Delitto Fadani, scarcerati i rom

Il gip: non è omicidio volontario, la misura cautelare non è più valida

TERAMO. Quello di Emanuele Fadani è stato un delitto preterintenzionale, non volontario. I rom accusati di averlo commesso vanno dunque scarcerati, essendo scaduto il termine (sei mesi) di durata massima della custodia cautelare in carcere.

È questa, in estrema sintesi, la motivazione del provvedimento con cui ieri il gip del tribunale di Teramo Marina Tommolini ha dichiarato quella misura cautelare inefficace e disposto l'immediata remissione in libertà dei cugini Elvis e Danilo Levakovic, poco più che ventenni, in carcere dal novembre scorso con l'accusa di aver ucciso a pugni il 38enne commerciante albense Emanuele Fadani in concorso con un altro rom loro coetaneo, Sante Spinelli. Quest'ultimo era stato scarcerato già a marzo dallo stesso gip Tommolini per mancanza di gravi indizi di colpevolezza, ma poi è tornato in carcere per danneggiamento e violenza a pubblico ufficiale (episodio accaduto a Giulianova qualche settimana fa).

LA SVOLTA. Nell'accogliere l'istanza presentata dal legale di Danilo Levakovic, l'avvocato Piergiuseppe Sgura, il gip Tommolini - che è soggetto terzo rispetto all'accusa e alla difesa, val la pena sottolinearlo - dà dunque una svolta alla vicenda. E lo fa a pochi giorni dalla chiusura dell'inchiesta da parte della procura. Che, invece, aveva messo nero su bianco l'accusa di omicidio volontario, aggravato da motivi abietti, a carico di tutti e tre i rom. Basandosi sugli atti degli stessi pm, il gip delinea un quadro radicalmente diverso. Per Marina Tommolini sono «sussistenti gravi indizi di colpevolezza a carico di Elvis Levakovic per il delitto di cui all'art. 584 c.p. (ovvero l'omicidio preterintenzionale, ndr) e non certamente per il delitto ipotizzato dalla pubblica accusa». Rispetto a tale qualificazione, «è del tutto insussistente l'apporto causale di Spinelli mentre non sembra di poter escludere con ragionevole certezza l'apporto "morale" di Danilo Levakovic».

LA RICOSTRUZIONE. Ci sono alcuni punti fermi nell'inchiesta, e il gip Tommolini nella motivazione del suo provvedimento li analizza in modo puntuale. Primo, Elvis Levakovic ha ammesso di essere stato l'autore del pugno che ha colpito Fadani, e questo è stato confermato dagli altri arrestati. Tutti concordano sul fatto che il diverbio sia nato fuori da un locale quando Graziano Guercioni, amico di Fadani, ha rifiutato di dare un po' della cocaina che aveva con sé a Danilo Levakovic, che per questo lo ha colpito con un pugno. Mentre Sante Spinelli aiutava Guercioni a rialzarsi, Fadani si allontanava leggermente per discutere con i due Levakovic e, in questo contesto, subiva da Elvis il pugno che lo avrebbe ucciso.

ALCOL E DROGA. Il gip evidenzia alcuni passaggi della relazione medico-legale del consulente del pm. Questa ha stabilito che «il decesso del Fadani è occorso con estrema celerità rispetto all'azione lesiva subita»; la morte è stata provocata da un'emorragia cerebrale «provocata da un unico pugno»; «il Fadani al momento dell'evento era in stato di ubriachezza (tasso alcolemico 2,0 mg/ml) ed aveva assunto da non molto tempo (4-6 ore) cocaina». Il gip continua: «I pm sembrano aver desunto unicamente dalla violenza con cui detto pugno è stato sferrato la sussistenza dell'elemento psicologico del delitto di omicidio volontario, non considerando, a quanto pare, né il contesto in cui l'azione è maturata, né la struttura fisica del presunto omicida (dei tre indagati Elvis è il meno prestante), né le condizioni in cui versava la vittima (il Fadani aveva assunto cocaina ed era ubriaco e tali evenienze non sono state minimamente valutate, sembrando piuttosto ovvio almeno dubitare che possano aver inciso sulla reazione che ha avuto l'organismo a fronte del trauma subito)».

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