Di Dario va in pensione La Cgil cerca il segretario
Domani si darà l’avvio alle consultazioni, a gennaio l’elezione del successore Il sindacalista lascia in anticipo e ricorda le tante battaglie dagli anni Settanta
TERAMO. E’ entrato nella Cgil a 21 anni, nel 1977 ai tempi dei grandi cantieri autostradali che in provincia davano lavoro a più di mille operai. Lascerà la Cgil ai primi di un 2016 in cui forse la provincia riuscirà ad uscire da una crisi che le è costata cara, in termini di perdita di posti di lavoro e di imprese. Alberto Di Dario, segretario generale della Camera del lavoro di Teramo lascia il suo incarico. Domani la segreteria della Cgil avvierà il complesso meccanismo per arrivare alla successione.
La storia di Di Dario è la storia del sindacato teramano degli ultimi 40 anni. Che il sindacalista racconta con un aplomb all’inglese, come suo costume. L’analisi è lucida, franche le valutazioni dei tempi che furono e di quelli odierni.
Tutto inizia dai cantieri autostradali. «Mio padre lavorava nel cantiere Cogefar», ricorda Di Dario che non a caso è di San Pietro di Isola. «Io ero iscritto alla facoltà di agraria a Perugia quando Giampaolo Di Odoardo (che è stato il suo predecessore alla guida della Cgil di Teramo, ndr) e tre rappresentanti sindacali dei cantieri autostradali mi chiesero se volevo fare esperienza nella Cgil. Accettai e feci 45 giorni di formazione alla scuola di Ariccia: facevamo lezione per 12 ore al giorno, fu dura».
L’esordio fu nel patronato ad Isola. «Poi mi chiesero di occuparmi dei cantieri autostradali. Ricordo un viaggio con Pasquale Di Massimantonio, che mi chiese di accompagnarlo al ministero a Roma a un incontro per il comitato Vomano. Io guidavo un’A112 e in viaggio mi chiese che ne pensavo di quella vertenza. Io glielo dissi. Poi ci sedemmo al tavolo delle trattative e quando toccò alla Cgil lui mi disse: “Parla tu”. E io, emozionato, feci il mio esordio in una trattativa nazionale».
Dall’’89 Di Dario – che confida di chiamarsi in realtà Gabriele, in omaggio al santo – prese servizio nella Camera del lavoro a Teramo e nel 1991 divenne segretario della categoria dei chimici. «Fu l’epoca della grossa vertenza della Spea: gestimmo la chiusura di un’azienda che dava lavoro a 300 persone. Ricordo ancora le dure trattative col proprietario, il conte Sassoli de’ Bianchi per gli stipendi non pagati. Fu una lunga stagione di scioperi. Poi si arrivò al concordato preventivo e alla cessione al gruppo Marazzi». Di Dario rimase a capo della categoria fino al 1999, quando fu colpito da un infarto devastante. Rimase fuori dal lavoro 7-8 mesi, poi rientrò nella Cgil come direttore dell’Inca, ruolo che ha ricoperto fino al 2012, quando a dicembre fu eletto segretario generale della Camera del lavoro.
«Ma a seguito della malattia ho anticipato il pensionamento», afferma il sindacalista, che il 1° gennaio compirà 62 anni. Domani il direttivo eleggerà il comitato dei saggi che farà le consultazioni per arrivare all’assemblea generale, con 140 rappresentanti di tutte le categorie, che voterà il suo successore. A gennaio la Cgil avrà un nuovo segretario.
Di Dario sarà forse l’ultimo segretario che ha vissuto, professionalmente, gli Anni Settata, travagliati ma ricchi di opportunità. «Era un Paese in crescita, dove costruire piattaforme rivendicative. Lo Statuto del lavoratori è del ’70: una stagione di grandi conquiste. Ma dagli Anni Novanta avvenne già il primo cambiamento: nel 92 fu approvata la legge sulla mobilità proprio per rispondere alla prima ristrutturazione del tessuto imprenditoriale. La prima mobilità l’applicammo all’Eurocarbo di Corropoli. Allora durava fino a 7 anni e si andava in pensione con 35 anni di contributi: un altro mondo. Oggi il sindacato deve fare i conti con una crisi devastante. Il lavoro è cambiato. E dire a un precario di iscriversi al sindacato è difficile: penso sia stata una scelta precisa del legislatore. Eppure il ruolo del sindacato è importante nella società: è il punto di incontro fra le esigenze del lavoratore e delle imprese». Racconta un aneddoto: «un imprenditore dei cantieri autostradali si lamentava che il sindacato era troppo forte. Anni dopo mi disse che ci rimpiangeva: mi fece vedere che portava una pistola. L’impresa lavorava in Campania, il sindacato non esisteva e le trattative si facevano a livello individuale in base a criteri, diciamo, non limpidi».
Il nuovo volto del mercato del lavoro dà lo spunto per un messaggio al suo successore. «Oggi in un fase recessiva si mettono in discussione diritti scontati come la dignità dei lavoratori. Dobbiamo prendere atto che il lavoro non tornerà come lo abbiamo conosciuto. E accettare la sfida per far sì che anche ai lavoratori di oggi vengano garantiti i diritti». Tantopiù in provincia di Teramo «dove il tessuto produttivo, di piccole e medie imprese, è fragile e ha difficoltà ad agganciare la ripresa. In queste condizioni fare sindacato è ancor più difficile».
Di Dario si dice sereno nel lasciare la Cgil: «Debbo tanto agli iscritti alla Cgil, non so se sono riuscito a dare quel che la Cgil mi ha dato». E’ pronto a coltivare la passione della lavorazione del legno, a curare il giardino, a fare i suoi studi storici. E poi il distacco non è totale: una consulenza col patronato resta.
©RIPRODUZIONE RISERVATA