Delitto Masi, c’è una pista svizzera

29 Ottobre 2009

Un omicidio fotocopia fa riaprire le indagini dopo quattro anni.

TERAMO. Un omicidio fotocopia in Svizzera: è la nuova pista imboccata per il delitto di Nereto. Arriva a quattro anni dall’assassinio dei coniugi Masi e alla vigilia della scadenza delle nuove indagini disposte dal gip dopo il no all’archiviazione chiesta dalla procura. Il termine è quello del 31 ottobre, cioè sabato, ma è probabile che la procura chieda una proroga per consentire ad un interprete di tradurre in italiano gli atti riguardanti il delitto svizzero, documenti arrivati a Teramo con una rogatoria internazionale. Al perito, infatti, servono quaranta giorni. Per ora tutto è avvolto da uno stretto riserbo e di particolari ne trapelano pochi. L’unica certezza è che nel 2005 anche in un cantone svizzero due persone sono state barbaramente uccise mentre erano in casa. Per il gip le modalità di quel massacro potrebbero avere delle analogie con l’omicidio dell’avvocato Libero Masi e della moglie Emanuela Cheli e per questo ha chiesto di fare degli approfondimenti.

LE NUOVE INDAGINI. Le nuove indagini sono partite a giugno, dopo che il giudice per le indagini preliminari ha respinto la richiesta di archiviazione presentata dal procuratore Gabriele Ferretti e dal pm Bruno Auriemma, richiesta arrivata dopo quattro anni dal fatto. Billi, oltre agli atti del delitto svizzero, ha chiesto di fare delle verifiche sui tabulati dei telefoni cellulari che la notte dell’omicidio agganciarono le celle (gli impianti con cui la telefonia mobile suddivide il territorio) che si trovano nella zona di Nereto e nuovi accertamenti su delle impronte digitali trovate nella casa dei coniugi.

GLI INDAGATI. Nella richiesta di archiviazione si fanno i nomi di cinque persone, due teramani e tre marsicani, indagate nell’ambito dell’inchiesta sul duplice delitto. I nomi dei teramani, di cui uno nel frattempo morto, furono fatti alcuni anni fa da un uomo successivamente arrestato per calunnia perchè le sue accuse, secondo la procura, si rivelarono infondate. I tre marsicani, invece, sono gli stessi che cinque mesi dopo il delitto di Nereto vennero arrestati e poi condannati (prima all’ergastolo e in secondo grado a 30 anni) per l’omicidio di Roberto Manni, un giovane commerciante di Morino ucciso a colpi di ascia e bruciato. Per la procura una similitudine con i fatti di Nereto (i coniugi massacrati e quel tentativo di incendio davanti alla porta di casa) che, inizialmente, aveva fatto pensare ad una stessa mano. Ma successivamente, sempre secondo la procura, gli accertamenti e i rilievi tecnici fatti hanno portato ad escludere questa ipotesi. I tabulati telefonici hanno dimostrato la presenza dei tre in un altra località durante la notte del delitto di Nereto.