boccanera, segretario della Fim Cisl, «ma con Di Murro non era possibile andare avanti, dopo un anno di bugie. E’ urgente l’incontro con i nuovi commissari per pianificare un nuovo ammortizzatore sociale e anche con il ministero visto che sarà interrotta la cassa integrazione Covid. Dopo bisogna cercare un acquirente che venga a investire seriamente sull'Atr, che non è decotta, sopratutto per la professionalità delle maestranze».
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